
carichi di lavoro e benessere
De Polo: il burnout colpisce chi ama il proprio lavoro ed ama farlo bene. Un evento proposto dal Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente in collaborazione con l’INAIL, si parla di work engagement, performance e conseguenze sulla sicurezza dei pazienti.
FIRENZE. Si è tenuto l' 8 marzo all’Auditorium Sant’Apollonia un evento proposto dal Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente in collaborazione con l’INAIL.
"Carichi di lavoro e sicurezza degli operatori sanitari. Benessere di medici e infermieri, performance e conseguenze sulla sicurezza dei pazienti". Il tema cruciale discusso durante la giornata riguardava la correlazione tra il rischio di infortuni e di errori con il carico di lavoro.
Per quanto possa sembrare superato il concetto di carichi di lavoro, a cui si preferisce il concetto di prestazione, in questa occasione è sembrato sinceramente coerente con gli obiettivi dell’evento, in quanto dalle prestazioni, il convegno tende verso una visione più globale.
Gli interventi sono stai tutti molto interessanti, ma vorrei soffermarmi soprattutto sui dati esposti e su alcune considerazioni.
Durante il convegno sono stati presentati dal Dr. Tommaso Bellandi del Centro GRC Regione Toscana i risultati di una ricerca quali-quantitativa fatta da INAIL Toscana e Centro GRC che ha coinvolto medici ed infermieri di 6 chirurgie toscane, e che ha avuto come obiettivo la valutazione e la messa in correlazione tra rischio di infortuni ed errori e il work engagement, cioè il coinvolgimento nel lavoro che permette ai sanitari di resistere alla pressione dei carichi di lavoro.
Il team di ricerca quantitativa ha utilizzato per la due scale di raccolta dati UWES Utrecht Engagement che è stata esposta dalla Direttrice Centro per la Ricerca e la Sicurezza in Sanità Australia, Johanna Westbrook in un intervento in differita.
Le variabili indagate sono quelle che definiscono il work engagement: vigore, dedizione e assorbimento. Ognuna di esse può essere considerata il carburante del motore che motiva, e perciò muove il lavoratore.
La ricerca qualitativa etnografica è stata fatta con la tecnica dell’osservazione dello shadowing mediante lo strumento WOMBAT che permette di classificare le attività secondo la prospettiva sistemica. Interruzioni durante le prestazioni, come la somministrazione della terapia o la visita medica, ed attività svolte contemporaneamente emergono nei dettagli.

Tempo di Cambiare
Ai dati della ricerca sono stati aggiunti i dati di INAIL presentati da Mario Papani, Dirigente Ufficio P.O.A.I. di INAIL Toscana, sulla tipologia degli infortuni: incidenti in itinere al primo posto, al secondo posto contusioni e ferite da tagliente; e le malattie professionali, in larga parte dovute a disturbi muscolo-scheletrici e dermatiti. Le malattie professionali sono prevalenti nei professionisti anziani, mentre gli infortuni sono più frequenti nei giovani, probabilmente anche per gli stili di vita.
Nel suo intervento Alberto Baldasseroni, Direttore CERIMP Regione Toscana ha esposto i dati sull’aumento dell’età dei sanitari dopo la legge Fornero. Dal 2011 al 2014, quindi in pochissimi anni, i lavoratori del comparto della sanità in Italia ed in Toscana con età inferiore ai 30 anni sono diminuiti di oltre il 40% mentre gli ultra sessantenni sono aumentati di otre il 160%, molto più che raddoppiati.
Interassanti le considerazione sui dati esposti del Prof. Marco Depolo del Dipartimento Psicologia dell’Università di Bologna. Depolo ha analizzato il nuovo stato dell’arte e sottolinea l’urgenza di sviluppare tutti i fattori che nutrono il work engagement: la leadership, le opportunità di apprendimento, il supporto dei superiori, la comunicazione e l’autonomia.
Vorrei esprimere alcune considerazioni personali partendo da questa relazione. Ciò che risulta essere sempre meno presente nelle nostre organizzazioni è il senso di appartenenza ed un certo grado di “complicità” con le direzione, aspetti che fanno venir meno la sensazione di supporto reciproco: io so che se mi trovo in difficoltà tu ci sarai, ma non so se tu sarai dalla mia parte.
Richiedendo sempre più competenze, quindi responsabilità, quindi impegno quindi energie, è necessario che l’organizzazione e in essa il leader possieda gli strumenti necessari per fare “gioco di squadra”. E’ necessario abbandonare le modalità di gestione colpevolizzanti, punitive, a favore di collaborazioni sinergiche, aperte al rischio stesso. “Chi non fa non falla”, perciò chi più fa è a maggior rischio di errore.

il burnout colpisce chi ama il proprio lavoro ed ama farlo bene
Come ci ricorda Depolo il burnout colpisce chi ama il proprio lavoro ed ama farlo bene. Lo stress lavorativo cresce, ma se l’organizzazione propone situazioni di work engagement si generano energie, si riducono gli errori, si migliora il benessere interno ed esterno.
Sinora ci siamo interessati a potenziare l’individuo nelle competenze, ma se puntiamo solo sul singolo, raggiungendo il livello massimo, il rischio di burnout aumenterà. Se il contesto non diventa “fertile” ed accogliente, producendo vigore, dedizione e assorbimento, senso di appartenenza, amore per la nostra meravigliosa arte, l’aumento delle competenze può essere seriamente devastante. Citando Depolo: “Design delle mansioni e design delle procedure organizzative”. Ergonomia ed usabilità.
Così vorrei concludere con le mie personali considerazioni rispetto alle direttive europee sugli orari di lavoro. Occorre comprendere che la normativa tutela lavoratore, organizzazione e “cliente” e che quindi deve essere abbracciata senza resistenze, il come può essere un’opportunità per rileggere le nostre organizzazioni ed il senso stesso della nostra opera. Il prof. Giovanni Costa, del Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università di Milano durante il convegno propone vari schemi di rimodernamento degli orari che possono offrire opportunità interessanti ed un decalogo per prevenire i rischi correlati ai turni di lavoro.
Orario e condizioni di lavoro, ambiente e clima incidono fortemente sulla quantità e qualità degli output, intesi come produttività, e degli outcome inteso come benessere globale.
Concludo con una considerazione personale, dettata dalla mia esperienza. Spesso le direzioni adottano modelli organizzativi adottati altrove, senza valutare sufficientemente l’impatto sul contesto, che non sarà mai come quello teorizzato, avendo delle specificità: prima fra tutte l’aspetto umano. La persona/lavoratore si trova spesso ad adattarsi a contesti in cui l’iniziativa e la personalizzazione viene bloccata dalle procedure se non punita. Il mondo umano possiede colori e variazioni infinite, che non possono essere tutte contenute nelle statistiche o nelle evidenze. La vera sfida è comprende coloro che escono dalla norma.
Per motivare le persone è necessario correre il rischio di dare loro fiducia.
Cristina Banchi – Infermiera responsabile sistemi qualità in RSA
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