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Cronaca da un Punto Tamponi ai tempi del ritorno a scuola

di Monica Vaccaretti

La stagione estiva finisce quando iniziano le scuole. E nei primi giorni della terza stagione scolastica in pandemia decido di prendermi le due settimane di ferie che mi spettano d'estate. Sono le prime da un anno, le altre ci sono state congelate per tempi migliori. Siamo ancora in stato di emergenza e il personale sanitario rimasto, tra pensionamenti, maternità e sospensioni dei no vax, fatica a tirare avanti l'azienda ora che hanno riaperto i reparti Covid. Oggi a Vicenza ci sono 44 ricoverati in area non critica e 6 in area critica. Gli accessi in Pronto soccorso continuano ad aumentare secondo un trend già visto nelle precedenti ondate. Sognavo il mare ed io, l'altopiano di Asiago ed io, il tour del lago di Garda ed il camper. Lontano dalla gente, nel periodo più bello quando non c'è folla in giro dove vado a vagabondare. Invece resto a casa e forse rimando di una settimana la partenza. Mi informano oggi che ogni tre giorni devo eseguire un test molecolare come contatto di un caso Covid: una collega è risultata positiva nell'ultimo fine settimana. Vaccinata, francamente con sintomi tipici. Capita, come purtroppo sta capitando a tanti.

Dove vai in ferie? in un altro mondo

Mi reinvento la vacanza, ci sono altri modi per viaggiare con la testa e far riposare corpo e mente. Dopo un momento di sconforto, ho spirito di adattamento. Così affronto l'ultimo giorno di lavoro con lo stesso piglio. Ma a fine turno mi ritrovo ad andarmene con il pensiero di non tornare più stavolta. Forse ha ragione la psicologa ospedaliera quando ritiene che un turn over al Covid sarebbe doveroso, non si può stare sempre a tamponare per due anni come non si può inviare ancora nei reparti Covid chi si è fatto tutte le ondate a partire dalla prima.

Sono dispiaciuta se penso ai colleghi dei vaccini che sono stati richiamati in ospedale. Tocca ancora a loro. Ma si sa, la coperta è sempre più corta. E noi siamo stanchi. Oggi sto alla consegna referti e comunico le positività. A grandi e piccini. A vaccinati e non vaccinati. A fine giornata ne conto una trentina di nuovi, scoperti con gli antigenici rapidi in una manciata di ore. E abbiamo riempito borse di molecolari, anche oggi il corriere ha fatto quattro giri per la consegna in microbiologia. Sembra di essere tornati ai tempi dello scorso novembre, ma è soltanto settembre.

La stagione autunno-inverno non è ancora iniziata e qualcuno ci chiede come pensiamo che saranno i prossimi mesi con l'apertura delle scuole. Secondo voi?

Sul finire del turno la security ci avvisa che la coda fuori raggiunge la strada. C'è troppa gente, dentro e fuori. Manca mezz'ora alla chiusura. Usciamo per controllare la fila ed incontriamo gli umori della gente. Decidiamo di fare passare solo quelli che hanno l'impegnativa del curante con l'esenzione 5G1, quelle del Covid, e quelli con appuntamento. Non sono tantissimi. Ne restano fuori tanti. Il resto della fila insorge, sono quelli che accedono con pagamento per il greenpass. Il popolo dei non ancora vaccinati.

Una donna mi dice che lei deve accedere, perché altrimenti domani il preside non la fa entrare. Spiego che siamo aperti dalla mattina alle sette e che non è una buona idea venire in chiusura. Insiste dicendo che anche la sua è un’urgenza, altrimenti rischia il posto di lavoro, che siccome paga il tampone, che dovrebbe essere gratuito, lei ha diritto ad entrare tanto quanto chi ha l'impegnativa. Spiego che la precedenza, secondo disposizioni, va data a chi sta male e viene per sintomi, contatti di casi positivi, quarantene. Mi risponde che quello che dico è discutibile.

No, le rispondo con fermezza, è legge ed è una delibera regionale a stabilire oneri e modalità di accesso. Mi schernisce, questa è la sua opinione, anche la legge è discutibile. Non le dò più retta, non ho tempo da perdere. Con certa gente non si ragiona. Torno dentro, nel frattempo hanno trovato altri positivi. Ormai ho perso il conto. Buongiorno, signora. Suo figlio Matteo è positivo. Ora le dò tutte le informazioni... La madre mi interrompe con un sorriso beffardo Davvero?

Le spiego della quarantena, sì, sì, certo... figuriamoci. Signora ci deve stare, si va sul penale. Si vabbè, mi dia qua le etichette del molecolare che non ho tempo da perdere io. Il figlio, un ragazzino delle medie, la segue a testa bassa. Tra le decine e decine di referti che mi sfilano davanti mentre li consegno, molti vengono sventolati con fastidio.

Ma questo non è il greenpass! Io ho bisogno del greenpass subito! Ripeto a tutti, con gentilezza ed educazione, che è un referto. Che la certificazione verde viene rilasciata dal Ministero della Salute in base a questo referto che è già stato inserito nel portale della Regione Veneto. Che riceveranno un messaggio di notifica con un AUTHCODE per generare il greenpass scaricando l'app Immuni oppure l'app Io. Che se disgraziatamente non riceveranno il messaggio il ministero dal 31 luglio rende possibile autogenerarsi il codice seguendo delle semplici indicazioni, che mi ritrovo a spiegare.

Le reazioni delle persone che ho di volta in volta davanti, buona parte delle quali facenti parte del corpo insegnanti, mi sorprendono poi mi infastidiscono. Le loro facce, i toni, i modi. E perdo tutta la pazienza e la comprensione umana, senza smettere di essere professionale. In farmacia ci danno subito il greenpass, Anche l'ospedale si deve attrezzare. Non è possibile che ci creiate questo disagio. Vada pure in farmacia.

Dovete tenere aperto di più, come facciamo domani ad andare a lavorare a scuola? Siamo aperti 12 ore, si adegui agli orari in cui le garantiamo il servizio. E ancora Lei mi ha sconvolto con quello che mi ha detto. Mi sta venendo un attacco di ansia. Io non riuscirò mai a fare quello che mi ha appena spiegato, vado in panico, una giovane prof mi guarda con gli occhi fissi e sbarrati, questa è fuori penso.

La mia collega ha avuto il greenpass dopo due ore, a me non è ancora arrivato e ho fatto il tampone prima di lei. È colpa vostra, probabilmente avete inserito il codice sbagliato. Faccia qualcosa, io non me ne vado finché non mi dà il documento. Noi non inseriamo nessun codice, è il Ministero che gestisce il certificato, non dipende da noi il ritardo e non le so dire quando le arriva.

Si avvicina una mamma con un adolescente sventolandomi in faccia due referti negativi. Si ricorda di me? Certamente, signora. È passata ieri, abbiamo trovato positivo suo figlio più piccolo. Come sta? Ha già avuto l'esito del molecolare, che cosa vuole dirmi? Il molecolare è arrivato oggi ed è positivo. Mio figlio ha solo raffreddore. Io e questo altro figlio abbiamo fatto adesso un rapido e siamo negativi, pertanto non ce ne stiamo chiusi in casa. No signora, gliel’ho spiegato ieri che tutti siete soggetti a quarantena e tornerete tutti qui tra dieci giorni. È assurdo. Lei mi sta dicendo che questo ragazzo che è negativo perde il suo primo giorno di liceo? Sta scherzando?. Ma le pare che io sia qui per raccontare baggianate? Ma lei dove ha vissuto negli ultimi due anni?

Quando andiamo a chiudere la porta d'ingresso - la prossima volta chiamiamo i Carabinieri - mi imbatto nell'ultimo della fila tra quelli che sono riusciti ad entrare nonostante il divieto. Tiene la sua ricevuta del Pos in mano. Lo riconosco, come dimenticare le filippiche no vax e no Covid che ci elargisce come fosse in cattedra mentre attende il suo referto che non è un greenpass. È uno dei tanti prof che viene qui ogni 48 ore.

Il primo giorno che mi ha vomitato addosso le sue teorie gli ho chiesto cosa insegna. Diritto in una scuola superiore che prepara Operatori Socio Sanitari. Mi riconosce anche lui. Sempre qui a tamponare sino a perforare i nostri cervelli? Guardi, esiste sempre l'opzione vaccini, sono qui accanto, oggi open day. Non mi vaccinerò mai, preferisco morire. E se mi costringete a farlo, sarò l'ultimo sulla faccia della terra. Buona vita allora e che la terra le sia lieve.

Arriva l'ultima utente con il suo numeretto in mano. Ma questo non è il greenpass, piagnucola e brontola. Non ci vedo più. Dalla fame. Dalla stanchezza. Dal caldo. Dal fastidio. Mi sento esasperata. Con l'ultimo briciolo di pazienza, ricordandomi sempre che ho una divisa addosso, mi fermo. Respiro. Signora, prima di rispondere per darle le informazioni di cui ha bisogno, mi permetta lei una domanda. Viene qui ogni 48 ore per eseguire il tampone. Deduco dall'urgenza e dalla costanza con cui lo richiede che lei sia un insegnante. Che il suo greenpass non sia legato alla vaccinazione ma questo è affar suo. Mi spiega, perché davvero non capisco, come mai non si è ancora informata su cos'è e come si fa ad ottenerlo?

Nessuna risposta, solo un sorrisetto beffardo. Respiro ancora. E adesso spiego anche a lei, come ho fatto con gli altri, cosa deve fare. Mi sta dicendo che alla fine mi devo scaricare anche quelle app infernali che ci controllano? Io non voglio avere Immuni. Questa è una dittatura sanitaria. E se ne va, lasciandomi lì con ogni mio buon proposito buttato nel cestino dei numeri. E un “vaffa” che non è stato mai detto.

Fuori dall'edificio, quando sono andati via tutti, vorrei fumarmi una sigaretta come fanno certi colleghi smontanti giorno e notte per rilassarsi o buttar fuori il nervoso, che tenerlo dentro fa male. Accidenti, non sono capace nemmeno di fumare. Decido che è ora di finirla. Di dare troppo a questa gente. Sia ai positivi che ai greenpatici. Non è più tollerabile che ancora non si sappiano norme igieniche e regole di quarantena.

Sono stufa di ripetere che non si può stare tranquilli con un antigenico rapido negativo se hai sintomi o hai avuto contatti stretti, che non hanno ancora capito che se i valori di antigene sono troppo bassi il virus non lo becchiamo subito. Leggessero almeno tutto il referto che consegniamo, con tutte le spiegazioni persino in lingua inglese, invece ci chiedono sono negativo? senza neppure aprire il foglietto che pieghiamo con cura per via della loro privacy.

Essere troppo e fare troppo con certa gente, nella professione come nella vita, è sbagliato. Ha ragione il mio amico Thomas: ci sono persone che non meritano nemmeno un pacchetto di caramelle del discount. E mi ha donato questa massima prima della pandemia. Ora ho capito cosa volesse dire. È arrivato anche per me il tempo di dire basta. E di lasciare andare. Di fare il mio migliore minimo sindacale. O di cambiare mestiere, o il posto o il modo di esercitarlo. Non avrei mai pensato di arrivare a pensarlo. Farlo sarà un’altra storia.

Torno a casa nel mio ultimo giorno di lavoro, prendo il cane, povera bestia dentro da ore, facciamo quattro passi assieme. I marciapiedi sono pieni di plateatici per allargare gli spazi all'aperto, è l'ora dell'aperitivo, tanti con il bicchiere in mano. Assembrati, solo posti in piedi. Senza mascherina. Ovvio. Ridono. Di me. Mi arriva alle spalle un: Sei pazza. Ma che ci fai con la mascherina addosso? Siamo in zona bianca, guarda la pazza con la mascherina bianca. Sei da sola, hai solo un cane accanto a te, non è una persona. Fai ridere. Sei pazza. Mi ci voleva la pubblica gogna per concludere la giornata.

Ho addosso la ffp3 con la quale ho parlato a 26 nuovi positivi certi della mia città, anziché la mia solita ffp2 nera o la chirurgica con la quale giro per strada visto che abito in centro. Ho dimenticato di cambiarla, vabbè tanto dura 8 ore. Poi la butto, penso. E ancora mi urlano dietro, sei pazza, che sono già lontana. Decido di non prendermela, di non starci male. Fingo di riuscirci. Non ho bisogno di sapere chi è, riconosco la voce. E non ho voglia di girarmi a difendermi. Non ne vale la pena. Mi dispiace dirlo ma è un professore di religione che insegna in una scuola del quartiere, spesso alticcio. Non è giusto generalizzare e non mi piace etichettare le persone in categorie. Lascio soltanto parlare i fatti.

Non ho più voglia di parlare con le persone. Chi ha capito ha capito. Il resto si lascia andare e si tratta per quello che vale. La psicologa del Covid un giorno mi ha detto che, siccome non salviamo il mondo, posso essere la professionista che può fare la differenza per una persona, anche una soltanto. Bellissimo. Ci ho creduto e per buona parte ci sono riuscita, sino ad oggi. Adesso mi tornano soltanto in mente Thomas e le sue caramelle del discount.

Sto rientrando in casa, il cane non sopporta la gente, abbaia come un matto. Diranno che tengo pure il cane sociopatico. Incontro una persona che mi chiede come sto, come va la pandemia e dove vado ora che sarò in ferie quindici giorni. Vuole fare conversazione. Dove vado in ferie?, dico, In un altro mondo. Starò via soltanto tre giorni, poi ritorno in questo mondo per farmi un tampone per contatto di caso. Riparto e ritorno. Conto fino a dieci giorni. Poi me ne restano quattro.

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