Cosa vuol dire essere ostetrica in Africa
Essere ostetrica in Africa, la testimonianza di Lavinia
Cosa vuol dire essere Ostetrica in Africa? Questa domanda mi si ripropone davanti ogni volta che accenno agli anni trascorsi lì. Soprattutto in questo periodo storico, caratterizzato da rabbia, poca tolleranza, indifferenza e paura che si venga privati di chi sa cosa, l’argomento è ancora più delicato.
Non è facile raccontare le sensazioni che si provano, gli attimi e i momenti, descriverli con parole risulterebbe superfluo. Ma partiamo dal principio.
Gli studi da ostetrica e il richiamo per l'Africa
La mia formazione ostetrica è stata improntata sull’assistenza ostetrica manuale , nonostante studiassi in un ospedale di terzo livello.
Il mio mentore insegnante era un ostetrico che per anni ha lavorato in Africa e che per tutto il periodo del tirocinio non faceva altro che trasmettermi il suo sapere e il suo amore per questo paese.
Gli promisi che prima o poi anche io sarei diventata come lui, ero sicura che ci fosse un filo invisibile che ci legasse e che mi avrebbe portato in un modo o nell’altro a partire. Diventai ostetrica promettendo a me stessa che sarei partita alla scoperta delle radici di questa professione , che è nata come arte manuale. E quale miglior posto se non l’Africa.
Mi misi alla ricerca di tante associazioni che accettassero volontari senza esperienza, ma nulla. Giravo per uffici assunzioni con un semplice curriculum in mano, porte chiuse, lavoretti saltuari, ma l’attrazione per questo paese era sempre più forte.
Un incontro casuale con un professore , una semplice chiacchierata terminata così: quanto desideri partire per l’Africa? Saresti disposta a sacrificare tutto e partire anche domani? I miei occhi parlarono, accompagnati da un leggero movimento di labbra: non domani, anche ora .
Bene, chiamai la sua più stretta collaboratrice, responsabile dei progetti internazionali, ininterrottamente per 5 mesi.
Mi veniva sempre detto che prima o poi il progetto sarebbe partito e di tenermi pronta. Ma quella chiamata tardava ad arrivare… Non riuscivo a darmi per vinta!
Un pomeriggio di gennaio, squillò il telefono… risposi, era lei e mi disse: bene, tra due settimane parti per l’Etiopia .
Tutti possono partire, solo pochi restano o hanno davvero voglia di tornare. L’Africa insegna a ritrovare il vero senso della Vita!
L'arrivo in Etiopia
Avevo 23 anni quando misi per la prima volta piede in Etiopia , più precisamente in Tigray, regione al confine con l’Eritrea. Arrivai come volontaria in un ospedale gestito dalle autorità locali, vuoto, che doveva essere allestito e inaugurato il mese successivo. Iniziai a collaborare con le uniche due ostetriche presenti, parlando un inglese base e comunicando a gesti.
Erano ostetriche diplomate che per anni avevano lavorato nei villaggi. Prima ancora di insegnarmi l’ assistenza ostetrica mi insegnarono i principi base dell’Africa: conoscere la cultura di ogni società, le tradizioni, la lingua, le abitudini di vita e rispettarle. Solo così le donne si sarebbero fidate di me .
Per le donne del Tigray, come per quelle di tutta l’Africa, la vita non è facile .
Sono loro i principali motori della società, che portano avanti la famiglia e la vita delle comunità. Sono donne forti, che non hanno paura dell’evento nascita, del dolore e che affrontano la gravidanza con serenità, in quanto regalo di Dio.
L’assistenza ai parti eutocici era più naturale possibile, una luce fioca (per l’assenza di corrente elettrica), uno stetoscopio di Pinard, delle pezze e dei kit per la rianimazione neonatale o per l’episiotomia sempre pronti nel caso in cui fossero stati necessari.
Costante era la presenza dell’unico chirurgo d’emergenza specializzato in Ostetricia e Ginecologia reperibile 24 ore 24.
La crescente affluenza di donne che decidevano di essere assistite in ospedale e di non partorire a casa rese necessario l’arrivo di altre ostetriche, non solo diplomate ma anche laureate.
Da volontaria iniziai a lavorare per l’associazione con cui ero partita e che supportava l’Ospedale. Affiancai il personale on the job dell’ospedale, supportandoli con training e percorsi formativi, per il miglioramento e lo sviluppo della gestione clinica dei servizi materno-infantili.
Furono notevoli i miglioramenti nei primi anni di attività. La presenza di una Maternità adeguatamente attrezzata e con personale qualificato, migliorò l’assistenza ostetrica . Dietro a tali esperienze ci sono ingenuità, fortuna, caparbietà, umiltà, grande spirito di adattamento, voglia di migliorarsi e di conoscere persone che possono solo arricchirci.
Partire come volontaria/o ostetrica/o o lavorare come professionisti in una realtà completamente distante da quella a cui si è abituati durante gli anni di studio, non è semplice e richiede tempo, costanza, forza di volontà e tanta umiltà.
Sono molte le associazioni onlus e/o religiose, fondazioni, organizzazioni non governative serie a cui potersi rivolgere e con cui intraprendere un percorso formativo. Avere una formazione teorico-pratica e la conoscenza di almeno una lingua straniera certificata sono alla base di un’eventuale esperienza in tali aree.
Tutti possono partire, solo pochi restano o hanno davvero voglia di tornare. L’Africa insegna a ritrovare il vero senso della Vita!
Lavinia , Ostetrica
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