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COVID-19

Luci e ombre su sindrome post Covid, nuova sfida per il Ssn

di Redazione

A quasi un anno dall’esordio della pandemia da Sars-Cov-2 che ha letteralmente travolto il nostro Paese per il Ssn si pone una nuova grande sfida: la gestione di una patologia emergente che inizia a popolare i motori di ricerca scientifica: la sindrome post Covid, meglio conosciuta come Long Covid.

Che cos’è la sindrome post Covid

La Sindrome di post Covid è emersa grazie all’attivismo dei pazienti sui social ed è stata definita "Long Covid"

È ormai risaputo che lo spettro patologico della fase acuta di Covid-19 può variare da forme asintomatiche alla sindrome da distress respiratorio acuto, in molti casi irreversibile anche con cure intensive.

Quello che, invece, si conosce meno è proprio l’area grigia rappresentata dalle forme “mild” come vengono definite in letteratura, ovvero persone con una forma lieve/moderata che non sono state ospedalizzate e, una volta superata la fase acuta, si sono ritrovate con una serie di sintomi persistenti e invalidanti nel tempo, per settimane che poi sono diventate mesi per molte di esse.

Spesso sono persone che non hanno ricevuto tampone, sierologico e cure tempestive, prevalentemente giovani donne che precedentemente alla malattia godevano di ottima salute e svolgevano regolare attività fisica.

Queste persone non rientrano in una nessuna casistica nazionale, sono frequentemente stigmatizzate a livello sociale e i sintomi a lungo termine sono spesso fraintesi e ridotti ad ansia. Nessun percorso di follow up previsto per questi pazienti in quanto non ospedalizzati, si sono ritrovati in molti in un “pellegrinaggio” da uno specialista all’altro senza diagnosi certe.

L’eziopatogenesi della sindrome post Covid, i cui sintomi in molti casi sono sovrapponibili a quelli dei pazienti affetti da Sindrome da Fatica Cronica e da Encefalopatia Mialgica, secondo lo studio del dr. Nath “Long Haul Covid” sono riconducibili a: smascheramento di patologie sottostanti, danni residui dell’infezione acuta, persistenza virale, persistenza dell’attivazione immunitaria, cause sconosciute. La ricerca in questo campo potrebbe fornire importanti risposte anche ai malati affetti da ME/CSF.

La Sindrome post Covid è la prima patologia emersa grazie all’attivismo dei pazienti sui social e la terminologia “Long Covid” è stata coniata dalla lombarda Elisa Perego per esprimere su Twitter la sua esperienza di Covid lungo, poi diventato l’hashtag più utilizzato sui social per esprimere in tutto mondo il problema. Non c’è il corrispettivo italiano, dove la patologia non è ancora formalmente riconosciuta, per cui si utilizza frequentemente Long Covid, piuttosto che Covid lungo o Sindrome post Covid.

Le esperienze e le storie dei malati della prima ondata, a cui si sono aggiunti quelli della seconda, sono stati raccolti dalla Sig.ra Morena Colombi in un gruppo, che si è fatta portavoce italiana presso le Istituzioni e i media per dare luce ai malati invisibili.

Urgono per questi malati misure di riorganizzazione sanitaria, le cui risorse sono per la maggior parte assorbite sulla fase acuta della patologia che rappresenta solo la punta dell’iceberg; sotto c’è un bisogno di assistenza che sta emergendo in tutta la sua complessità e che richiederà l’istituzione di percorsi diagnostico-terapeutici specifici.

Follow up post Covid

Il primo follow up post Covid è iniziato nella prima ondata, il 21 aprile 2020 ad opera del policlinico Gemelli IRCCS di Roma e ha indagato sintomi e qualità di vita nei pazienti precedentemente ospedalizzati prevalentemente per polmonite interstiziale.

Il primo ambulatorio virtuale di telemedicina post Covid viene aperto su Facebook dalla dott.ssa Marasco, antesignana del long covid in Italia, a cui si sono aggiunti validissimi medici sempre disponibili. La dottoressa ha studiato incessantemente le cause eziopatogenetiche della sindrome, proponendo interessanti teorie basate su dati direttamente raccolti “sul campo” e perché ha creduto fin da subito a questa sindrome, offrendo le sue competenze gratuitamente al servizio di malati spaesati e alle prese con sintomi persistenti e invalidanti che non erano in carico presso alcun servizio.

Si auspica che presto percorsi di follow up si diffondano capillarmente sul territorio garantendo a tutti i malati, anche quelli non ospedalizzati, il diritto alla salute e una qualità di vita dignitosa.

  • Articolo a cura di Rosa Carpentiero - Infermiera

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