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Piacere, sono Veebot e tra poco preleverò un po’ del tuo sangue. Non aver paura, non ho la mano pesante

di Mara Spagnuolo

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AVELLINO. In un'era sempre più tecnologica, venire a conoscenza della creazione di macchine robotiche che hanno lo scopo di sostituire l'uomo nel fare il proprio lavoro mi lascia stupita. Ancor di più se si tratta di lavori in cui il contatto, la sensibilità e la percezione umana sono fondamentali. E la nostra professione è un mix e anche più delle caratteristiche che ho elencato. Qual'è la notizia che mi ha spinta a scrivere questi miei pensieri? La creazione e lo sviluppo di una macchina che si propone di eseguire prelievi ematici.

Veebot è il suo nome, ed è un robot sviluppato in collaborazione con la Epson che ha la presunzione, pur non essendo dotato di parola, sensibilità e quant’altro, di sostituire l’infermiere nell’operazione del prelievo ematico.

 

Com’è fatto:

  • L’apparecchiatura ha l’aspetto di un braccio meccanico in cui è collocata una telecamera ad infrarossi e possiede un impianto ad ultrasuoni.

Come funziona:

  • Il braccio meccanico si muove lungo l’arto del paziente e verso la vena identificata attraverso la telecamera ad infrarossi. La puntura viene eseguita grazie al supporto di un sistema ad ultrasuoni dall’ago di una butterfly che viene unita all’apparecchio stesso mediante un apposito gancio.

 

Il funzionamento è esplicitamente mostrato in un video che si può trovare su youtube. Attualmente le prove hanno dimostrato che la macchina ha una percentuale di errore del 17%. Chiaramente lo scopo è quello di ridurne la soglia prima di passare agli esperimenti clinici veri e propri.

 
Leggere di questa novità tecnologica, ripeto, mi ha lasciata alquanto perplessa. C’è chi ritiene che addirittura così possa risolversi l’eventuale problema della “mano pesante” dell’operatore sanitario. Innanzitutto va chiarito che un bravo infermiere non ha la “mano pesante”. Un infermiere sa’ dosare benissimo la forza che bisogna impiegare nell’effettuare un prelievo! L’infermiere al tatto “sente” la vena, riconosce il suo percorso e sa’ quanto in profondità bisogna andare per raggiungerla!

 

A me verrebbe da chiedere ai pazienti: vi fidereste mai di un apparecchio del genere permettendogli, dunque, di entrare nelle vostre vene?

 

E’ pur sempre una macchina. E se improvvisamente smettesse di funzionare come dovrebbe?. Forse è ora di sfruttare la tecnologia per cose ben più serie e che, soprattutto, possano essere d’aiuto realmente agli operatori! Sono fermamente convinta che l’infermiere ha bisogno di essere sostenuto, aiutato, affiancato… non sostituito!

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