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Infermiera pediatrica si sfoga: In Italia non esistiamo

di Redazione

Valentina è infermiera. No, è infermiera pediatrica. Una qualifica che si assume dopo un corso di laurea specifico, che però in Italia non trova riscontro nel mondo lavorativo. Eppure, anche nel nuovo decreto del Miur, ci sono ancora posti per questi atenei. La sua esperienza, però, racconta di come l’università sia molto lontana dalla vita reale.

Io, infermiera pediatrica, senza lavoro

Sarete una figura innovativa, speciale, unica così hanno alimentato le mie aspettative durante il corso universitario per diventare infermiera pediatrica. Solamente al terzo anno hanno iniziato ad avere dubbi in merito al nostro ruolo e alla nostra futura possibilità di trovare lavoro. 

Ci hanno preso in giro e hanno organizzato un corso di laurea che non porta da nessuna parte, spacciandolo come prestigioso, tanto prestigioso che ora in molte città è stato bloccato.

L'idea di base è giusta, creare una figura professionale esclusivamente per il bambino. Ci hanno ripetuto per tre anni che il bambino non è un piccolo adulto ed è vero, i nostri piccoli pazienti richiedono attenzioni, approcci e pazienza che l'adulto richiede in modo totalmente diverso. Con i bambini serve molta più empatia, servono molte rassicurazioni, ogni minima procedura, anche la più banale, può richiedere l'invenzione di storie e ambientazioni fantastiche, serve molta pazienza.  

Non dimentichiamo poi che la presa in carico riguarda anche i genitori, durante il nostro percorso dobbiamo anche imparare ad approcciarci nel modo più corretto a loro. Si tratta di una continua sfida alla quale bisogna abituarsi e per la quale bisogna essere predisposti e preparati.

Il nostro paese non è in grado di capire il valore aggiunto che queste figure professionali possono dare all'assistenza sanitaria, perché? Nel resto dell'Europa gli infermieri pediatrici vengono valorizzati, addirittura vengono portati via proprio dall'Italia.

La prospettiva che io e molti colleghi ci ritroviamo ad affrontare è che le opzioni sono molte, ma nessuna di queste prevede un ruolo da infermiere pediatrico. Ho lavorato diversi anni, avendo la fortuna di assistere un pediatra che è riuscito a darmi i miei spazi e a rispettare davvero la mia professione.

Ora che mi ritrovo senza lavoro come molti altri, non c'è spazio per me, da nessuna parte. Non ci sono concorsi nella mia città, nemmeno in città vicine, non esistono cliniche private esclusivamente pediatriche, non posso lavorare con pazienti adulti, si tratta di un profilo professionale che viene raramente preso in considerazione per altri ruoli e i pediatri di famiglia sono più orientati a darci un contratto da segretarie, ma la cosa più grave è che in caso di concorsi in pediatria, ancora oggi, prediligano assumere infermiere generali.

Non c'è posto per noi che abbiamo basato i nostri studi sui neonati, sui bambini e sugli adolescenti, ma c'è posto ovunque per chi ha fatto un solo esame di pediatria e anzi hanno la priorità.

Se volessi intraprendere un'altra carriera universitaria, avrebbe senso studiare altri due anni, due anni per rimanere comunque un'infermiera? Tanto varrebbe ricominciare da capo, a 29 anni, abbandonando un percorso voluto e amato per colpa di chi ha avuto la brillante idea di imbastire un corso di laurea di ''prestigio'', pensando solo ai ricavi economici.

Io ci ho creduto in questa innovazione, ci ho creduto davvero, ma ora mi sento solo presa in giro

Molti non sono a conoscenza di questa situazione, ma è davvero frustrante vedere il proprio impegno e la propria passione andare in fumo per un corso di laurea creato nel modo sbagliato e che non dà futuro.

Valentina, infermiera pediatrica

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Commenti (1)

Angela Carniglia

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1 commenti

Lavoro usurante

#1

Sono un'infermiera pediatrica da poco tempo e' stato considerato lavoro usurante il lavoro degli infermieri turnisti .
Non sono d'accordo di aver escluso da questo diritto gli infermieri che occupano servizi diurni poiche' alle spalle oltre ad avere anni di turni hanno ad oggi ruoli in dh o ambulatori critici.
Angela