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Rapporto Oasi 2018, al Ssn servono 10 milioni di euro

di Redazione

Dopo avere raggiunto l'equilibrio economico-finanziario riuscendo a mantenere buoni risultati in termini di salute della popolazione, il Servizio sanitario nazionale (Ssn) deve ora risolvere alcuni disequilibri territoriali e raccogliere la sfida imposta dalla frammentazione della società, che crea nuove fragilità e nuovi bisogni. Lo afferma il Rapporto Oasi 2018 Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano, presentato alla Bocconi dal Cergas, il Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale.

Report Cergas Bocconi 2018: Risorse Ssn insufficienti per universalismo

Presentato a Milano il Rapporto Oasi 2018

Se per il 2016 il Rapporto Oasi aveva individuato nella cronicità il tallone d'Achille, nel 2017 il Ssn, secondo il Rapporto Oasi curato da Francesco Longo e Alberto Ricci, ha segnato un lieve disavanzo contabile (282 milioni di euro, pari allo 0,2% della spesa sanitaria pubblica corrente), con le regioni del Centro-Sud che si dimostrano ormai virtuose quanto quelle del Nord.

Il Lazio, per esempio, ha registrato un avanzo di 529 milioni e la Campania di 77. Nello stesso anno, la spesa del Ssn è aumentata dell'1,3% a 117,5 miliardi di euro, portando l'aumento medio, dal 2012 al 2017, allo 0,6% nominale annuo, equivalente a un aumento nullo se si tiene conto dell'inflazione.

La spesa sanitaria italiana è pari all'8,9% del Pil, contro il 9,8% della Gran Bretagna, l'11,1% della Germania e il 17,1% degli Stati Uniti, con il Ssn che ne copre il 74%. Negli ultimi 5 anni, la quota di spesa sanitaria sul totale della spesa di welfare si è contratta dal 22,8% al 21,8%.

Tassi di mortalità

Mentre i tassi di mortalità per tutte le maggiori malattie sono in declino, cresce la mortalità dovuta a disturbi psichici e malattie del sistema nervoso. Rimangono ancora piuttosto marcate le differenze territoriali: l'aspettativa di vita in buona salute è di 56,6 anni al Sud e di 60,5 anni al Nord, con la Calabria che si assesta a 52 anni e la provincia autonoma di Bolzano che arriva a 69.

Fino al 2016, prima dell'introduzione di limitazioni legislative, anche la mobilità territoriale dei pazienti sulla direttrice Sud-Nord era in aumento. A rimanere inevasa è, però, soprattutto la domanda derivante dal cambiamento sociale, che porta a una progressiva frammentazione: nel 2017 il 32% delle famiglie è unipersonale (8,1 milioni di individui, di cui 4,4 milioni over 60) e il rapporto tra gli over 65 e la popolazione attiva, al 35%, è il più alto d'Europa. Tra il 2010 e il 2017 la popolazione over 65 è aumentata di 1,3 milioni di persone (+11%).

Sempre più anziani e sempre più soli

Si tratta di un incremento dovuto all'invecchiamento delle numerose coorti demografiche dei baby boomer: un trend fisiologico e di per sé positivo, perché conferma la lunga aspettativa di vita oltre i 60 anni.

A preoccupare è lo squilibrio tra popolazione over 65 e popolazione in età attiva, che diminuisce a causa del drastico calo delle nascite. Nei prossimi 20 anni, infatti, il rapporto tra over 65 e popolazione attiva passerà dal 35% al 53%: oltre un anziano ogni due persone in età attiva.

Questa evoluzione crea e creerà sempre più gravi disequilibri nei servizi socio-sanitari che, stima l'Osservatorio, oggi riescono a coprire solo il 32% del bisogno.

Particolarmente critica è la disponibilità di posti letto in strutture sanitarie per anziani non autosufficienti, pari nel 2015 a circa 302mila a fronte di 2,8 milioni di persone che ne avrebbero necessità.

Il sistema fatica anche a garantire continuità assistenziale agli anziani a seguito di un ricovero: un over 85 su quattro viene ricoverato almeno una volta l'anno, con una degenza media di 11 giorni, ma solo il 16% di questi viene dimesso prevedendo qualche forma di continuità assistenziale.

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