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COVID-19

OSS sospesa perché rifiuta vaccino, giudice respinge il ricorso

di Redazione

Rifiutato il vaccino anti Covid-19, fa ricorso contro il provvedimento che la sospende dal lavoro e dallo stipendio, ma il giudice del lavoro glielo respinge, giudicando la misura adeguata e proporzionata. Succede a Terni ad un’operatrice socio-sanitaria (Oss), dipendente della cooperativa sociale Actl New.

Il giudice su sospensione OSS no vax: Sanzione adeguata e proporzionata

Il prestatore di lavoro, nello svolgimento della prestazione lavorativa, è tenuto non solo a mettere a disposizione le proprie energie lavorative, ma anche ad osservare precisi doveri di cura e sicurezza per la tutela dell’integrità psico-fisica propria e di tutti i soggetti terzi con cui entra in contatto. […] Allo stesso modo è imposto al lavoratore l’obbligo di prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni od omissioni, nonché quello di osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro e di utilizzare i dispositivi di protezione messi a disposizione.

Sono le argomentazioni con le quali il giudice del lavoro di Terni Michela Francorsi rigetta il ricorso presentato dall'OSS, che ritenendolo un trattamento sanitario ancora sperimentale, aveva rifiutato il vaccino contro Covid-19, anche dopo l'entrata in vigore dell'obbligo vaccinale per il personale sanitario introdotto dal governo Draghi il primo aprile scorso.

Dopo aver ribadito la propria idea al medico aziendale, la donna era stata dichiarata non idonea al lavoro. Per questo per lei era arrivato il provvedimento di sospensione dal lavoro e dello stipendio.

Il contegno omissivo serbato dalla ricorrente – prosegue il giudice – certamente non rimproverabile a livello soggettivo, ha tuttavia inciso in maniera oggettiva, sopravvenuta e significativa sul sinallagma, rendendo di fatto impossibile la fruizione della prestazione da parte della convenuta (la cooperativa, ndr) che ha visto frustrato il proprio interesse individuale (così come obiettivizzato nel contratto di lavoro) e che quindi si è legittimamente risolta nel sospendere temporaneamente il rapporto di lavoro, fino a completa vaccinazione. Tale determinazione, che appare scevra da ogni giudizio sui convincimenti personali della lavoratrice, si ritiene adeguata e proporzionata nella misura in cui non elide istantaneamente e in via irrecuperabile il rapporto ma si limita temporaneamente a sospendere l’efficacia del rapporto.

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