L’essenza ed il valore della legge n. 219 del 22 dicembre 2017 - "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento" si esprimono con una bellissima frase che ritengo tanto semplice quanto profonda: “il tempo di comunicazione è tempo di cura” (Art 1 comma 8), sulla quale noi tutti operatori della sanità dovremmo riflettere ogni qualvolta ci approcciamo ad un paziente.
Disposizioni anticipate di trattamento, una legge umana
Recentemente ho assistito ad un incontro tenuto da una giovane e competente avvocatessa sull’importanza e l’innovazione apportata dalla legge n. 219 del 22 dicembre 2017 - “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” per la nostra società.
Le radici di questa legge sono rinvenibili nella storia della nostra cultura, basti pensare alla Convenzione sui diritti umani e la biomedicina (Convenzione di Oviedo), alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e ai codici deontologici dei medici e delle professioni sanitarie, ma fino al 2017 non erano mai state esplicitate e avvalorate da una precisa legislazione.
L’essenza ed il valore di questa legge si esprimono con una bellissima frase che ritengo tanto semplice quanto profonda: “il tempo di comunicazione è tempo di cura” (Art 1 comma 8), sulla quale noi tutti operatori della sanità dovremmo riflettere ogni qualvolta ci approcciamo ad un paziente.
Il consenso informato
Da questo articolo emerge che il primo elemento legittimante la cura è il consenso informato stesso e la sua espressione diviene quindi diritto fondamentale della persona assistita.
Viene riconosciuta una libertà di autodeterminazione terapeutica che si confà al diritto di autodeterminazione nelle fasi patologiche della propria esistenza (che si riallaccia a sua volta agli articoli 13 e 32 della Costituzione: libertà personale e diritto alla salute).
Prende così forma una visione del dovere di cura che si esprime a fronte di un volere di essere curato ed il riconoscimento della libertà di autodeterminazione fa sì che ogni trattamento non possa più essere definito terapeutico se non esplicitato da un relativo consenso.
Questo vuol dire che se il consenso viene meno quell’intervento non può più essere considerato legittimato, ovvero se a quel consenso prestato precedentemente viene ad opporsi un dissenso informato e consapevole quella terapia effettuata diviene a tutti gli effetti illegittima.
Questa legge introduce e riconosce un diritto alla desistenza terapeutica, ovvero far sì e accettare che la patologia faccia il suo corso, essendo liberi qualunque siano le conseguenze date da questa scelta. Questo passaggio implica quindi una libertà di scelta personale sulla propria qualità di vita e sul come viverne le ultime fasi con dignità.
Ogni persona ha diritto di essere informata sulla propria diagnosi, prognosi, trattamento terapeutico ed è solo la persona stessa a poter autorizzare la cura, la comunicazione ai parenti o anche scegliere di non sapere e di non essere informato. Chiunque ha diritto di rifiutare e revocare un trattamento ed è proprio questa possibilità che fa sì che l’alleanza terapeutica divenga perno centrale della relazione di cura e assistenza, superando ancora una volta il vecchio modello di cura ad impronta paternalistica.
È prevista la revoca di alimentazione e idratazione artificiali esentando il medico e l’équipe sanitaria da qualsiasi responsabilità di tipo civile e penale.
Questa legge sottolinea, inoltre, che la formazione in materia di comunicazione deve essere parte integrante e continua dei percorsi formativi di tutti i professionisti sanitari, nessuno può più sentirsi esentato dal saper comunicare con il paziente ed il suo entourage.
Pianificazione condivisa delle cure
La pianificazione condivisa delle cure diventa quindi anch’essa elemento legittimante la cura e deve essere documentata in cartella da parte dell’équipe sanitaria. Questo implica una compartecipazione attiva del paziente e dei professionisti sanitari mettendo nuovamente al centro della relazione di cura i bisogni e i valori della persona.
L’articolo 2 “Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e dignità nella fase finale della vita” rimarca l’importanza del riconoscimento della cura del dolore e delle cure palliative, dove il dolore non è più valutato solo come sintomo, ma identificato esso stesso come patologia da trattare.
DAT, le disposizioni anticipate di trattamento
L’articolo 4 parla in maniera esplicita delle DAT (disposizioni anticipate di trattamento).
La legge, inoltre, prevede che le DAT possano essere revocate, in casi di emergenza-urgenza, anche con dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico con l’assistenza di due testimoni.
Le prospettive future saranno quelle di creare una banca dati nazionale e prevedere magari anche l’introduzione di alcuni formulari per far sì che il linguaggio si uniformi e sia facile ed immediato reperire tali informazioni di vitale importanza.
È importante ricordare che le DAT nascono in un momento della vita in cui si è in salute e vanno ad operare al sopraggiungere di uno stato di incoscienza; nel caso di insorgenza di conflitto tra fiduciario e medico la decisione viene rimessa al giudice tutelare.
Questa legge e le battaglie portate avanti dalle famiglie Welby, Englaro, Piludo, con il sostegno dell’Associazione Luca Coscioni e di Marco Cappato, rappresentano un atto civile e morale di doverosa importanza e sono espressione della vita di uno stato di diritto.
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