Nell’ambito della prima edizione, celebrata a cominciare da quest’anno, della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, l’Inail analizza gli infortuni lavorativi che derivano da aggressioni e minacce. Con una media di 2.500 casi annuali registrati nel settore della sanità e assistenza sociale, gli infortunati sono per quasi tre quarti donne, con il 64% accertato all’interno degli ospedali e delle case di cura, e l’80% nelle strutture di assistenza sociale. Particolarmente presi di mira gli infermieri, per i quali le aggressioni subite sarebbero circa 5.000 in un anno (spesso quelle verbali non sono denunciate), 13-14 al giorno in media. Ma le mancate denunce e gli episodi non rilevati attestano che il numero è sottostimato e in realtà le violenze, sia verbali sia fisiche, sono almeno 10-15 volte di più. La presidente della Fnopi, Mangiacavalli: Solo l’impegno comune può migliorare l’approccio al problema e garantire un ambiente di lavoro sicuro
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I numeri della Giornata nazionale contro la violenza sui sanitari
Secondo i calcoli Inail, in Italia ogni anno sono 5mila le aggressioni ai danni degli infermieri

A partire da oggi, sabato 12 marzo 2022, si celebrerà ogni anno in questa data la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari. Lo scorso 27 gennaio il ministro della Salute, Roberto Speranza – di concerto con il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e il ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa – ha firmato il decreto che indice l’appuntamento odierno (previsto dalla Legge n. 113 del 14 agosto 2020) nell’ambito del quale le Amministrazioni pubbliche, anche coordinandosi con gli enti e gli organismi preposti, organizzano una serie di iniziative di comunicazione per evidenziare l’importanza di diffondere una sana cultura di educazione e rispetto, che condanni ogni forma di violenza nei confronti dei sanitari.
Più infortunate le operatrici sanitarie
Così, in occasione di questa prima edizione della Giornata, l’Inail analizza gli infortuni lavorativi derivanti da aggressioni e minacce. Numeri che rendono meglio di ogni parola la portata del problema. Come rileva la Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, durante il quinquennio 2016-2020 sono stati oltre 12mila i casi di infortunio in occasione di lavoro accertati positivamente dall’Inail e codificati come violenze, aggressioni, minacce e similari perpetrate nei confronti del personale sanitario, con una media di circa 2.500 l’anno. Il 46% di tali infortuni è concentrato nel settore “assistenza sanitaria”, che include ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari, il 28% è stato riscontrato nei servizi di assistenza sociale residenziale (case di riposo, strutture di assistenza infermieristica, centri di accoglienza) e il restante 26% attiene al comparto assistenza sociale non residenziale. In rapporto al genere, gli infortunati sono per quasi tre quarti donne – dunque le più infortunate sono le operatrici sanitarie (in occasione dell’otto marzo, l’Inail ha rilasciato il Dossier donne 2022) – con il 64% accertato in ospedali e case di cura, e l’80% nelle strutture di assistenza sociale (residenziale e non).
Infermieri e Oss le categorie più colpite
Tecnici della salute: questa la categoria più colpita, in cui sono concentrati più di un terzo del totale dei casi. Si tratta in prevalenza di infermieri, ma anche di educatori professionali, di prassi impegnati in servizi educativi e riabilitativi con minori, tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, disabili, pazienti psichiatrici e anziani presso le strutture sanitarie o socio-educative. A seguire, con il 25% dei casi, sono gli operatori socio sanitari delle “professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali” e con il 15% le “professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati”, in particolar modo operatori socio-assistenziali e assistenti-accompagnatori per persone con disabilità. Più distaccati, con il 5% dei casi di aggressione in sanità, la categoria professionale dei medici, che – è opportuno precisarlo – non comprende all’interno dell’obbligo assicurativo Inail i sanitari generici di base e i liberi professionisti.
Fnopi: record di aggrediti tra gli infermieri
L’istituzione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari è stata salutata con favore dalle rappresentanze professionali e dalle parti sociali. A partire dalla Fnopi, che però si trova a dover ricordare che gli infermieri sono i professionisti del settore in assoluto più colpiti dagli atti di violenza. Dati alla mano, l’89% è stato vittima di violenza sul lavoro e nel 58% dei casi si è trattato di violenza fisica: hanno subito violenza in generale sul posto di lavoro circa 180mila infermieri e per oltre 100mila si è trattato di un’aggressione fisica. Di tutte le aggressioni al personale sanitario – ancora dati Inail – il 46% sono a infermieri (i primi professionisti a intercettare le persone che si rivolgono ai servizi, sia nel triage ospedaliero che a domicilio) e il 6% a medici.
Studio multicentrico sugli episodi di violenza
Quindi, calcola la Fnopi, le aggressioni a infermieri sarebbero circa 5.000 in un anno (spesso quelle verbali non vengono nemmeno denunciate), 13-14 al giorno in media. Ma le mancate denunce e gli episodi non rilevati attestano che il numero è sottostimato e le violenze (verbali e fisiche) sono almeno 10-15 volte più numerose. Ragione per cui, grazie al cofinanziamento della stessa Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, è stato realizzato da otto università italiane lo studio nazionale multicentrico sugli episodi di violenza rivolti agli infermieri sul posto di lavoro (“Violence occurrences against Italian nurses at the workplace: a national multicenter analytic observational study protocol”).
Dalla ricerca – i cui dati complessivi saranno presentati all’Osservatorio contro la violenza sul personale sanitario – emerge che oltre la metà (il 54,3%) ha segnalato l’episodio, ma chi non l’ha fatto (l’altra metà dei professionisti coinvolti) si è comportato così perché, nel 67% dei casi ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero ragione dell’episodio, nel 20% convinto che tanto non avrebbe ricevuto nessuna risposta da parte della struttura in cui lavora, il 19% ritiene che il rischio rappresenti una caratteristica attesa/accettata del lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire efficacemente questi episodi, senza doverli riferire.
Le conseguenze in un’aggressione ci sono sempre: il 24.8% degli infermieri che ha segnalato di aver subito violenza negli ultimi 12 mesi, riporta un danno fisico o psicologico, e per il 96.3% il danno è a livello psicologico, compromettendo spesso anche la qualità dell’assistenza. Il 10.8% dichiara poi che i danni fisici o psicologici hanno causato disabilità permanenti e modifiche delle responsabilità lavorative o inabilità al lavoro. Ciò nonostante la conseguenza professionale prevalente interessa morale ridotto (41%) e stress, esaurimento emotivo, burnout (33%).
Multifattoriali le cause del fenomeno
Spiega Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi: La prevenzione degli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari richiede che l’organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e ponga in essere le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi sanitari, incoraggi il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le forze dell’ordine o altri oggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie per eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari
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Le cause del fenomeno delle aggressioni contro gli infermieri sono multifattoriali e includono: carenza di personale, elevato carico di lavoro, tipologia di pazienti. I principali fattori di rischio sono negli atteggiamenti negativi dei pazienti nei confronti degli operatori, nelle aspettative dei familiari e nei lunghi tempi di attesa nelle zone di emergenza, che portano a danni fisici, ma anche disturbi psichici, negli operatori aggrediti. Contro la violenza ai danni dei sanitari, soprattutto nei confronti delle donne che nella professione infermieristica sono quasi il 77%, la Fnopi ha anche aderito alla campagna di sensibilizzazione e promozione della salute #lottocontrolaviolenza promossa da Federsanità nazionale, Asl Viterbo e associazione Juppiter, con il patrocinio di Anci nazionale. Nella certezza, chiosa Mangiacavalli, che solo l’impegno comune può migliorare l’approccio al problema e garantire un ambiente di lavoro sicuro
. Affinché sia il 12 marzo tutto l’anno.
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