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Becattini: Attivare gli infermieri specialisti, distinguendoli per quello che fanno e non solo per quello che sono

di Pietro Caputo

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SIENA. Continua il confronto tra Nurse24.it e i rappresentanti delle professioni sanitarie. Raccontare e far conosce le persone che ogni giorno contribuiscono all’evoluzione dell'infermieristica a livello nazionale e non solo. E' ora l'occasione per ascoltare il Dott. Giovani Becattini, Dirigente infermieristico dell'AUSL 7, consigliere ANIARTI e promotore del progetto See and Treat. A lui abbiamo posto alcune domande. Vediamo cosa ci ha risposto.

Intanto, buon giorno e grazie per aver accettato l’intervista.

Buongiorno a tutti e complimenti a voi di Nurse 24 che state facendo passi da giganti con una iniziativa davvero sfidante e che sembra già abbiate vinto! 

Lei dirige il Dipartimento Infermieristico Ostetrico AUSL 7 di Siena, è stato l’artefice del modello see and treat toscano, quali risultati avete raggiunto? 

Abbiamo avuto risultati stupefacenti, quando partimmo ci aspettavamo diffidenza dei cittadini, ostracismo dei medici ed anche dei colleghi non coinvolti nella sperimentazione, invece salvo rarissimi casi, l’integrazione coi medici di PS è stata eccellente, i colleghi non sono stati sempre iper collaboranti ma mai di ostacolo e gli assistiti … ci hanno testimoniato l’apprezzamento nei modi più disparati.

I dati parlano chiaro, il See and Treat ha  ridotto le attese ed il tempo complessivo di permanenza in PS, il tasso di allontanamento spontaneo da PS mentre ha ottenuto il miglioramento del trattamento del dolore, e la soddisfazione degli utenti, che secondo le indagini del MeS, e non autoreferenziali, mostrano per il S&T  tutti gli indicatori migliori rispetto ai percorsi tradizionali del PS. Alcuni di questi dati sono stati confutati ma non quelli degli assistiti e, soprattutto, non l’elemento che ci stava più a cuore: la dimostrazione che l’infermiere certificato per quelle tecniche, per la presa in carico complessiva dell’assistito, door to door, le avrebbe assicurate in sicurezza e con standard d’intervento ottimali. A questo punto è in atto la seconda fase dell’esperienza toscana, quella della diffusione del percorso che entro tre anni deve esser disponibile in tutti i PS /DEA toscani; scontiamo però alcuni difetti di crescita: non abbiamo raggiunto un accordo per valorizzare economicamente la funzione, non ci siamo del tutto affrancati da alcuni pareri contrari della rappresentanza istituzionale locale medica, dobbiamo migliorare i protocolli ed aumentarli di numero anche attraverso accordi per la diagnostica strumentale per poter procedere davvero a riorganizzare i percorsi nei PS /DEA anche sulla base del disposto del febbraio della Conferenza Stato Regioni. Nonostante tutto ciò, l’esperienza toscana del See and Treat va avanti:

attraverso il libro omonimo, edito da Giunti, è offerta a tutti per possibili repliche fuori dalla Toscana, attraverso la partecipazione al Progetto EnPros Emergency Nurse Professional’s Skills to improve quality in health service, progetto dell’agenzia nazionale Leonardo, coordinato a livello nazionale  dall’AO Città della Salute e della Scienza di Torino ci confrontiamo con i colleghi del See and treat inglese e grazie ad ANIARTI proveremo ad inserire il S&T anche nelle future linee guida nazionali per il triage, attese entro l’anno prossimo.

La Bozza di accordo Stato-Regioni sull’ampliamento delle competenze e delle responsabilità infermieristiche, che risultati potrà concretamente produrre secondo Lei nel lavoro quotidiano degli infermieri?

Intanto domandiamoci perché questa bozza è ancora tale e domandiamo: al sistema servono infermieri con competenze ‘evolute’?  se si perché questi ritardi? Se no, archiviamo! Ovviamente essendo il See and treat stato uno degli elementi che hanno attivato la discussione io non posso che sostenere che serve un infermiere con competenze specialistiche. Sono pienamente d’accordo con quanto ha dichiarato, a voi di nurse 24,  uno dei miei ‘maestri’, Antonella Santullo, è necessario prevedere nelle nostre organizzazioni l’infermiere specialista integrato con quello generalista, serve dare coerenza tra le competenze agite, il riconoscimento economico e l’organizzazione.

Dovremmo assegnare gli infermieri ai servizi in base alle loro competenze e far corrispondere incarichi distinti a competenze distintive. Organizzare i servizi in logica sempre più personalizzata e meno standard, vale per le competenze ed anche per gli orari. La bozza indica una strada, condivisibile, a patto si proceda sgombrando il campo da possibile equivoci, non solo nel metodo ma anche nelle ricadute operative e si proceda decisamente anche nel definire ruolo e rapporti con le Università, coi diversi atenei.

Nella domanda precedente, si fa riferimento ad un bozza di accordo che parla di ampliare competenze e responsabilità; nel periodo di crisi economica che stiamo vivendo, a suo parere, e possibile che venga aggiunta la voce “retribuzione” negli ampliamenti previsti?

Non lo potremo ottenere nell’accordo della CSR ma è una partita che dobbiamo giocare, ci dobbiamo dotare di strumenti contrattuali che consentano di riconoscere il merito molto più e molto meglio di quanto è possibile fare oggi. Serve una seria riflessione in seno alla professione, si rischiano spaccature illogiche, superabili con la trasparenza e costruendo un sistema aperto; quando avremo un quadro condiviso lo potremo proporre con forza alle organizzazioni sindacali, il momento è ora. Nei prossimi lustri è confermato che dal sistema usciranno molti medici, ammesso che si riesca a superare tutti gli ostacoli che ancor ora si frappongono a riorganizzare il sistema innovandolo, si potrebbero liberare risorse da sfruttare, almeno in parte, per definire un sistema contrattuale più appropriato per l’infermiere e gli altri professionisti sanitari.

Rientriamo nel contesto clinico-sociale, aumentano i pazienti con patologie croniche, le risorse economiche destinate alla sanità si riducono, in relazione alla definizione di assistenza infermieristica definita dal profilo professionale D.M. 739-94, Le chiedo allora che futuro prevede per l’infermiere in relazione ai termini “preventiva” ed “educativa”, pensa si stia facendo abbastanza in questo senso?

No, non abbastanza, troppo spesso l’infermiere è schiacciato dalle ‘cose da fare’ che non riesce sempre nemmeno a fare assistenza infermieristica ma magari assicurare solo la continuità terapeutica. So di esagerare ma purtroppo vorrei esser davvero stato iperbolico, non lo credo. Eppure le funzioni che lei ha richiamato sono centrali per il sostentamento del sistema sanitario per come lo abbiamo conosciuto finora. Dobbiamo occuparci dei nostri assistiti con prospettiva diversa:  in ospedale assicuriamoci negli ultimi giorni di ricovero che possano gestire la terapia a casa, facciamoli provare sotto il nostro sguardo ed a domicilio occupiamoci del care giver, spesso spaesato eppure sempre più importante per l’assistito. Approfitto per riportarvi due iniziative che credo di valore assoluto che svolgiamo nella mia azienda senese. In tema di guida all’autogestione della malattia, da anni, grazie alla lungimiranza delle colleghe Bagaggiolo e Trapè, svolgiamo i programmi di self management ideati dalla Stanford University secondo i quali infermieri  formati conducono gruppi di pazienti cronici sviluppandone le competenze per l’autogestione e la ricerca del benessere con ottimi risultati in termini di soddisfazione ma anche di … emoglobina glicata! Sulla prevenzione poi abbiamo attivato un laboratorio teatrale che è diventato in seguito  la ‘Compagnia dipio’… pare ci sia anche un account facebook …  che ha già portato sul palco alcune volte uno spettacolo dal titolo ‘la salute va in scena’ dove attraverso scenette, musica e balli si sollecita il pubblico all’adozione di  corretti stili di vita. Insomma si fa poco ma si deve e si può fare di più anche essendo creativi, come lo siete stati voi con nurse24 e la federazione IPASVI con la sezione dedicata sul sito web.           

 

Tocchiamo ora un tasto più caldo, la Valutazione, Lei si è trovato e si trova spesso a dover valutare le competenze e le performance dei suoi collaboratori, quali sono le difficoltà che incontra maggiormente?

Il tema non è caldo, è strategico; chi di noi non apprezza un feed back onesto? Chi non vorrebbe una pacca sulla spalla quando ‘sente’ di aver fatto bene e non accetta di buon grado un rimprovero se giusto? Allora parliamo con serenità della valutazione dei professionisti. Anche in questo caso mi si conceda un excursus personale, in azienda usl 7 di Siena, da anni esiste una procedura per la valutazione del personale, punteggio espresso in centesimi, procedura ben fatta e condivisa da tutte le componenti poi quando si tratta di usarla … quest’anno io ho fatto valutazioni di seconda istanza per punteggi di 84/100 vuol dire che quel collega si aspettava di più ed io mi domando: quanti di noi a ‘scuola’ prendendo otto e mezzo tornavano a casa arrabbiati? Io no. Il primo punto allora è l’onestà, la coerenza; costruiamo un sistema di valutazione onesto e facciamola con giudizio e trasparenza. Dobbiamo trovare il tempo di farla bene, cioè prevedendo un colloquio dove si assegnano gli obiettivi, uno o più di monitoraggio, intermedi, ed uno finale dove ci si confronta sui risultati ottenuti. L’altra difficoltà è disporre di dati per limitare la discrezionalità del valutatore ed anche se qualcosa si può fare, anche più di qualcosa in molti casi, teniamo bene a mente che non è superabile un margine di discrezionalità che ci riporta al primo punto, giustizia e trasparenza. Certo la disponibilità di dati rende tutto molto più semplice, se io posso dice ‘cara Francesca, tu hai completato solo il 78% delle valutazioni infermieristiche di ingresso e lo standard atteso era il 90 …’ è molto meglio che dire ‘Cara Francesca, non posso dire tu non ti sia impegnata ma io mi aspettavo di più da te …’  Infine vi riporto che è recente una delibera regionale che rende obbligatoria la valutazione individuale dei professionisti del SS Toscano, questa prevede che anche per gli operatori del comparto ci siano una quota dell’indennità di risultato collegata alla performance del singolo, il 20% mentre è il 40 per i medici, e non solo di gruppo, interessante no?  

 

Al personale che valuta, cosa non ha mai detto ma vorrebbe dire? Esistono infermieri di serie A e infermieri di serie B?

Provocatoria… in un rapporto di reciproca fiducia o quantomeno di rispetto tra valutatore e valutato, col dovuto metodo e garbo, non c’è niente che non si possa dire, e per certi versi non si debba dire. Credo di non aver mai fatto sconti, magari, per eccesso di diplomazia, mi sarà capitato di non esser stato del tutto compreso ma, non mi pare di averne avuto danno mentre spero di non averne recato….

La seconda domanda si collega a quanto accennavo in precedenza ragionando sulla revisione contrattuale, torno quindi a dire che dobbiamo attivare gli infermieri specialisti e distinguere gli infermieri per quello che fanno non per quello che sono, un giudizio di merito non di valore.

Esemplifichiamo attraverso il S&T, la delibera toscana dice che tutto il personale del PS/DEA dovrà esser formato; primo punto, diamo per scontato che tutti saranno certificati? Sarebbe un errore, e allora? Tutti devono poter esser certificati poi qualcuno non ce la farà come succede sempre in ogni campo dove si faccia misurazione.

Secondo punto, la delibera dichiara non si prevedano automaticamente maggiori compensi, si deve intendere che l’infermiere che sutura una ferita, somministra farmaci e li ‘raccomanda’ per la prosecuzione del trattamento firmando il verbale di PS ha le stesse competenze e responsabilità del suo collega impegnato al centro prelievi? È un errore, diamo più soldi a chi ha quella certificazione, sarebbe un errore anche questo, a mio parere, in questo ed in molti altri casi ci dovrebbe essere un riconoscimento a funzione agita.

Ad una posizione di lavoro corrisponde un riconoscimento economico distintivo, chi la occupa lo riscuote, tutti i certificati ruotano sulla postazione.

Il sistema è aperto, chi non è certificato oggi può esserlo domani, e riconosce merito e responsabilità. Non ci sono infermieri di serie a e b, ci sono infermieri generalisti e specialisti e ci sono posti di lavoro richiedenti competenze specifiche che possono essere distintive tra gli infermieri.

 

Infine concludo, se potesse andare avanti nel tempo, fra trent’anni come immagina sarà organizzata la sanità italiana? Chi farà cosa?

a.d. 2045 wow … allora io avrò ottant’anni, sarò in pensione da … cinque, avrò una ipertensione in buon controllo, dolori articolari ed ancora tutti gli organi parenchimali al loro posto, sarò stato operato per la vista … i miei segni vitali sono controllati giornalmente dal mio infermiere di fiducia, collabora col medico di famiglia ma mentre questo lo vedo quattro volte l’anno, Pietro, il mio infermiere, viene da me tutte le settimane e con quella macchinetta che ai miei tempi si chiamava telefonino mi fa tutti i controlli, mi regola la terapia, la prendo attraverso un impianto sottocutaneo, ed è soprattutto lui che fa si che non debba andare in ospedale… l’ultima volta, quando sono andato per i calcoli renali.. un esperienza … è stato come entrare in un frullatore … in tre giorni mi hanno tolto il dolore e liberato dai calcoli .. dicono sciogliendoli… certe apparecchiature che ai miei tempi nemmeno si sognavano …

Tornando seri, voglio astenermi rispetto ai destini del SSN, mentre credo scontato un ruolo decisivo dell’informatica, della biotecnologia, della terapia genica, tutte quante inserite in contesto che darà sempre valore al contatto umano; la cura sarà fatta per lo più a casa, gli ospedali ancor più ridotti di numero,  i medici saranno in numero … europeo ed avranno visto crescere nuove specializzazioni rivedendo la frammentazione delle attuali, gli infermieri e gli altri professionisti sanitari avranno prima ottenuto pieno riconoscimento e poi rivisto anche il loro intervento dovendolo integrare e distinguere da quello degli assistenti di base, delle badanti professionali e, soprattutto dell’empowerment degli assistiti che valorizzano ormai, sempre di più, le nostre competenze relazionali, la nostra capacità di care. Fare l’infermiere sarà sempre difficile ma continuerà  ad essere un lavoro così bello …  

 

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