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Gli infermieri tornano al Sud per la crisi, ma...

di Rosario Scotto di Vetta

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MILANO. Sempre più infermieri scappano da Milano. Un fenomeno presente fin da sempre ma che negli ultimi anni rischia di mettere in seria difficoltà la sanità milanese. Tanti sono gli infermieri che occupano le corsie degli ospedali sotto la Madonnina. La crisi ha portato quest’ultimi ad un’attenta riflessione: tornare al Sud. Ebbene sì, il potere d’acquisto aumenterebbe notevolmente e i disagi con la famiglia d’origine vicina diminuirebbero. I vantaggi sono consistenti, magari c’è chi possiede un appartamento di proprietà nella propria città d’origine e si ritrova pagare 700 euro per un monolocale in città a Milano.

Anche la nostalgia ha un prezzo: 100 o 200 euro per tornare dai propri cari pochi giorni al mese. Per non parlare del caro vita milanese, dai generi alimentari al riscaldamento invernale. Meglio lavorare a Bari, Napoli, Catania. Le richieste di mobilità avanzate sono diverse e quasi sempre di infermieri che tornano al Sud.

Alcuni dati riportati dal Corriere della Sera dicono che al San Paolo nel 2012 se ne contano 15, al Niguarda 11, al San Carlo 5, al Sacco 3. Chi pensa che i numeri siano bassi si sbaglia. Si tratta quasi sempre di infermieri con esperienza pluriennale e formazione specialistica.

Con la "spending review" adottata dal Pirellone per due che se ne vanno, ne può essere assunto uno solo e soltanto l’anno dopo.

Per rientrare in Campania, Calabria, Puglia, Sicilia spesso basta chiedere la mobilità volontaria e se non bastasse si partecipa a qualche concorso di mobilità interregionale. A Milano le previsioni per il futuro non sono rosee, infatti c’è la paura che il trend andrà a peggiorare. Mentre il blocco del turn-over rischia di paralizzare la cura dei malati in Lombardia, al Sud con lenta costanza si liberano dei posti di lavoro e chi riuscirà se ne tornerà a casa. 

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