In 8 ore di interrogatorio l’infermiera accusata di aver somministrato morfina ad un neonato non ha avuto cedimenti e ha risposto punto per punto alle accuse
. Così il legale, che ha chiesto per l’assistita gli arresti domiciliari, sui quali il gip dovrà decidere.
Durante l’interrogatorio l’infermiera si è dichiarata estranea ai fatti
È durato otto ore l’interrogatorio di garanzia a Federica Vecchini, l’infermiera arrestata con l’accusa di aver somministrato morfina ad un neonato.
Davanti al gip Livia Magri, che ha posto domande incalzanti, su tutti i possibili profili dell’accusa, volte a sviscerare anche tutte le modalità di gestione dei bambini e della morfina
, l’infermiera di Nogara non ha avuto cedimenti e ha sostenuto l’interrogatorio con una forza d’animo incredibile, fornendo elementi fondamentali ad accertare la sua estraneità ai fatti
.
Così il legale della donna, Massimo Martini, che per la sua assistita ha fatto richiesta degli arresti domiciliari, per scongiurare i pericoli e i rischi a cui può andare incontro una persona accusata di un reato gravissimo nei confronti di un minore in ambiente carcerario
.
Da quanto è emerso durante l’interrogatorio, la donna - sul cui caso si era espresso anche il Collegio Ipasvi di Verona – ha ribadito la sua estraneità ai fatti, anzi: sarebbe stata proprio la sua esperienza a farle intuire la necessità di somministrare al piccolo, in arresto respiratorio, un antagonista degli oppiacei.
Le accuse fondamentali sono state a nostro avviso smantellate – spiega l’avvocato – per il fatto che la gestione del bambino da parte della cliente è avvenuta in un arco di tempo ristretto
. Ci sarebbero circa due ore e mezza di “buco” dal momento in cui l’infermiera ha avuto tra le braccia il piccolo a quello in cui si è verificato l’arresto respiratorio.
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