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L’Infermiere Tuttologo sta perdendo le proprie competenze?

di Rosario Scotto di Vetta

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PUGNOCHIUSO. Se proprio dobbiamo lanciare gli stracci per aria meglio lanciarli ora, poi probabilmente ci sarà modo di riordinarli in modo più appropriato e se – secondo il Prof. Cavicchi – un matrimonio per funzionare bisogna essere d’accordo in due, c’è chi pensa che forse oggi è meglio essere d’accordo in tre e con questo non si vuole dire che c’è una doppia figura.

Si parla di medico, infermiere e paziente. A differenza del medico e dell’infermiere al paziente interessa solo l’esito del trattamento o cura mentre per la figura medica e quella infermieristica esercitare nel bene del paziente è una questione etica e professionale.

 

Il profilo professionale del ’94 definisce che «... l’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria.» (art. 1.2) È venuta fuori questa figura dell’Infermiere che si occupa a 360° gradi di ogni ambito sanitario e clinico a differenza dei medici che sono specializzati in un unico ambito. Il nefrologo, si occupa delle patologie renali, l’epatologo di quelle del fegato, l’ortopedico delle "ossa". Noi a differenza loro siamo chiamati ad affrontare problemi di salute su qualsiasi ambito.

 

Nell’ambito della patologia diabetica esiste la figura del podologo. Quest’ultima ha una competenza specifica e viene chiamata dottoressa a differenza dell’infermiere e dà indicazioni molto precise sulla sua materia.  C’è il logopedista che anch’esso interviene su specifici casi. E l’infermiere? L’infermiere interviene solo per eseguire il test della deglutizione dell’acqua per valutare se il paziente, soprattutto nel caso sia un neuropatico o anziano, ha problemi di deglutizione.

 

Gli altri professionisti si sono appropriati di specificità e sono diventati dottori, sono specialisti, hanno delle competenze molto specifiche e noi infermieri che abbiamo sempre eseguito valutazioni specialistiche stiamo facendo in modo che gli altri si appropriano di determinate competenze invadendo le nostre.

 

Una frase ben nota espressa dall’attuale presidente della Federazione Ipasvi diceva: “Noi non dobbiamo essere più le braccia di un’altra mente pensante, ma le braccia della nostra mente pensante."  Qual’è il peccato di Adamo che non ci permette ancora di avere una nostra specificità ben precisa e di poter proteggere i nostri spazi e le nostre competenze?

 

L’infermiere ha una grande difficoltà relazionale e di cooperazione e condivisione di un determinato progetto collettivo. Addirittura oggi viviamo ancora il disagio della diagnosi. In un paese libero come l’Italia possiamo utilizzare la parola “diagnosi” per diagnosticare determinati tipi di problemi così come può farlo il meccanico, l’idraulico, l’elettricista. Perché qualcuno ci vuole vietare di formulare la diagnosi infermieristica ritenendo di esagerare?

 

L’articolo è un estratto del pensiero di un infermiere presente al convegno di Pugnochiuso durante l’agorà sulla “guerra” delle competenze. La riflessione è stata fatta a voce alta dalla platea e i quesiti sono stati rivolti ai vari presidenti IPASVI presenti sul palco. 

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