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COVID-19

La quarta ondata, tra sintomatici e greenpatici

di Monica Vaccaretti

Bisognerebbe semplicemente dire che il green pass per vaccinati, guariti e greenpatici dovrebbe sempre accompagnarsi ad un rigoroso rispetto delle norme comportamentali. Invece questa informazione viene sottaciuta o data per scontata. Basterebbe osservare la gente. Bisognerebbe dire che la mascherina va indossata sempre e bene, anche all'aperto, visti gli assembramenti ovunque anche a passeggio nelle vie dei centri balneari e delle città. Che le mani vanno lavate ancora più spesso e che l'igiene resta la regola aurea. Che non è soltanto un QR Code su un pezzo di carta o sullo smartphone a salvarmi, a rendermi più sicuro, a certificare che sono sano. La sicurezza attorno alla persona per tutelare la propria salute avviene nel momento in cui si capisce che essa nasce dalla conoscenza e dalla consapevolezza. Dal comportamento.

Abbiamo in fila una nuova tipologia di utenza: i greenpatici

Stavolta vedo il cielo. La luce tipica di fine agosto, che è quasi settembre, si posa radente sull'ampia distesa di prato, di soffioni di tarassaco e campanule che circonda l'enorme edificio. E vedo il sole sorgere e tramontare sugli ulivi e gli oleandri mentre allestisco il mio box. Stavolta è tutta un'altra storia, penso. Eppure, mi sembra ancora tutto uguale ma al tempo stesso così diverso. Il nuovo Tamponificio, come amorevolmente chiamiamo la nostra nuova sede extra ospedaliera, ha trovato posto in una grande e lussuosa banca dismessa da tempo.

C'era ancora l'edera che si arrampicava selvaggia alle ampie finestre e sui muri, nascondendola alla vista, il giorno prima dell'apertura, come ci hanno raccontato medici ed infermieri del nuovo Hub vaccinale, arrivati già a fine luglio dopo la chiusura della Fiera che ci aveva ospitato per nove intensi mesi per la volontà dei proprietari arabi di riaprire a settembre ad esposizioni e congressi, come permesso dall'ultimo Dpcm.

L'ala dedicata ai tamponi, attigua a quelle dove si somministrano ogni giorno i vaccini anti Covid-19 è stata allestita in quella che era la mensa dei bancari. Un bel posto pieno di luce ed aria, circondato da vetrate, che sembra di lavorare all'aperto. È straordinario come i sanitari sappiano trasformare luoghi e tempi, con altre destinazioni d'uso, da dedicare alla salute. Dove prima c'erano soldi che giravano, ora ci sono bancali di tamponi e fiale di siero conservate in frigo e cassaforte. E nel caveau blindato ci stanno adesso gli alipak dei patologici, in attesa della ditta che si occupa del ritiro e dello smaltimento.

Gli ingressi di granito sono ora attraversati, in lunghe code, non da risparmiatori ma da vaccinandi da una parte e da sintomatici dall'altra. La Security, che qui sarebbe addetta al trasporto di valori, ora regola i flussi delle persone che si affollano: dirige a destra chi vuole scoprire il braccio, a sinistra chi deve ancora porgere il naso ed aprire la bocca, oltre che il portafoglio visto che i tamponi ora si pagano se non si ha un'impegnativa.

Con la quarta ondata questo edificio abbandonato ma ancora in ottimo stato, tanto è stato curato, ha preso di nuovo vita, gli abbiamo dato uno scopo e un valore. Ma sin dai primi giorni di ripresa della pandemia, già durante la stagione estiva - fatto che ha sorpreso tanti ma non noi del mestiere - avverto una sostanziale differenza rispetto alle tre ondate precedenti.

Abbiamo in fila una nuova tipologia di utenza. I greenpatici. Sono coloro che, dal 6 agosto dell'anno pandemico 2021, chiedono il lasciapassare della Certificazione Verde per la vita sociale non essendosi ancora vaccinati né risultano essersi ammalati e guariti dal Coronavirus. In Veneto l'accesso gratuito e libero ai tamponi per tutti indistintamente, anche ai fini del green pass con un test rapido 48 ore prima dell'evento o della necessità, ha creato sino al 10 agosto un afflusso che non si vedeva dai tempi peggiori dello scorso autunno-inverno.

E noi infermieri della sanità pubblica ci siamo ritrovati a dover tamponare migliaia di persone che non stavano affatto male, ma volevano soltanto andarsi a divertire. A Gardaland. Alle Terme in provincia di Padova. A cene e feste di compleanno al chiuso. All'acquario di Genova. Per salire su un aereo diretto in Spagna, Portogallo, Sardegna, Grecia, i luoghi del maggior contagio che poi il rischio è ovunque ci sia tanta gente, anche a Riccione e Jesolo, ai concerti ad Olbia e ai rave party nella campagna toscana.

Ora la delibera regionale ha imposto il pagamento anticipato della prestazione per tutti coloro che non hanno una impegnativa del curante. L'aggiornamento n. 1597/2021 del Piano di Sanità Pubblica del Veneto rimodula le modalità di offerta dei test per Sars-CoV-2: si stabilisce che i test siano senza oneri a carico del cittadino per indicazioni cliniche, per il contact tracing da parte del SISP (Servizio di Igiene e Salute Pubblica), per gli operatori sanitari soggetti allo screening periodico, per i soggetti disabili e i loro caregiver, per i minori coinvolti nei servizi educativi e ricreativi per screening preventivo o in seguito a identificazione di un caso positivo, per soggetti in specifici contesti di interesse epidemiologico su specifica valutazione del SISP (centri di accoglienza notturna, case comunali, mense popolari, centri di accoglienza per migranti, ambulatori dedicati...). Per viaggi all'estero, motivi personali anche ai fini dell'ottenimento del green pass, esigenze di lavoro, attività ricreative e di socializzazione i test sono da effettuare con oneri a carico del cittadino.

Viene estesa la possibilità di eseguire il test anche nelle farmacie territoriali, ma viene altresì identificato da ogni azienda ULSS almeno un punto di accesso territoriale (Punto Tampone) applicando le tariffe agevolate definite dal Protocollo d’intesa. E così ci ritroviamo ugualmente ad erogare la nostra prestazione ai greenpatici, soprattutto a quelli che lo richiedono per motivi ludici. Essendo sanitari, anche se pubblici, è doveroso tamponare tutti, non solo i sintomatici, ai fini dello screening e del tracciamento in seguito al nuovo quadro epidemiologico. Capita pure che troviamo il positivo persino tra i greenpatici.

Leggendo il documento della Regione, mi viene tuttavia spontanea una riflessione in merito al green pass - che ho tuttavia accolto favorevolmente sin da quando Macron lo ha messo in atto Oltralpe - tra un tampone per Gardaland e uno per andare a cena dentro e non sotto le stelle. Sento che c'è qualche assurdità tra le righe della politica.

Intanto ci si rende conto di quanti italiani manchino all'appello vaccinale, soprattutto tra i 20 e 50 anni di età. E quei 4 milioni e mezzo di over 50 che non si vogliono vaccinare si notano eccome, stando dalla parte dei tamponi e non dei vaccini ai tempi del green pass. Quando ero ai vaccini dicevo: wow quanta gente viene oggi a vaccinarsi! Andiamo bene, dai, mi racconta una infermiera dell'Hub accanto che è venuta per qualche turno a fare tamponi perché siamo in carenza di organico e la fila è più lunga da noi nelle ultime settimane. Da quando sono qui mi rendo conto invece che c'è ancora tanta gente, troppa, da vaccinare. Quando chiedo perché vengono a tamponarsi mi viene spontaneo chiedere se sono vaccinati, Se non lo sono, mi dicono un no secco, chiuso. Come un pugno. Avverto che non c'è possibilità di dialogo. Di confronto. È no punto e basta. Oppure se chiedo perché, uno mi ha risposto: Boh. Così andiamo male, altro che bene.

Poi realizzo che il green pass è soltanto un invito gentile a vaccinarsi. Che vuoi, farti tamponare ogni 48 ore ogni volta che hai voglia di uscire?! Assurdo. Eppure, non si vaccinano, piuttosto pagano. Penso che farebbero prima a rendere il vaccino obbligatorio per tutti e non solo per alcune categorie di lavoratori. Non ci sarebbe neppure un vuoto legislativo, l'obbligo per legge c'è già e lo imporrebbe pure l'emergenza per la salute pubblica. Invece si preferisce ancora una volta proporre una linea morbida con la possibilità di non vaccinarsi, ma socializzare ugualmente attraverso l'escamotage del tampone antigenico 48 ore prima dell'evento che ti sarebbe invece precluso visto che non sei vaccinato.

Da una parte si intende il green pass come uno strumento coercitivo per indurti a fare quello che sarebbe doveroso, opportuno e responsabile - lo si dovrebbe capire da soli e farlo anche senza che venga spiegato ancora ed imposto – dall'altra si offre già la soluzione per eludere l'invito sottointeso. Tipico, all'italiana.

Si crea inoltre, con il green pass eseguito con i tamponi antigenici rapidi, la falsa illusione di creare ambienti sicuri “covid free”. A questo scopo servirebbe piuttosto un molecolare a tutti, ma questa opzione non è attuabile per i tempi e per i costi. La popolazione non ha ancora chiaramente capito che il test rapido è soltanto la fotografia del momento in cui lo si fa, domani potrebbe essere un'altra storia. Positiva. E che dire dei vaccinati con green pass che potrebbero essere e risultare positivi se eseguissero anche loro un tampone prima di accedere allo stesso ristorante o evento cui partecipa il greenpatico?

Bisognerebbe semplicemente dire che il green pass per vaccinati, guariti e greenpatici dovrebbe sempre accompagnarsi ad un rigoroso rispetto delle norme comportamentali. Invece questa informazione viene sottaciuta o data per scontata. Basterebbe osservare la gente. Bisognerebbe dire che la mascherina va indossata sempre e bene, anche all'aperto, visti gli assembramenti ovunque anche a passeggio nelle vie dei centri balneari e delle città. Che le mani vanno lavate ancora più spesso e che l'igiene resta la regola aurea.

Che non è soltanto un QR Code su un pezzo di carta o sullo smartphone a salvarmi, a rendermi più sicuro, a certificare che sono sano. La sicurezza attorno alla persona per tutelare la propria salute avviene nel momento in cui si capisce che essa nasce dalla conoscenza e dalla consapevolezza. Dal comportamento.

Bisognerebbe ricordare che il green pass è uno strumento ideato per far riprendere, nella miglior sicurezza possibile, una qualche sorta di normalità nella vita sociale. È nato per permettere gli spostamenti e i viaggi in Europa, poi è stato esteso a tante altre attività.

Il green pass non è la soluzione alla pandemia. Lo è il vaccino

Per tutti. E ovunque nel mondo, che sia equamente vaccinato. E se in questo stato di cose e in questo Stato di Diritto e non di Doveri in cui viviamo - dove tutto è liberismo e relativismo - si pensa che la strategia sia legata a questa certificazione verde e ai colori delle Regioni - con parametri revisionati e ritoccati in caso di rischio di cambio colore, come capita in questi giorni in Sicilia perché probabilmente la stagione turistica non è ancora finita - non ne veniamo fuori neanche nel 2022. Ed io sarò ancora qui con un tampone in mano a sentirmi come don Chisciotte davanti ai mulini a vento.

Il green pass per i greenpatici comincia a starmi antipatico. Da vaccinata, che liberamente potrei andare ovunque senza farmi troppi problemi, mi sta doppiamente antipatico. Non perché limita la mia libertà, perché non mi dà garanzia assoluta. Potrei essere contagiata e contagiosa e sentirmi bene, asintomatica. Tanto sono vaccinata.

Ho esposto il mio QR code, ottenuto con una vaccinazione sette mesi fa, soltanto un paio di volte per accedere al ristorante. Ma prima avevo fatto il molecolare di screening 48 ore prima. E 1 ora prima di sedermi a tavola, mentre ero in turno, mi sono fatta un antigenico rapido di terza generazione, che dicono essere quasi come un molecolare.

L'ho fatto per me e per rispetto dell'altra commensale che mi sarebbe seduta, all'aperto, a meno di un metro di distanza. Lei ha fatto altrettanto. Per me. Per lei. Per gli altri. Ed eravamo all'aperto. Ma siamo infermiere. Infermiere in Covid. Ci siamo pure tolte la ffp2 soltanto quando sono arrivati gli spaghetti allo scoglio.

Tra poco il mio green pass scade. Dura 9 mesi. Esattamente il giorno del mio compleanno, diventerò greenpatica?

Infermiere

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