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Rsa ancora senza contratto, i sindacati insorgono

di Redazione Roma

Riprende la mobilitazione degli operatori delle Rsa indetta da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl. L’intento: rivendicare l’apertura del tavolo negoziale con le associazioni datoriali Aiop ed Aris e approdare alla definizione del contratto collettivo nazionale del personale che opera nelle strutture. Un contratto atteso da anni.

I sindacati: giusta retribuzione e giusti diritti per i lavoratori delle Rsa

Dopo due anni di attesa, numerose richieste e presunti impegni che non si sono mai concretizzati è ora che Aris e Aiop riconoscano il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori delle Rsa alla definizione di un contratto collettivo nazionale di lavoro che aspettano da anni. Così Giancarlo Cenciarelli, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini, segretari generali di categoria Fp Cgil Roma e Lazio, Cisl Fp Lazio, Uil Fpl Roma e Lazio, che oggi annunciano la ripartenza, nella regione governata da Nicola Zingaretti, della mobilitazione dei lavoratori delle residenze sanitarie, rivendicando l’apertura del tavolo negoziale con entrambe le associazioni datoriali.

La richiesta dei sindacati nei confronti dell’Associazione religiosa istituti socio sanitari e dell’Associazione italiana ospedalità privata non presta il fianco a dubbi: è urgente approdare alla definizione del contratto nazionale del personale che lavora nelle Rsa. Un contratto – rimarcano Cenciarelli, Chierchia e Bernardini – in grado di riconoscere i diritti e le professionalità in linea con gli standard, salariali e normativi, ampliamente recepiti per il personale che opera nelle strutture, le quali applicano il contratto della sanità privata da noi sottoscritto nel 2020 con queste stesse associazioni datoriali. Un’urgenza che si è declinata in imperativo morale nel corso dell’emergenza pandemica, durante la quale il personale delle Rsa ha continuato a lavorare in maniera instancabile, fornendo un prezioso contributo.

Se all’inizio dell’anno i segretari generali di Fp Cgil Roma Lazio, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl Roma e Lazio annunciavano che nel Lazio il servizio sanitario è in codice rosso, oggi ammettono che sulle residenze sanitarie sussistono rallentamenti incomprensibili, da parte della Regione, che si protraggono da circa due anni. In particolare da quando – riferiscono ancora – con un protocollo firmato tra Cgil Cisl e Uil e le categorie dei pensionati si prevedeva, tra l’altro, l’apertura di venti Rsa pubbliche nelle dieci Asl del Lazio.

A luglio 2020, infatti, Spi-Cgil Roma e Lazio in un documento articolato lanciava la proposta di aprire nelle dieci Asl, 20 Rsa pubbliche: in media due per ogni Asl. Per un totale di 1.000 posti. Tra gli obiettivi da raggiungere, il ripensare i fabbisogni regionali figli di una inadeguata cultura custodialistica, raccordandoli a scelte forti di assistenza residenziale diversa, aprire Rsa pubbliche che si integrino con i servizi di assistenza domiciliare, sulla base di principi e con requisiti diversi da far valere anche per le Rsa accreditate, in tal senso riorganizzate.

Ad oggi nulla di tutto ciò è avvenuto. E i sindacati fanno ancora presente che si devono ancora individuare nuovi (e più qualificati) requisiti delle Rsa nonché congelare le autorizzazioni ai privati. E anche in merito al creare 1.000 posti letto in più e assumere 1.000 infermieri nessun passo avanti, continuano Cenciarelli, Chierchia e Bernardini, secondo i quali è evidente che alla fine di un ciclo di quasi due anni, che non ha portato alcun avanzamento nell’attuazione degli impegni assunti da parte della Regione, urga un chiarimento con gli interlocutori che quell’accordo lo hanno sottoscritto.

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