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Silvestro: "il confronto nei social network non è sempre sereno". L'invito al dialogo della Federazione IPASVI

di Pietro Caputo

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Il confronto tra Istituzioni e Infermieri si accende, abbiamo chiesto alla Presidente Silvestro chiarimenti in merito alle dichiarazioni fatte sulla propria pagina facebook e i relativi commenti dei colleghi, vogliamo sviscerare i retroscena della professione infermieristica, capire e confrontarci con le istituzioni e con gli infermieri, costruiamo con il dialogo un futuro migliore.

 

Ecco cosa ci ha risposto Annalisa Silvestro:

 

Lei in passato ha dichiarato: "Quello del fabbisogno di infermieri è un tema complesso (…) che richiede criteri oggettivi di computo e metodi razionali per la distribuzione e redistribuzione delle risorse professionali: con questo metodo proponiamo un approccio scientifico, basato sulla centralità del paziente e sulle sue effettive esigenze". 

In questa direzione è stato promosso dalla FNC il Metodo Assistenziale Professionalizzante, ci aggiorna su questo tema?

 

Il Metodo Assistenziale Professionalizzante - MAP - nasce come strumento (anzi gli strumenti sono, per essere precisi, due) per misurare la complessità della persona assistita e calcolare il correlato fabbisogno quali-quantitativo di risorse umane. Il MAP si basa sulla concettualizzazione della complessità assistenziale infermieristica delineata in un mio specifico Modello. 


Per testare il MAP la Federazione diede vita a una ricerca multicentrica che coinvolse 121 Aziende (ospedaliere, universitarie, territoriali e Irccs) sparse in tutto il territorio nazionale.  I risultati furono particolarmente interessanti ma, nel momento in cui il testimone per utilizzare il metodo "testato" doveva passare alle Aziende partecipanti, tutto si è bloccato. 

 E questo la dice lunga su come sia difficile passare dal declamare al fare.  

 

Nello stesso periodo la Federazione sostenne anche il SIPI – metodo elaborato a partenza dal Modello delle Prestazioni Infermieristiche di Marisa Cantarelli – e attivò numerosi momenti di confronto tra MAP, SIPI, e l’ICA  di Bruno Cavaliere.

 

Quello che è stato seminato in quel tempo, però, non è andato perso. 

E qui parlo della mia esperienza nell'Azienda dalla quale sono uscita da pochi mesi:

 

- l'Ospedale di Porretta Terme è stato completamente organizzato per complessità assistenziale/intensità di cura;

- un gruppo di colleghi, grazie all'esperienza dell'Ospedale di Porretta, ha elaborato uno strumento di pesatura della complessità assistenziale ancora più evoluto, denominato Per.V.Inca (percorso valutazione infermieristica);

- pochi giorni fa è stato presentato alla stampa il progetto di riorganizzazione per complessità assistenziale/intensità di cura dell’Ospedale Maggiore di Bologna.

 

Ospedali per intensità di cure, riorganizzazione della rete territoriale, infermieri di famiglia: qualora si rivelassero assolutamente attendibili i dati pubblicati relativi agli esuberi, quali politiche sanitarie nazionali e regionali saranno realmente attuabili nel prossimo futuro e quali garantiranno l'assunzione di infermieri?

 

Mah, secondo me la questione non è tanto sulla attendibilità o meno dei numeri (peraltro per me è discutibile il metodo) che hanno indotto il prof. Spandonaro - curatore del rapporto in questione - a parlare di esuberi, quanto sulla scelta degli elementi utilizzati per arrivare a quelle conclusioni.

  

Sulle nostre valutazioni di quelle tabelle, che effettueremo anche in logica statistica, daremo certamente notizia.

 

Intanto, però, confermo tutte le mie perplessità professionali; si è utilizzato il criterio del posto letto (facile, retrodatato, semplificatorio della complessità clinico-assistenziale) per esprimere una valutazione sulla congruenza o meno del numero di medici e infermieri, senza tenere conto delle molteplici e numerose attività che sono effettuate in un ospedale a prescindere dai letti.

 

Non si è minimamente considerato, ad esempio, l'indice di turn over per posto letto, la degenza media (che sono elementi estremamente significativi per gli infermieri e i loro carichi di lavoro), il tasso di occupazione (in molti reparti, e non solo di medicina, supera il 100%).

 

Ma di più: siamo nel 2013 e si continua ancora a strologare sul rapporto numerico tra medico e infermieri. Quel rapporto poteva, forse, essere un criterio ante 2009, quando l'infermiere era giuridicamente l'esecutore delle prescrizioni diagnostiche e terapeutiche; ma adesso….

 

Lei, poi, mi chiede quali possono essere le politiche sanitarie nazionali e regionali realmente attuabili nel prossimo futuro e quali garantiranno l'assunzione di infermieri. Rispondo che nella sua domanda c'è già la risposta, a cui aggiungo anche la riorganizzazione delle reti ospedaliere.

 

Il livello nazionale può e deve sostenere (anche con i "patti per la salute" e i documenti di programmazione economico finanziaria) le realizzazioni regionali.

Ricordiamoci però del ruolo della Conferenza Stato Regioni; quasi tutti gli atti predisposti dal ministero della Salute necessitano del "concerto" con la Conferenza e i dictat - spesso poco motivati - degli Assessori alla Sanità non sono stati infrequenti.

 

Ad oggi, vedo la possibilità di espansione del sistema e quindi di reclutamento di infermieri prevalentemente sul territorio nelle sue diverse tipologie di offerta sanitaria e di assistenza.

E nel territorio il "dominus" decisorio è la Regione. Se c'è impegno e la voglia di mettersi in gioco si possono raggiungere risultati che sembravano impossibili. E ci sono esempi in tal senso.

 

Lei ha affermato: "Non va mai dimenticato che la reale "governance" della sanità è in ambito regionale". Allora le chiedo, la Federazione Nazionale Collegi Ipasvi, può essere riorganizzata? Un nuovo ruolo per i Coordinamenti Regionali può giovare nella ridefinizione degli assetti sanitari regionali?

 

Allo stato attuale, la legge ordinistica (vecchissima - anni 50 del secolo scorso - ma vigente) che regola la Federazione e i Collegi non prevede il cosiddetto 2' livello, ossia il livello regionale. L'esigenza, se non la necessità, però c'è; tant'è che con un regolamento interno della Federazione, sono stati attivati i Coordinamenti regionali dei Collegi Ipasvi. 

 

I Coordinamenti regionali possono certamente incidere con maggiore pregnanza sulle politiche sanitarie regionali e impattare con definite focalizzazioni sulle problematiche individuate.

I Coordinamenti hanno però una strutturale e insita debolezza: deve esserci la volontà di stare insieme e di superare le inevitabili e anche fisiologiche diversità di lettura dei fenomeni e di definizione delle modalità di intervento.

Quando viene a mancare tale volontà o le differenze di lettura e azione sono troppo forti, tutto si ferma.

 

I disegni di legge sulla riforma/attivazione degli Ordini presentati in questa legislatura, prevedono tutti il 2' livello. La situazione politica odierna però non permette di fare alcuna previsione sulla possibilità del passaggio in aula di una sintesi integrata di tali ddl.

 

Concludendo, come valuta questo nuovo canale di confronto? Lei si è avvicinata in questi giorni a tutti i colleghi che liberamente hanno accesso alla sua pagina Facebook, commentando direttamente; e gli altri rappresentanti dei Collegi?

Solo alcuni Presidenti si mettono in gioco così da vicino, sarebbe sicuramente apprezzato un invito anche da parte sua in questo senso.

   

Non è mia consuetudine parlare o commentare, se non nelle sedi istituzionali, il modo con cui i Presidenti Ipasvi riempiono di comportamenti e contenuti la loro funzione.

 

Mi darà atto che non è così "ricco di serenità" o motivante utilizzare la modalità fb: non sempre prevale la correttezza, l'educazione, il rispetto non solo di posizioni diverse dalle proprie (anche se motivate), ma anche, banalmente, dell'interlocutore.

  

Forse vedendo che si riesce a resistere e, soprattutto, anche a dialogare con i colleghi di buona volontà, altri Presidenti mi seguiranno in questa sperimentazione.

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