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L'intervista

Mangiacavalli: Società scientifiche? Il problema è culturale

di Redazione

Dalle società scientifiche al codice deontologico, passando per l’abusivismo nella professione. Un’intervista a tutto campo con la presidente della Federazione Ipasvi Barbara Mangiacavalli.

Mangiacavalli, un’intervista a tutto campo con la presidente Ipasvi

barbara mangiacavalli

Barbara Mangiacavalli, presidente Ipasvi

Sulla questione delle società scientifiche per Barbara Mangiacavalli il problema è culturale. E non solo di rappresentatività degli infermieri nelle associazioni, ma anche di ricerca. Ancora poco pubblicata. E ancora: codice deontologico e abusivismo. Di tutto questo abbiamo parlato con Barbara Mangiacavalli.

Dalla nostra analisi sul Dm del 2 agosto scorso è emersa una preoccupazione relativa ad uno dei requisiti, ovvero la percentuale di rappresentatività. Allo stato attuale delle cose le associazioni scientifiche infermieristiche corrono il rischio di non avere i requisiti per chiedere l’inclusione nell’elenco, cosa ne pensa? Questo rischio è reale?

Il problema delle società scientifiche è un problema culturale su cui la Federazione deve recuperare anche il tempo passato. Sia per impostare le specializzazioni infermieristiche in una logica di infungibilità che oggi non è presente, sia ragionare con le nostre associazioni infermieristiche, a cui daremo tutto il contributo, anche attraverso la Consulta costituita a luglio, perché possano acquisire tutte le caratteristiche richieste.

C’è l’urgenza di porre rimedio in maniera stringente, con un ricorso al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento del decreto e/o con un’interrogazione scritta al ministro. La federazione si è già attivata in tal senso, dando supporto alle associazioni per il ricorso o stimolando membri del Parlamento, affinché si faccia un’interrogazione?

Non è un problema solo di percentuali, ma anche di necessità di incrementare le pubblicazioni da parte degli infermieri e la loro attività di ricerca in modo sufficiente secondo i parametri richiesti. Provvederemo anche a quello. C’è poi comunque un canale aperto tra Federazione, ministero della Salute e Istituto superiore di Sanità perché alle linee guida gli infermieri devono partecipare.  

Passiamo al discorso codice deontologico, a che punto è la revisione della prima bozza? Quante sono le richieste di modifica pervenute e c’è stata la partecipazione delle associazioni dei cittadini?

Sono arrivati i contributi degli infermieri, ma il lavoro dei singoli iscritti lo ha visto solo il Collegio di appartenenza che poi ha trasmesso la sua sintesi alla Federazione. Il Comitato centrale ha già fatto un primo incontro, perché a questo punto il lavoro da fare non è solo tecnico ma anche politico e ci vorrà il tempo necessario a far quadrare tutte le richieste e le esigenze degli infermieri.

L’obiettivo del prossimo congresso nazionale è la presentazione del nuovo codice deontologico?

Per il Congresso vedremo a che punto siamo all’inizio del prossimo anno con la stesura del codice: non è un documento da sottovalutare o legare a tempi brevi e/o lunghi, è la carta etica della professione. Per quanto riguarda il parere delle associazioni dei cittadini anche a questo ci penserà il comitato centrale che sicuramente agirà attraverso la consulta dei cittadini, che ha visto anche lei la luce a luglio: lì ci sono tutti e anche con loro si lavorerà.

Secondo le stime Ipasvi sarebbero 5.500 gli infermieri abusivi. Com'è possibile che si assumano infermieri che infermieri non sono? La Federazione come pensa di affrontare questo problema?

Si devono tenere presenti due fattori. Primo che in realtà i professionisti abusivi sono oltre 30mila e quindi il problema non è solo della professione infermieristica. Secondo che la professione infermieristica raccoglie quasi il 50% dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale, quindi, pur avendo il numero probabilmente più alto di abusivi, non per questo è percentualmente la più colpita. In realtà infatti, si tratta del 15% circa di chi lavora senza titolo in Italia in tutte le professioni. Il fatto che spesso si trovino personaggi del genere nelle strutture del Ssn è un male legato all’assenza dei concorsi per le assunzioni, dovuta agli ormai famosi, anzi, famigerati blocchi del turnover.

In questo modo le aziende sanitarie sono costrette per non rimanere prive di organici indispensabili come gli infermieri sono, a ricorrere ad agenzie interinali e cooperative. Con le prime che se non altro rispettano un contratto nazionale unico e quindi non sfruttano economicamente i veri professionisti, ma con le seconde che spesso li utilizzano solo ai fini del profitto, declassando il loro lavoro anche dal punto di vista del giusto compenso. Ciò che tuttavia è più grave è che spesso queste realtà non operano verifiche stringenti sulla documentazione prodotta da chi utilizzano poi per il lavoro. Così è possibile che un’autocertificazione non verificata sia in realtà non veritiera o, come recentemente accaduto a Pescara, addirittura che la persona esibisca false attestazioni, anche in questo caso non verificate a monte. Abbiamo detto, ripetuto e sottolineato anche nelle audizioni al Parlamento sul passaggio da collegi a ordini, che la parola finale, prima di qualunque utilizzo di persone che si qualificano come infermieri, deve essere quella al momento dei collegi, gli unici a poter dare garanzie di autenticità dell’appartenenza alla nostra professione e, speriamo, presto degli ordini, con poteri ancora maggiori anche dal punto di vista non solo dei controlli, ma degli interventi possibili. Direi che rivolgersi al collegio provinciale non è difficile, anche perché gli stessi siti istituzionali, così come quello della Federazione, già consentono una prima verifica. Ma aggiungerei che i collegi devono davvero tirare il freno e, oltre a effettuare controlli più serrati, devono anche poter denunciare chi abusa della nostra professione.

Chiediamo sblocchi del turnover e assunzioni, abbiamo circa 16mila infermieri disoccupati e non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo accettare che posti possibili siano occupati da chi infermiere non è. La Federazione in questo senso ha sempre sollecitato le autorità competenti, ma probabilmente è il caso di intensificare l’azione contro l’abusivismo dilagante.

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