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Neuronguard. Il collare per ridurre gli effetti irreversibili del danno cerebrale

di Alessio La Monica

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MODENA. Il Danno Cerebrale Acuto (ABD) è la prima causa di disabilità che nel mondo provoca, oltre ad effetti tragici sulla vita delle persone, una spesa sanitaria di oltre 300 miliardi di dollari.

Un giovane medico modenese, Enrico Giuliani 32 anni medico specializzato in anestesia e rianimazione presso l'Università di Modena e Reggio Emilia, con esperienza presso il Mount Sinai Hospital di New York, ha sviluppato la propria idea di “congelare” il cervello per preservarlo dai danni relativi alla carenza di ossigeno a seguito delle patologie che comportano l'inadeguata, o la totale, ossigenazione delle cellule cerebrali ovvero dei neuroni. Questa grande idea è applicabile attraverso Neuronguard, un collare portatile.

 

Dall'idea alla concreta nascita di una start-up, la Neuronguard, che già neanche ad un anno di vita, ha già visto riconoscere il proprio lavoro con i più ambiti premi che una start-up desideri:

 

  • Vincitore del "Seedlab" settembre 2013
  • Ammesso al "Bando Startup Innovative" dicembre 2013 - Regione Emilia Romagna
  • Vincitore del "Dall'idea all'impresa" novembre 2013 - Premio Gaetano Marzotto
  • Finalista del "Premio Speciale Startup" dicembre 2013 - Comitato Leonardo
  • Prima Start-up ammessa al progetto “Startlab” di Unicredit

 

Ma adesso cerchiamo di capire qualcosa di più dal fondatore e ideatore di Neuronguard, Enrico Giuliani.

 

Dr. Giuliani, ci dica in cosa consiste la sua idea e da quali esperienze nasce l'idea?

 

«L’idea nasce dalla mia esperienza di vita e lavorativa, se non fossi medico, osservato e vissuto all’interno di un ambiente che mi ha fatto cogliere quei segnali che mi hanno portato a sviluppare la mia idea.

Questa idea nasce non solo dalla mia esperienza lavorativa in anestesia e rianimazione ospedaliera ma anche grazie alla conoscenza del sistema extraospedaliero maturata in 10 anni di attività come Volontario della Croce Rossa Italiana di cui 6 trascorsi prestando servizio di ambulanza.»

 

Quali sono le patologie che possono portare ad una parziale o totale carenza di ossigenazione delle cellule celebrali?

 

«La prima causa è sicuramente l’Arresto Cardiaco; è lo scenario su cui si è fatto probabilmente di più in questi anni ed è lo scenario anche più normato.

Poi sicuramente troviamo l’ICTUS (Stroke) che colpisce 80% dei pazienti con danno cerebrale acuto, altra piccola percentuale del problema è il Trauma Cranico, ovviamente il trauma colpisce molti pazienti, ma solo i traumi cranici maggiori danno problematiche relative al danno cerebrale acuto.

Trauma ed ICTUS sono comunque molto complessi in quanto multifattoriali per definizione.»

 

Portatile, innovativo e controllato: ci descriva queste caratteristiche che hanno sicuramente contribuito ai vari riconoscimenti ottenuti.

 

«Durante la mia esperienza ho percepito come un sistema che possa offrire un presidio extraospedaliero vicino al paziente, per permettere alle terapie ospedaliere neuroprotettive di essere più efficaci, semplice e portatile.

Percepire un bisogno e cercare di soddisfarlo, cercando qualcosa di innovativo, non necessariamente migliore o peggiore di altri, ma che ti renda abbastanza diverso da dare qualcosa in più che altri non danno.

Deve essere controllato sicuramente per permettere quel grado di sicurezza che garantisca la massima efficacia sul paziente.»

 

L'uso dell'ipotermia terapeutica extraospedaliera è una pratica diffusa in Italia?

 

«Esistono esperienze in Italia, alcune documentate e pubblicizzate, ma si tratta di esperienze scarsamente diffuse, con alcuni dispositivi relativamente portatili, ma esistono esperienze di pazienti rianimati attraverso l’uso dell’ipotermia terapeutica.

Le esperienze si focalizzano non tanto sulla riuscita della rianimazione, ma sulla riduzione degli esiti da danno cerebrale acuto per ipossia, quindi non tanto su quanto si sopravvive ma sul come si sopravvive.

Siamo molto bravi a rianimare i pazienti ma su qual è l’outcome del paziente dobbiamo lavorarci ancora molto.»

 

L'uso di Neurongard va visto in un contesto di professionisti che operano all'interno del soccorso sanitario, quindi inserito nei protocolli di soccorso avanzato o ritiene che tale dispositivo un giorno possa essere usato anche da personale non sanitario?

 

«Adesso è sicuramente un trattamento di pertinenza professionale, ma l’eventuale sviluppo di utilizzo user-friendly, legato alla standardizzazione di procedure specifiche, potenzialmente porteranno ad un utilizzo – come accaduto per il defibrillatore – più semplificato per personale non altamente speciualizzato. Ecco come potrebbe essere sintetizzata la nostra vision, per rendere sempre più vicino al paziente il presidio. Comunque per adesso resta un presidio indicato per professionisti del soccorso, ma auspichiamo futuri sviluppi.»

 

Ora vogliamo capire quanto la sua vita è cambiata, da giovane medico che si recava in ospedale ad imprenditore, cosa cambia? Quali spinte motivazionali si percepiscono per avere il coraggio di rivoluzionare la propria vita, se di rivoluzione possiamo parlare.

 

«Cambia, e molto. Ma non ho scelto di fare l’imprenditore abbandonando l’idea di fare il medico, ma solo di modificare la percezione di essere medico. Mi piace molto fare il medico, ma in modo diverso.

Quando sei in reparto fai parte di un sistema codificato, all’interno di un’organizzazione che standardizza la tua libertà di azione.

Quando lavori nella tua impresa la libertà d’azione è totale, sicuramente molto destabilizzante, ma apre a un panorama immenso di opportunità. È una continua evoluzione, un continuo stimolo.

Ad oggi ho deciso di non precludermi nulla, l’obiettivo è aprirsi ad ogni occasione.

La tua azienda deriva direttamente dalle tue azioni e dall’interazione delle tue azioni che si intersecano con le azioni di altri, molto destabilizzante ma sicuramente pieno di stimoli.

Ad oggi la mia azione è rivolta a generare un bene sociale, ecco la mia visione d’impresa di oggi, generare salute e valore, perché dà lavoro e cerca di migliorare la salute e il benessere della collettività.»

 

La giovane impresa e le start-up in Italia, futuro o solo gocce nel deserto?

 

«Le Startup sono una sicura opportunità di crescita, sono ingranaggi di un sistema produttivo che genera lavoro. In Italia ci sono le risorse, ma quello che manca è la semplicità di accesso. Interfacciarsi con amministrazioni che hanno persone sicuramente molto preparate, fatte di persone che mettono tutta la loro buona volontà per agevolare la crescita ma purtroppo l’apparato burocratico aumenta esponenzialmente la complessità di utilizzo delle risorse.»

 

Molto interessante riteniamo sia anche la visione della Dr.ssa Mary Franzese, giovane 29 enne collaboratrice di Enrico e  Chief Marketing Officer di Neuronguard.

 

Il curriculum di Mary è davvero eccezionale:

Laurea in Economia Aziendale. A partire dal II anno della mia specialistica, per due anni Amministratore di una cooperativa che erogava servizi a latere a centri riabilitativi nel napoletano.

Master in Imprenditorialità e Strategia Aziendale - MISA - presso la SDA Bocconi School of Management, durante il quale è stata selezionata per il Progetto Startup MBA Partner di SeedLab. È stata questa l'occasione grazie alla quale nasce la passione per Neuronguard.

 

Conosciamo di più Mary.

 

Dr.ssa Franzese cosa rappresenta per lei Neuronguard? Quali potenzialità vede in Neuronguard?

 

«Neuronguard rappresenta una sfida, quel sogno/sfida imprenditoriale che ho sempre cercato e per il quale ho rinunciato ad alcune proposte lavorative. Il mercato a cui ci rivolgiamo è vasto e oggi la medicina moderna pone sempre più attenzione alle tecniche di intervento basate su ipotermia terapeutica.

L'impatto sociale che è in grado di generare un dispositivo medico come il nostro, accompagnato da grandi riduzioni dei costi socio-assistenziali (basti pensare che il solo paziente in emergenza costa $15.000), sono le potenzialità intrinseche di Neuronguard. Salvare la vita di milioni di persone e consentire alle strutture sanitarie di snellire la loro struttura dei costi, sono gli indicatori chiave per consentire il successo del nostro progetto.»

 

Quali sono gli aspetti organizzativi ed economico/gestionali che bisogna tenere sotto controllo in una star-up e nello specifico in Neuronguard?

 

«L'aspetto peculiare di una startup è il team, il quale deve essere coeso ed eterogeneo da un punto di vista di competenze. Come ogni realtà imprenditoriale, esistono due scenari: best e worst. Per tale motivo, le risorse umane devono essere determinate, sempre focalizzate sugli obiettivi e pronte a trovare una soluzione in caso di difficoltà.

Sul fronte economico-gestionale, vista la struttura capital intensive e l'assenza di fatturato per i prossimi anni, occorre concentrare la propria attenzione sul fund raising e monitorare i costi.»

 

Donne ed imprenditoria, quali difficoltà o sfide si trova ad affrontare?

 

«È da diversi anni che mi documento sul numero di donne all'interno delle aziende e su quante soprattutto sono disposte ad avviare un progetto imprenditoriale. Pur essendo il numero in aumento, i dati continuano a dimostrare una bassa percentuale di quote rosa. Per antonomasia caratteristiche quali creatività, tenacia e pragmaticità ci consentono di essere quel quid di cui tutte le realtà, imprenditoriale o aziendale che sia, necessitano per raggiungere il successo. Affinché questo messaggio giunga a chi di dovere, occorre coesione e collaborazione continua perché, come ho sempre detto, è l'unione che fa la forza.

Lo scorso novembre siamo stati ad un evento in Silicon Valley durante il quale abbiamo presentato il nostro progetto. Su 9 startup, solo una era rappresentata da una donna. Il mio sogno è quello di vedere ridotto questo gap e vedere scendere in campo un numero superiore di donne, magari aiutate da un snellimento burocratico e sociale, perché anche noi abbiamo il diritto di esprimere la nostra opinione.»

 

Una cosa è certa, sentiremo molto parlare di Neuronguard e dei due giovani che stanno scommettendo tutto in un progetto che ha il grande obiettivo non solo di dare loro un lavoro ed inserirsi in un mercato che dà lavoro, ma il fine ultimo è la prevenzione dei danni cerebrali, quindi una qualità della vita migliore.

 

Semplice, chiaro e accattivante anche il sito www.neuronguard.com che spiega in pochi semplici passaggi questa grande idea.

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