L’esperienza di Federica, infermiera in un hospice, ci spiega il senso di una professione, che va svolta in équipe e che spesso trova il suo significato in un semplice sorriso.
Un sorriso cambia tutto
I raggi di sole e il suo bellissimo calore mi accompagnano a lavoro. Una di quelle giornate in cui sinceramente avrei rinunciato a mettere la divisa per andare a far una bella passeggiata al mare. Ma eccomi arrivata, passando davanti alle stanze mi accorgo che una stanza è vuota, quindi di conseguenza da lì a poco arriverà un nuovo ricovero. La collega mi chiama per dirmi che è appena arrivato. Entro in stanza, signora con un sorriso splendido, un particolare molto raro in questo reparto, e il mare negli occhi. Buonasera signora Stella, benvenuta tra noi, mi chiamo Federica
Bellezza, io sono Stella senza "signora", dammi del tu, che mangio stasera? Mica mi vieterai di mangiare figlia mia vero?
Ma scherziamo?. Mi dica cosa vuole e cercheremo di accontentarla in ogni modo
Figlia mia, ti ho detto che il mio nome è Stella, non parlarmi così. A Stella basta poco, il sorriso prima di tutto e questo non ti manca, il resto poi ci pensiamo
Nei suoi occhi splende il mare calmo e la dolcezza di una nonna pronta a darti un abbraccio senza nulla in cambio. Nel frattempo, cominciano ad arrivare i parenti. Spesso quando il paziente è molto anziano non è facile vedere molte persone che le fanno visita. Ma Stella è un dono per molte persone, in mezzo a tutte quelle persone una voce:
Posso? Piacere Adele, sono la figlia
Piacere Federica, se vuole le faccio vedere la struttura
Questo è un modo per avere un primo approccio con il parente. Fargli vivere gli ambienti della struttura fa crescere loro la consapevolezza che possono affidarsi a noi, équipe pronta a prendersi cura di quel paziente stanco dalla maledetta malattia.
Per qualche giorno Maria è stabile, riesce a controllare il dolore e a donare sorrisi a chiunque entra nella sua stanza.
Stella hai suonato? Che succede tesoro?
Mi mancavi!
Hai dolore?
No, no tranquilla tutto ok
. Mi stringe forte la mano. I suoi occhi non brillano della stessa luce, Adele la dolce figlia e la sua amica sono sedute sul divano.
Adele, uscite un attimo, controllo mamma
Certo Fede
Una volta uscite, mi metto seduta accanto a Stella.
Allora Stella, che succede? Si vede che hai dolore
Figlia mia, ma vedi come mi stanno tutti vicino?
Sì lo vedo e questo è il risultato di tutto l’amore che hai donato alle persone che hai incontrato nella tua vita. Ma tu non devi aver dolore, stai qui con noi proprio per non aver dolore
Sì hai ragione figlia mia, ma tanto che fine farò? Sto morendo, ma tranquilla non dire niente, loro stanno sempre con me, voi mi coccolate sempre, siete tutti angeli di Stella
Allora dillo all’angelo tuo, hai dolore?
Bhe sei furba allora. Sì un po’ sì, ma non voglio niente per adesso, quella figlia mia bella non è ancora pronta
In quelle poche frasi capisco che Stella resisteva al dolore per la propria bambina, perché per quanto Adele potesse avere un’età adulta, per Maria era sempre la sua bambina da proteggere. In una frazione di secondo provo a parlare con Adele fuori la stanza. Ha anche lei la stessa luce della mamma negli occhi. Maria le ha trasmesso la gioia di vivere.
Non riesco a capire quale possa essere il giusto modo per far comprendere ad Adele cosa sta facendo la mamma per lei. Ho la possibilità in quel momento di fare un passo indietro e chiedere aiuto.
In questo reparto non esistono solo la figura infermieristica e quella medica. Chiudi gli occhi un attimo, caro lettore, e proietta davanti a te una grande margherita. Colora ogni suo petalo con un colore accesso e diverso dall’altro. Nel centro, cuore del fiore, il nostro paziente, intorno ad esso quelle persone capaci di rendere unico il cuore del fiore: l’infermiere, il medico, lo psicologo, il familiare, il volontario, l’assistente sociale, il sostegno religioso. L’unione di tutte queste figure permette di realizzare un capolavoro intorno al paziente nei suoi ultimi giorni di vita.
Ecco in quel momento devo ricorrere ad uno dei petali accanto al mio. Chiamo la psicologa del reparto, le spiego la situazione e decidiamo insieme di chiamare la figlia in medicheria. La psicologa chiede ad Adele come sta e quali emozioni vivono in lei. Adele ci racconta quanto amore aveva donato la propria mamma a tanta gente nel proprio paese. Non si è mai tirata indietro in nulla. Donava amore e se stessa, senza chiedere nulla in cambio. Esco qualche minuto per lasciarle sole, poi rientro.
Fede?
Sì doc, dimmi
In caso di necessità, somministra la terapia al bisogno
Guardo Adele sorridendo e lei: Grazie Fede
. Ricorrere al petalo azzurro “psicologa” era stata la scelta giusta.
Adele si alza con gli occhi pieni di lacrime, si dirige verso la stanza della sua mamma. Le vado dietro, prima di entrare fa un respiro lunghissimo, si asciuga le lacrime, mi fa un sorriso, ed entriamo insieme.
Dove siete state?
Stavamo qui fuori a fare due chiacchiere, mamma
Si avvicina al suo letto, le stringe la mano e i loro dolci occhi si incrociano e nel silenzio risuona tanto amore.
Torno in medicheria con il cuore più leggero, non so cosa si sono dette Adele e la psicologa, ma Adele era serena e questo era l’obiettivo da raggiungere. Faccio un passo indietro: non ho trasmesso ad Adele la mia incapacità di gestire la situazione, ma semplicemente le ho trasmesso la possibilità di poter contare su tutta l’équipe presente in hospice.
Da quel giorno Maria piano piano lascia uscire la sua fragilità fisica, affidandosi alla propria bambina, senza paura di ferirla e affida la sua mano a noi, pronti ad accoglierla in un abbraccio d'amore. La donna dal sorriso splendido, pur dormendo riceve tantissime visite. Alle 20.30 arrivava puntuale una teglia di pizza e lei, assurdo che io lo dica, sorride nel sonno, come se percepisce tutto quello che gli sta accadendo intorno.
Smonto dal turno di notte, vado in camera a salutare Adele e mi dice: Lei ti aspetta, lo sai vero?
. Vedendo lo stato di peggioramento di Maria, penso che quando rientrerò dal riposo, probabilmente non la troverò in quel letto. Due giorni dopo, indosso la divisa e vedo Adele seduta sul divano del corridoio.
Te lo avevo detto tesoro, ti ha aspettata
Dopo due ore, Stella ci lascia nella pace più assoluta, accanto al sorriso di una grande figlia, la forza di un gruppo di amiche vere capaci di stare in silenzio accanto a quella figlia in preda a mille emozioni.
Il cuore comincia a impazzire, la divisa che porto mi chiede di trattenere quella lacrima che sta per scendere. Adele si gira con il suo splendido sorriso: Fede grazie, siete stati stupendi con mamma e io non lo dimenticherò mai
. Esco dalla stanza con la sola voglia di rilassarmi e fumarmi una sigaretta. Mi siedo fuori in giardino e nel cervello una sola domanda: Fede hai fatto tutto quello che potevi fare?
. Ed ecco una voce dietro di me: Fede, tutto apposto?
. Un sorriso, il ricordo di una scelta fatta e: Sì doc, abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare per la loro serenità
.
Figlia mia, basta poco. Inizia sempre da un sorriso
Federica, infermiera
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?