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L'inferno dentro la rianimazione, intervista ad Andrea Leonelli

di Ferdinando Iacuaniello

Infermiere e poeta per necessità, ha già pubblicato La selezione colpevole, Crepuscoli di Luce Consumando i giorni, per raccontare le sue emozioni dopo l'esperienza di ricovero.

Ho deciso di prendere un caffè con Andrea Leonelli, un infermiere, un collega. Un poeta che scrive per necessità, dopo l’esperienza come paziente. Un infarto, l’infarto che gli ha cambiato la vita. 

Ho bisogno di trasmettere le mie emozioni e così ho iniziato a scrivere. Ho letto di Andrea qualche settimana fa, nel blog dove ha annunciato il lancio del suo prossimo libro, L’inferno dentro la rianimazione.

Capita quasi ogni turno, soprattutto di notte, di prendere un caffè con un collega, in un momento di tranquillità; aiuta a ritrovare l’energia per continuare il turno. Il turno notturno in particolare.

Andrea è una storia di vita, una di quelle storie in cui è facile rispecchiarsi.

Andrea ha una sensibilità quasi indescrivibile, l’ho percepito subito. Lo percepisci leggendo “L'inferno dentro la rianimazione” nel suo blog. Mi hanno colpito due passaggi in particolare, così tanto che la prima cosa che gli ho chiesto è stata di raccontarmeli. Volevo sentire con la sua voce quanto avevo letto.

In rianimazione mettiamo le mani dentro ai pazienti. Dentro non solo nella loro intimità fisica – ha la voce tremolante dall’emozione, Andrea – soprattutto dentro l’intimità relazionale, ma anche letteralmente dentro il corpo.

Chi lavora in rianimazione riesce a immaginare cosa intenda Andrea; dentro l’addome ad esempio, quando si medica un addome lasciato aperto. Letteralmente dentro – l’ha ripetuto più volte e le sue parole avevano un’emozione particolare.

Un sacco pronto a riempirsi. Siamo noi infermieri – si definisce così Andrea, che continua – pronti ad accumulare ansie, preoccupazioni, gioie, dolori e tutti i sentimenti che ruotano in un ricovero. Sentimenti che ti trasmettono i pazienti, i parenti, ma anche gli stessi colleghi, che poi ti ritrovi proprio quando il sacco si è riempito così tanto che hai bisogno di vuotarlo e lui o lei è lì per aiutarti, proprio davanti a un caffè. Magari in quel turno notturno.

Così un anno e mezzo dopo il suo ricovero di sette giorni, per un infarto anteriore destro, ha stravolto la sua vita e ha dato libero sfogo a quello che prima sembrava solo un gioco. L’inferno dentro sarà il suo quarto volume pubblicato con Edizione Esordienti.

Un inferno tutto bianco – così Andrea ricorda quella mattina del 21 luglio 2010 – quando in macchina è riuscito ad accostare e si è accasciato sul sedile del passeggero. Sentivo le mani, le pompette dell’Ecg, le voci dei colleghi, il medico di turno che chiedeva di allertare l’emodinamica, la morfina che mi ha finalmente rilassato. Sette giorni lunghissimi, il letto dell’ospedale è veramente scomodo – conclude Andrea – sto cercando di descriverlo nel mio libro, ma non sono sicuro di riuscire, è scomodissimo.

Ho salutato Andrea chiedendogli cosa si sentirebbe di consigliare a chi come lui ha una passione - oltre al lavoro come infermiere - ma si vergogna a farla emergere. Ci sono poeti, pittori, cantanti, cantautori, cuochi pronti a stravolgere il mondo esterno a quello sanitario.

Se sono passioni vengono fuori, non bisogna vergognarsi, è come indossare la divisa da infermiere, è un privilegio un onore

Ho salutato Andrea con la promessa di prendere presto un altro caffè insieme, perché il prossimo lo pago io. Grazie Andrea.

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