Nurse24.it

Salute

Sanità pubblica, scienziati a Meloni: servono più fondi

di Redazione

La sanità pubblica è a rischio ed ha i giorni contati. Servono più risorse per salvare il Servizio Sanitario nazionale che deve recuperare anche il suo luogo di ricerca ed innovazione al servizio della salute. L'allarme è lanciato da quattordici tra i più importanti scienziati italiani in un documento inviato alla premier Giorgia Meloni, che analizza e critica le scelte del Governo in materia sanitaria, economica ed istituzionale. Gli accademici - tra cui Paola Di Giulio, Professore Associato di Scienze Infermieristiche all’Università di Torino e membro del Consiglio superiore di sanità - rivolgono alle istituzioni un forte appello per difendere il SSN che dal 1978 assicura un welfare pubblico ed universale e che sino al 2019 ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell'aspettativa di vita tra i Paesi ad alto reddito, passando da 73,8 a 83,6 anni.

L'appello di 14 scienziati a difesa del sistema pubblico

Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico, ma oggi i dati dimostrano che è in crisi

È necessario un piano straordinario di finanziamento del SSN e devono essere destinate specifiche risorse per rimuovere gli squilibri territoriali, esortano i luminari. Tale allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo nonché appropriatezza nell'uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità del sistema.

Sebbene le performance del SSN reggono ancora nonostante il sotto finanziamento, come evidenziato dal recente rapporto della Corte dei Conti sulla gestione dei servizi sanitari regionali, gli scienziati mettono in luce tutte le criticità del sistema sanitario e della gestione della sanità pubblica.

Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico - ammoniscono i prestigiosi firmatari della lettera -. Tuttavia i dati dimostrano che il sistema è in crisi. È evidente dall'arretramento di alcuni indicatori di salute, dalla difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura e dall'aumento delle disuguaglianze regionali e sociali, illustrano.

Questo accade perché i costi dell'evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica hanno reso fortemente sotto finanziato il Servizio Sanitario Nazionale, spiegano denunciando lo scarso budget messo a disposizione ogni anno.

Secondo i dati riferiti alla Camera dalla Corte dei Conti, l'investimento destinato alla salute nell'ultima legge di bilancio è stato infatti soltanto di 131 miliardi. Dalla relazione risulta che il governo stanzia per la sanità pubblica meno della metà dei fondi di Germania e Francia, che rispettivamente investono 423 miliardi e 271 miliardi.

Resta pertanto ancora elevato il gap tra la spesa italiana procapite finanziata, a parità di potere di acquisto, rispetto a Francia e Regno Unito. Risulta meno della metà rispetto a quella della Germania. Inoltre la spesa privata per la sanità sostenuta dalle famiglie italiane è del 21,4%, molto più elevata rispetto all'8,9% della Francia e all'11% della Germania, a fronte di un sempre più difficile recupero delle liste di attesa.

Gli scienziati sottolineano che si può e si deve intervenire certamente sul piano organizzativo, tuttavia ritengono che la vera emergenza sia adeguare il finanziamento del SSN agli standard degli altri Paesi Europei avanzati che destinano alla spesa sanitaria, almeno l'8% del Prodotto interno Lordo. È urgente ed indispensabile perché un SSN che funziona non solo tutela la salute ma contribuisce anche alla coesione sociale.

È condivisibile la preoccupazione dei 14 scienziati che hanno lanciato un appello per richiedere maggiori finanziamenti al Servizio sanitario nazionale. Ma l’allocazione di risorse, come ripetiamo da tempo, deve essere accompagnata dall’efficienza nel loro utilizzo, ponendo sempre in primo piano il concetto che il grande patrimonio del Servizio sanitario nazionale è il suo personale.

La carenza di infermieri in Italia è un problema serio e ormai evidente, accentuato dalla scarsa attrattività della professione. Soltanto innovandola negli ambiti formativi, di esercizio professionale e di autonomia, si può garantire la sostenibilità e l'universalità del Servizio sanitario nazionale.

Quindi certo che è necessario aumentare le risorse, ma in una logica di cambio di modelli non solo per la tutela della salute ma, come sottolinea l’appello, anche per la coesione sociale.

Apprezziamo gli sforzi messi in campo dal ministro della Salute per rafforzare la capacità del sistema di rispondere in modo sostenibile alle esigenze dei cittadini.

La sfida sull’innovazione la vinceremo se saremo tutti capaci di mettere in campo una nuova organizzazione sanitaria che guarda al futuro, senza temere di operare profondi cambiamenti.

Evidenziano che la spesa sanitaria italiana, alla quale nel 2025 sarà destinato soltanto il 6,2% del Pil ossia meno di vent'anni fa, non è in grado di assicurare completamente il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, come emerge già dal periodico monitoraggio che mette in luce il numero crescente di regioni in difficoltà per assicurare i Lea ai propri cittadini, soprattutto quelli legati alla prevenzione.

Ne risultano inadempienti 12 su 20. Nel documento si segnala che la situazione è aggravata dalla decisione, appoggiata dal Mef nonostante il parere contrario della Ragioneria dello Stato, di rinviare al 1° gennaio 2025 l'entrata in vigore dei nuovi Lea che estenderanno il numero di prestazioni erogabili da assicurare in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Secondo la Ragioneria i fondi stanziati per allargare i Lea sono regolarmente spesi dalle Regioni per altre esigenze.

Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività, come le urgenze e i ricoveri per patologie acute, ma per il resto dell'assistenza - visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia – il pubblico arretra e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato. Sottolineando altresì che, in termini di diritto alla salute, l'autonomia differenziata rischia di aumentare il divario tra Nord e Sud, gli scienziati avvertono che continuare in questa direzione, in evidente contrasto con l'articolo 32 della Costituzione, spinge verso il modello Usa che “è terribilmente più oneroso e meno efficace. La spesa complessiva americana è più che tripla rispetto a quella italiana contro un'aspettativa di vita inferiore di 6 anni.

Segnalano che ci sono criticità che mettono a rischio anche la riforma dell'assistenza territoriale in quanto il Governo Meloni ha tagliato il numero delle Case di Comunità, ritenute l'ossatura del nuovo sistema di cure primarie.

Con l'ultima rimodulazione del Recovery Plan ne sono rimaste infatti soltanto mille da realizzare entro il 2026 e non è ancora chiaro dove trovare il personale da dedicarvi per garantirne il funzionamento.

Il problema non è più procrastinabile. Tra 25 anni quasi due cittadini su cinque avranno più di 65 anni, molti dei quali affetti da almeno una patologia cronica e il sistema, già oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli

Ritengono inoltre che parte delle risorse devono essere impiegate anche per intervenire in profondità sull'edilizia sanitaria. In Italia due ospedali su tre hanno più di 50 anni e uno su tre è stato costruito prima del 1940.

Occorre poi investire soprattutto sul personale, il grande patrimonio del SSN, costituito da professionisti sanitari competenti che continuano a formarsi ed aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa, per disporne del quale però servono anni.

Nell'attuale scenario di crisi del sistema e di fronte a cittadini/pazienti sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti ad una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dal luoghi di maggiore tensione, come l'area dell'urgenza, sottolineano evidenziando che le retribuzioni degli operatori sanitari devono essere certamente più adeguate ma che occorre anche affrontare la loro valorizzazione e tutela garantendo loro altresì condizioni di lavoro sostenibili.

Risulta particolarmente grave la carenza di infermieri, sono in numero ampiamente inferiore rispetto alla media europea

Rimarcano infine che, pur riconoscendone il ruolo fondamentale per la promozione della salute della popolazione, anche gli investimenti assegnati dal Governo alla prevenzione sono carenti: la spesa per la prevenzione in Italia è da sempre al di sotto di quanto programmato. Ciò spiega in parte gli insufficienti tassi di adesione ai programmi di screening oncologico che si registrano ogni anno in quasi tutto il Paese.

Considerando i dati preoccupanti relativi all'aumento dell'obesità infantile e agli stili di vita non corretti della popolazione italiana, gli scienziati ritengono quindi che si debba investire molto in maniera strategica anche nella cultura della prevenzione, sia individuale che collettiva e nella consapevolezza delle opportunità tenendo conto tuttavia dei limiti della medicina moderna.

Commento (0)