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Area forense

Infermieri italiani, una categoria congelata

di Carlo Leardi

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Demansionamento, tagli al personale, disoccupazione, precariato. Qualunque infermiere, soprattutto negli ultimi anni, avrà avuto (purtroppo) la possibilità di familiarizzare con termini come questi. L’attuale situazione economica in cui versa il nostro Paese, ha di fatto imposto una drastica riduzione del personale infermieristico attualmente in servizio nella sanità, sia pubblica che privata, con conseguente peggioramento delle condizioni lavorative degli infermieri che, inevitabilmente, si ripercuotono sui pazienti andando purtroppo a peggiorare la qualità assistenziale.

La situazione di forte stress a cui gli infermieri sono sottoposti, è causata anche dallo scarso rapporto di numero tra infermieri e popolazione, al disotto della media Ocse (Organisation for economic cooperation and development). Secondo dati recenti, nel 2011 l’Italia ha visto la presenza di 6,3 infermieri per 1.000 abitanti, al di sotto della media Ocse di 8,7 infermieri per 1.000 abitanti. Il numero dei medici, invece, nel 2011, è risultato essere superiore alla media Ocse: in Italia ci sono 4,1 medici per mille abitanti contro i 3,2 dei paesi Ocse.

 

A colpo d’occhio sembrerebbe, quindi, che la crisi ed i tagli alla sanità abbiano colpito solo quella categoria di professionisti che spesso deve sobbarcarsi il lavoro di altre figure accollandosene solo gli oneri e non gli onori. Il malcontento però comincia a serpeggiare sempre più, soprattutto nelle ultime settimane. Con la scadenza dei contratti a termine e la relativa ed ulteriore riduzione di personale, la situazione sta precipitando sempre più.

 

La situazione italiana in cui versano gli infermieri, è ben diversa da quella dei restanti paesi della U.E., ai quali sovente si fa riferimento come esempi da imitare. Ci sono però alcuni particolari che non vengono tenuti in considerazione, come ad esempio il lavoro che gli infermieri svolgono nel resto d’Europa e quello che invece svolgono in Italia, dove sono ancora in molti casi di fatto visti come una professione ausiliaria. Mentre in Europa gli infermieri mettono a frutto il 100% di quella che è la loro preparazione teorica (si pensi ad esempio agli infermieri abilitati alla prescrizione di farmaci), in Italia sovente si discute ancora sulle competenze di giro letti, accompagnamento dei pazienti, lavaggio dei ferri chirurgici ecc.

 

Oggi l’infermiere, oltre a possedere una laurea di primo livello, può continuare il proprio percorso formativo con master di primo e secondo livello, laurea specialistica, dottorato di ricerca; l’unico “inconveniente” è che questa formazione non ha alcun peso a livello retributivo. Innegabile è quindi l’aumentata professionalità degli infermieri Italiani con corrispondente aumento delle responsabilità sia in sede civile che penale, ma a queste purtroppo non ha fatto seguito un adeguamento degli stipendi.


Sembrerebbe quasi, a prima vista, che l’Italia guardi all’Europa per quello che riguarda i doveri della categoria infermieristica ma non a quelli che sono i diritti. Sarebbe auspicabile a breve che venga stipulato un contratto “di categoria”: così come vi è un contratto dei medici, sarebbe opportuno che ci sia un contratto esclusivo per tutti gli infermieri, sia dipendenti pubblici che privati.

 

Non è affatto ammissibile che un professionista laureato venga paragonato contrattualmente, in molti casi, ad altre figure prive di qualunque formazione post base. E’ altresì innammisibile che un professionista venga impiegato per svolgere lavori propri di altre categorie, cosa a cui troppo spesso siamo invece abituati ad assistere. E se tutto ciò dovesse a breve produrre un eccessivo malcontento nella categoria ed anche gli infermieri cominciassero ad attuare quelle modalità di protesta proprie di altre categorie di professionisti?

 

Si stanno susseguendo, soprattutto negli ultimi giorni sul web, proteste da parte di infermieri ormai stanchi di questa situazione che da anni perdura. Potrebbe verificarsi davvero l’ipotesi che in tanti paventano, ossia quello di uno sciopero di tutta la categoria con la sola garanzia delle prestazioni che rivestiranno carattere di urgenza. Ci si augura quindi, arrivati a tal punto, che i rappresentanti degli infermieri facciano sentire ulteriormente la propria voce a quelle istituzioni che fino ad ora sembra abbiano ignorato le richieste della nostra categoria sottovalutando le varie problematiche a cui la sanità tutta potrebbe andare incontro nel caso di una protesta.

 

Si provi solo ad immaginare la giornata di una struttura sanitaria con gli infermieri che incrociano le braccia: chi potrebbe svolgere quelle attività indispensabili che solo loro possono e sono abilitati a svolgere? L’augurio che tutti ci facciamo è quello che i problemi fin qui elencati e che fino ad oggi sono rimasti irrisolti, siano finalmente affrontati da chi di dovere in maniera seria affinché finalmente, la professione infermieristica in Italia, possa davvero arrivare a quei livelli che nel resto dei Paesi dell’ Europa (e del mondo ) sono già stati da tempo ampiamente raggiunti.

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