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Editoriale

Che non ci siano mai più Hibakusha

di Monica Vaccaretti

Il secondo fungo atomico, scatenato dalla bomba Fat Man, incendiò il cielo di Nagasaki la mattina del 9 agosto 1945. La prima bomba atomica, nome in codice Little Boy, sganciata tre giorni prima su Hiroshima non era bastata. Ci voleva un altro bombardamento nucleare per raggiungere l'obiettivo di indurre il Giappone ad una resa incondizionata. La Seconda Guerra Mondiale finiva così con un'orrore peggiore dell'orrore dello sterminio dei campi di concentramento. È stata una prima volta nucleare che non è da meno della prima volta nazista. Per porre fine ad un Olocausto se ne è scatenato un altro. Dopo il 1945 “Mai più” diventa un imperativo.

L’ombra delle persone, come un’impronta

In un istante furono incenerite, in un incendio infernale, centinaia di migliaia di persone, senza passare per il camino stavolta. Evaporarono. L'intensa luce della fusione atomica, che brucia gli occhi, lasciò soltanto l'ombra delle persone, come un'impronta. Ombre senza corpo si fissarono sui muri delle case, sulla pietra dei gradini nelle piazze, sull'asfalto delle strade della due città giapponesi. I kimoni si incendiarono e la trama del tessuto si impresse sulla pelle, come un marchio a fuoco a vita. L'onda d'urto dell'esplosione disintegrò anime e case, pochi secondi dopo, a distanza. Con questi due tragici epiloghi l'umanità entrava nell'era atomica, con la corsa agli armamenti nucleari e l'inizio dell'incubo che scoppiasse una guerra dopo la quale gli uomini, da sempre bellicosi, sarebbero tornati a combattere, secondo Albert Einstein, con le clave di pietra.

I sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki furono chiamati hibakusha. Tre ideogrammi – subire, esplosione, persona – identificano “coloro che sono stati colpiti dal bombardamento atomico”. Si salvarono ma subirono le radiazioni nucleari, sorte peggiore forse della morte. Per rispetto dei deceduti e per non suscitare devastanti sensi di colpa tra coloro che erano scampati all'olocausto atomico, in Giappone non furono pertanto chiamati sopravvissuti. Sono hibakusha coloro che al momento dell'esplosione erano a pochi chilometri dall'epicentro delle bombe. Che nelle due settimane successive erano nel luogo dell'esplosione per le operazioni di soccorso alla popolazione. Che erano stati esposti alle radiazioni dovute alla ricaduta radioattiva del materiale lanciato in aria sino al limite della troposfera che ricade lento al suolo sotto forma di cenere e pulviscolo altamente letale.

Sono considerati hibakuska anche i nascituri di donne incinte della zona all'epoca dei fatti. Sono state riconosciute con questo nome circa 650.000 persone. Nel 2017 ne erano ancora viventi 164.621. Secondo il Governo giapponese l'1% degli hibakusha ha sviluppato in vita malattie legate alle radiazioni atomiche assorbite. Dal 1957 tutti i cittadini nipponici hibakusha hanno diritto a cure mediche gratuite. Tutti i sopravvissuti infatti sono condannati ad un'eredità radioattiva di cancro ed altri gravi problemi di salute. Gli effetti sono devastanti.

Per realizzare una pace mondiale occorre eliminare le scorte nucleari

Sono persone, gli hibakusha, i cui nomi sono incisi nel Parco della Pace di Nagasaki. Compaiono in liste aggiornate ogni anno, in occasione dell'anniversario delle due esplosioni. Oggi sono 77 anni. Ed è dal Memoriale della Pace di Hiroshima che il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il 6 agosto ha ammonito duramente il mondo sul rischio nucleare in cui è nuovamente precipitato. “Per realizzare una pace mondiale duratura occorre eliminare urgentemente tutte le scorte di armi nucleari. Chiedo il disarmo nucleare globale. È inaccettabile che gli Stati in possesso di tali armi di distruzione di massa ammettano la possibilità di una guerra nucleare. Queste armi non hanno senso.

Tre quarti di secolo dopo, dobbiamo chiederci cosa abbiamo imparato dal fungo atomico che si è gonfiato sopra le città giapponesi nel 1945”. Il Segretario dell'ONU ha avvertito che “una nuova corsa agli armamenti sta prendendo velocità. Le crisi con gravi sfumature nucleari si stanno diffondendo rapidamente dal Medio Oriente alla penisola coreana all'invasione russa dell'Ucraina. L'umanità sta giocando con una pistola carica. Esiste una sola soluzione alla minaccia nucleare: non avere armi nucleari”. Sul sito ufficiale delle Nazioni Unite, sotto il suo logo, si legge un sottotitolo: Pace, dignità e uguaglianza su un pianeta sano.

Anche l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, AIEA, che dal 1957 fa parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite con lo scopo di promuovere l'utilizzo pacifico dell'energia nucleare e di impedirne l'utilizzo per scopi militari, ha lanciato un forte allarme il 6 agosto con una dichiarazione del suo Direttore Generale, Rafael Mariano Grossi. Si esprime una grande preoccupazione per i recenti bombardamenti attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzya in Ucraina. Si tratta del più grande ed importante impianto nucleare, con sei reattori, nel continente europeo ed è continuamente minacciato dalle azioni militari in corso dal 24 febbraio scorso. “Il rischio di un disastro nucleare è molto reale. Potrebbe minacciare la salute pubblica e l'ambiente, non solo in Ucraina”.

I rapporti quotidiani sulla grave situazione attorno alla centrale sono allarmanti. “È a repentaglio la sicurezza e l'incolumità della centrale e delle persone. Qualsiasi potenza di fuoco militare diretta verso e dalla strittura equivarebbe a giocare con il fuoco, con conseguenze potenzialmente catastrofiche. È una situazione altamente instabile e pericolosa che rischia di diventare sempre più fuori controllo. È necessaria la presenza dell'AIEA per fornire supporto tecnico così da garantire la sicurezza nucleare e mantenere gli impianti nucleari ucraini sicuri e protetti”. In attesa di una missione di sicurezza nucleare con l'invio sul sito di esperti, per evitare un rischio nucleare il 7 agosto è stato spento il reattore principale.

Anche il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa è allarmato. “In caso di attacco o incidente nucleare nessun sistema sanitario, nessun governo e nessuna organizzazione sarebbe in grado di gestire la situazione, a breve e lungo termine. Settantasette anni dopo i bombardamenti atomici, le strutture sanitarie giapponesi curano ancora i devastanti effetti dell'esplosione”, ha dichiarato il Presidente della Federazione Internazionale delle Società IFRC, Francesco Rocca. Alla luce dei venti di guerra che soffiano in giro per il mondo, Rocca ha denunciato che “ ad oggi ci sono 13 mila armi nucleari negli arsenali, molte delle quali in stato di allerta, pronte per essere utilizzate. Il rischio sta crescendo a livelli allarmanti. Il mondo si trova su una pericolosa china che mina la sopravvivenza stessa dell'umanità”. Rocca ha inoltre ricordato quanto sia giuridicamente vincolante, come strumento di diritto internazionale umanitario, il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari cui hanno confermato l'adesione 65 Paesi, durante la Prima Conferenza che si è tenuta lo scorso giugno a Vienna. Anche la Croce Rossa Internazionale prende quindi una posizione forte.

Siamo ancora dentro una pandemia globale che minaccia la nostra stabilità. Occorre abolire per sempre le armi nucleari dalla faccia della terra in quanto minaccia di una irreversibile distruzione collettiva.

Alla luce delle tante tensioni globali, dai Balcani sino all'isola di Taiwan, come sanitari possiamo e dobbiamo sempre e comunque intervenire a difesa della vita, in qualsiasi scenario. Che il monito che arriva da Ginevra per adottare misure di contrasto alla diffusione delle armi nucleari, sia accolto dai governi per denuclearizzare davvero il Pianeta. Stavolta stiamo andando troppo pericolasamente alla deriva. Contro ogni diritto umanitario e diritto dell'uomo. Contro ogni buon senso e senso della ragione.

Non ci devono essere più hibakusha, né per un disastro sfuggito di mano né per un incidente per sbaglio. Come si possono lanciare missili attorno ad una centrale nucleare? Il rischio non è più tollerabile. La vita dell'uomo e la salute del pianeta hanno troppo valore. Dopo 77 anni, ce ne rendiamo finalmente conto? Invece siamo ancora qui ad aver paura dell'impensabile che qualcuno invece minaccia follemente pensabile. Dovevamo esseri migliori dopo aver apprezzato il valore della vita minacciata dal virus della pandemia del secolo, invece il mondo mi pare ancor più incattivito. Ha voglia di fare la guerra, da Occidente a Oriente. Così, ad ogni giorno che viviamo, è una roulette, non solo russa.

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