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L'intervista

Enrico Frisone: Infermieri nell'elenco DG, passo importante

di Mimma Sternativo

Un infermiere con tutte le carte in regola per diventare direttore di un'azienda ospedaliera o di una Usl. Enrico Frisone - infermiere e Direttore Socio Sanitario dell’Azienda Socio Sanitaria di Lecco - è nell'elenco del Ministero della Salute fra gli idonei al conferimento dell’incarico di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale. E non è l'unico infemiere: Scorrendo l'elenco, rispetto alle 1300 domande presentate - commenta Frisone - avere già qualche collega tra i 700 è una gran soddisfazione.

Direttori generali, Frisone: Infermieri in elenco una grande soddisfazione

enrico frisone

Enrico Frisone, infermiere nell'elenco nazionale degli idonei al coferimento dell'incarico di DG (foto Lecconline.com)

Il 12 febbraio scorso è stato pubblicato sul sito del Ministero della salute l’elenco nazionale degli idonei al conferimento dell’incarico di Direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale.

Ne abbiamo parlato con Enrico Frisone, infermiere e Direttore Socio Sanitario dell’Azienda Socio Sanitaria di Lecco.

Qual è la prima cosa che ti è venuta in mente quando hai letto il tuo nome in elenco?

Finalmente... finalmente, perché non sono solo, ma siamo già in quattro-cinque infermieri. Vorrà dire che qualora io o i miei colleghi riuscissimo a raggiungere l'apice delle direzioni generali libereremmo posti e saremmo più propensi ad aprire nuovi spazi a colleghi che possono sedersi nelle aree dei sociosanitari, anche se ahimè sono ancora poche le Regioni che prevedono questa possibilità a professioni non mediche. Però insomma questo è pur sempre un primo passo.

Grande novità nell’elenco, quindi, è proprio la presenza degli infermieri, tre dei quali in Lombardia. Questo cosa rappresenta per te e per gli infermieri italiani?

Scorrendo l'elenco, rispetto alle 1300 domande presentate, avere già qualche collega tra i 700 è una gran soddisfazione. Io guardo sempre il bicchiere mezzo pieno, forse perché dopo trent'anni di attività mi rendo conto che questo è senz'altro un risultato raggiunto, ma non deve essere il traguardo perché la battaglia più grande ancora è e rimane dare credibilità ad una professione che troppo spesso tende ad essere rivendicativa dal punto di vista lavorativo, ma poco affermativo dal punto di vista delle competenze professionali.

Non vorrei essere frainteso, ma credo che i risultati si raggiungano con i numeri, le competenze, a prescindere dal titolo di studio e la formazione acquisita. Quello che è importante fare, e ho visto fare, è il passaggio da una forma di contrapposizione verso alcune categorie professionali “altre” - come i medici - ad una forma di collaborazione e di rispetto delle reciproche competenze. La gente non ti riconosce più perché hai un titolo, ma per quello che effettivamente puoi rappresentare come valore aggiunto nel sistema. Se hai le competenze allora devi farle valere.

Non serve più la dirigenza in quanto tale, in quanto governance delle risorse umane: la dirigenza deve essere sfruttata con competenze manageriali per la governance di sistema. Quello che dovremmo fare è andare a presidiare tutti i posti possibili, anche andando a modificare alcune norme di selezione che attualmente prevedono l'esclusiva ad un'unica professione. Bisogna uscire dall'ospedale e dalla logica medico-centrica di cura per aprirsi nuovi spazi di gestione.

Nonostante negli ultimi anni ci sia stato un grande fervore professionale, almeno dal punto di vista legislativo, molti infermieri lamentano ancora situazioni di demansionamento e mancata autonomia rispetto alla figura del medico. Cosa ne pensi?

Mi rendo conto che c’è voglia di cambiamento. Come diceva Tosin, la nostra professione era ed è in continuo sviluppo professionale e chiede passo dopo passo il riconoscimento di alcune competenze. Abbiamo iniziato a parlare di competenze avanzate da almeno 7-8 anni.

Io vengo da una generazione che è riuscita ad abrogare il mansionario e non bisogna dimenticare che il passaggio culturale non deve essere fatto soltanto all'interno della professione, ma va trasmesso ed esplicitato anche nella società e piano piano far riconoscere le competenze specifiche infermieristiche, il suo valore che i vari organismi a loro volta dovranno tutelare e difendere. Il riconoscimento della professionalità è un percorso lento. Come dice Greenwood, uno degli elementi fondamentali è l'autorità professionale e questa passa anche attraverso il riconoscimento dalla comunità; per farlo devi far valere le tue competenze. Bisogna andare in mezzo alla gente, la territorialità sarà il futuro.

Beatrice Lorenzin ha dichiarato che con la formazione del primo elenco nazionale di idonei alla nomina di Direttore generale degli enti del Ssn si realizza una riforma epocale che ha l’obiettivo di riequilibrare i rapporti tra il vertice politico regionale e la governance delle aziende sanitarie, al fine di slegare, in particolare, la nomina dei direttori generali dalla “fiducia politica” per agganciarla a una valutazione di profilo esclusivamente tecnico. È davvero una svolta epocale?

Devo darti una risposta sincera. Perché la politica deve staccarsi dalla scelta delle competenze? Io ho e devo avere un riferimento verso la politica, ma è una politica non lobbistica o riferita alla singola azione di un partito. Politica intesa come “polis”. Chi è al governo nazionale e al governo regionale deve comunque predisporre dei piani nei quali sia organizzata al meglio l'assistenza piuttosto che la cura e per fare questo deve parlare, deve interagire con i manager, con dei tecnici che ne abbiano le competenze.

Per cui da una parte è perfettamente giusto che non siano più scelte legate alla politica, ma che vengano fatte scelte pescate in un contenitore di competenze. Competenze che sono miste: mediche, assistenziali, sociologiche, purché ci siano i requisiti di competenza generale e all'interno delle quali le singole Regioni potranno, attraverso i bandi, selezionare delle figure più vicine alla loro politica regionale.

La politica regionale ligure in questo momento ha delle esigenze e caratteristiche diverse da quelle della Lombardia, piuttosto che del Lazio. È giusto che in un contenitore grosso ci sia anche la politica che possa guardare a chi possa rispondere in quel momento alle esigenze particolari di quella regione.

Se quello che intendiamo togliere è l'ingerenza politica nel senso dispregiativo del termine, per cui chi decide politicamente la spartizione dei posti, che ben venga. In questo senso sì: è una scelta epocale.

Però è anche vero che la politica - che deve rispondere ai cittadini che hanno votato - deve avere la possibilità di scegliere manager competenti, ma soprattutto specifici per quel bisogno particolare.

In sintesi, diciamo che sono quasi d'accordo con la ministra, ma ricordiamoci che la politica ha una responsabilità. Che i politici facciano i politici e i tecnici facciano i tecnici, ecco questo intendo dire.

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