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Regione coordina Ulss per sanzionare sanitari no vax

di Redazione Roma

Dal 26 luglio scatteranno i demansionamenti e le sospensioni per i sanitari che, senza valide motivazioni, hanno rifiutato di vaccinarsi. Tramontata l’ipotesi del tampone ogni 48 ore per gli insostituibili. Bernini (Fp Cgil): Come possiamo parlare di green pass se non riusciamo a sospendere i sanitari non vaccinati?

Veneto, da lunedì 26 luglio sanzioni ai sanitari no vax

La Regione Veneto richiama all’ordine le Ulss – che erano intenzionate a muoversi in ordine sparso – dettando la linea comune: entro questa settimana saranno conclusi gli accertamenti sui sanitari no vax, quindi si applicherà la legge. Da lunedì prossimo, dunque, scatteranno demansionamenti e sospensioni per quanti hanno rifiutato (in maniera immotivata) di vaccinarsi contro Covid-19.

Un vero e proprio giro di vite per quanto riguarda le sospensioni dei sanitari no vax e a riprendere le parole pronunciate dai tecnici della Regione durante un incontro con i sindacati è il Mattino di Padova: Parliamo di un obbligo normativo al quale non possiamo sottrarci. Entro la fine della settimana le aziende sanitarie saranno chiamate ad ultimare le mappature interne, così da individuare le eventuali mansioni a cui destinare i sanitari no vax, che riceveranno lo stipendio corrispondente, eventualmente ridotto. Ma, nel caso in cui ciò non dovesse essere possibile, si procederà alla sospensione senza stipendio. Del resto – puntualizzano da palazzo Balbi – abbiamo fornito una comunicazione univoca di applicazione piena di quanto previsto dalla legge.

Nessun escamotage sarà possibile, pertanto. E neppure nessun tampone per i no vax ogni due giorni, come paventato dal direttore generale dell’Ulss 3 Serenissima, Edgardo Contato. Infatti secondo il segretario di Fp Cgil, Ivan Bernini, si potrebbe configurare un danno erariale. E avanza un dubbio: Come possiamo parlare di green pass in Italia se non riusciamo a sospendere i sanitari non vaccinati?

Ad ogni modo, la preoccupazione incombente è che il numero dei sanitari no vax in Veneto, tutt’altro che ridotto, possa impattare – a livello di servizi erogati – su interi reparti che rischiano di restare sguarniti. Occorre una riprogrammazione delle attività per consentire sia ai sanitari di svolgere le ferie sia ai cittadini di accedere alle prestazioni, affermano Ugo Agiollo e Daniele Giordano, rispettivamente segretario della Cgil di Venezia e segretario di Fp Cgil. Da parte sua, Dario De Rossi della segreteria Fp Cisl suggerisce: Per il periodo estivo si potrebbero ridurre le attività non strettamente urgenti, assicurando l’assistenza di base e le specialità più importanti.

È il dilemma della coperta corta e sull’argomento è tutti contro tutti. Anche tra le differenti sigle sindacali. Maria Teresa Turetta, segreteria del sindacato di base Cub Veneto, ha ammesso: I lavoratori della sanità, i cosiddetti “eroi” della pandemia, adesso saranno decimati perché sospesi dal servizio in quanto non intendono, per varie ragioni, sottoporsi al ricatto “o ti vaccini oppure ti tolgo il salario”. Come sindacato ci schieriamo a fianco dei sanitari che si ribellano.

Nella questione irrompe la politica, con le parole del capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Giacomo Possamai, che difende l’obbligo: Occorre sospendere il personale sanitario che non si vuole vaccinare. È doveroso a tutela della salute pubblica. Le polemiche non si calmano, ma davvero il sistema regionale veneto poggia su un equilibrio (numericamente parlando) fragile? Sembra proprio di sì, considerando che negli ospedali del territorio si stima una carenza di 2.500 infermieri e di 1.300 medici, senza considerare gli operatori socio sanitari. Ciò, a fronte di 19.852 sanitari non vaccinati, dei quali 4.651 del Servizio sanitario nazionale.

Giornalista

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