Questa è la strada da prendere se qualcosa dell'infermieristica ti ha toccata
Mi confessi che, dopotutto, se in così tanti dicono che non vale la pena essere infermieri allora deve essere vero .
Come stai oggi? Quali sono i tuoi pensieri - e quali le emozioni, i sentimenti, tutti gli indicibili moti dell’animo? Cosa ti riempie a tal punto da nasconderti a te stessa, mia cara? Cumuli di aspettative, ammassi di paure? Emendare.
Cosa richiede la tua presenza? Cosa ti chiama, da dentro, per avere un poco della tua preziosa attenzione - sorgente della cura? Ascolta. Renditi accogliente. Enigma pronuncia il tuo nome. Non sai. Non hai quasi le parole.
Troppo presto è giunto il tempo della scelta, mi dici . Troppo presto è morto ciò che ti era ormai stretto e famigliare, troppo presto si è squadernato il futuro, tutto il trambusto dell’animo dinanzi all’ignoto che porti con te e che ti attende - che ci attende tutti - un domani, tra un attimo soltanto. E troppo tardi - ma è mai troppo tardi? - hai scorto la necessità di guardarti dentro meglio, di iniziare un lavoro di conoscenza di sé, per compiere una scelta che sorgesse consapevolmente da ciò che custodisci, in modo enigmatico, in te.
Avresti voluto tardare, arrestare l’anno e metterlo a sedere insieme a te, pensosa come sei. Avresti voluto sfogliare il catalogo di possibilità con sufficiente calma, nel silenzio sensibile che ti contraddistingue. Scegliere e sentire il peso della scelta .
Non basta mai il tempo quando c’è una scelta di mezzo
Che fare, come fare, dove andare, con chi stare oppure no. Una domanda che hai tra labbra e meningi in questo ultimo periodo è: Che strada intraprendere concluse le scuole superiori?
Una risposta te la sei già data. Vuoi continuare a studiare. Mi hai parlato concretamente di voler entrare a Infermieristica , ma anche di come avevi adocchiato Medicina o Veterinaria in un passato non troppo lontano e di averle scartate ora come ora, per ragioni che non hai voluto rivelare troppo.
Hai visto lavorare qualche infermiere in Pronto soccorso e in emergenza territoriale durante la tua breve esperienza di volontaria in croce rossa italiana a bordo dei mezzi di soccorso e qualcosa ti ha toccata dentro, incuriosendoti.
Non sei però graniticamente sicura di voler lavorare, in futuro, in contesti di area critica, a differenza di quello che sembrano dimostrare altri tuoi coetanei, colleghi volontari, che proveranno come te la prova di ammissione il 5 settembre e che hanno già in mente, prima ancora di entrare alla facoltà e farne esperienza, di fare carriera nei contesti di emergenza-urgenza.
Il ruolo che ha l’infermiere nel processo di cura della persona: il tempo che passa fianco a fianco all’assistito, la relazione che instaura con lui, il suo prendersi cura. Questo ha impresso in te vedere un infermiere durante il suo lavoro. Non la diagnosi e la terapia di un medico, ma bensì l’assistere di un infermiere. A prescindere dal contesto di cura.
I tuoi ti propongono di rivedere la tua scelta, di optare per altre facoltà. Fanno pressioni per far sì che tu faccia il medico, ignorando le grandi criticità che anche la professione medica, i suoi lavoratori e studenti vivono quotidianamente, senza aver valutato le prospettive future - problematiche - che li attendono, al varco, un domani.
Intorno a te solo input scoraggianti riguardo la professione infermieristica e il lavorare in sanità: un paese e un sistema sanitario in profonda crisi, la carenza di personale e le condizioni di lavoro difficili, le tutele e i riconoscimenti stipendiali (ma non solo) che tardano da troppi anni ad arrivare, le violenze ai danni del personale sanitario in aumento , le grandi problematiche di salute che dovremmo affrontare negli anni a venire non solo come professionisti sanitari ma come umanità, la scarsa considerazione che gli altri attori in gioco hanno degli infermieri nel dibattito pubblico e politico e le testimonianze degli attuali infermieri che, nel loro comprensibile scoraggiamento di fronte a questo scenario, alle condizioni che vivono ogni giorno e a quelle che si prospettano per il futuro, sconsigliano ai giovani di percorrere la loro stessa strada professionale.
Le circostanze ti abbattono
Mi dici che non sai se possa essere la strada giusta. Mi confessi che, dopotutto, se in così tanti dicono che non vale la pena essere infermieri allora deve essere vero. Non ne vale la pena, deve essere necessariamente così. Non è conveniente spendersi - come infermieri, medici, professionisti sanitari - date le circostanze.
Tanti sono i problemi con cui dobbiamo confrontarci oggi, tanti saranno quelli con cui dovremo continuare a farlo un domani, indefiniti quelli nuovi che saremo chiamati - dalla realtà lavorativa, ma non solo - ad affrontare dopodomani.
Mi guardo. Queste condizioni, queste maledette circostanze in cui mi trovo, non possono parlare per me, non possono corrompere la mia parola e far vociare la mia coscienza come preferiscono.
Esse non possono essere - per necessità - sovrane di tutto ciò che, invece, è sovranamente mio: la mia ragione, il mio amore, il mio impegno, l’atto di donarmi, di spendermi senza garanzia, di scegliere incondizionatamente ascoltando davvero ciò che mi sussurra da dentro, di rispondere con le mie meditazioni, le mie parole e le mie azioni alla realtà, di comprendere che farmene di quello che sono nel contempo che la realtà tenta di fare lo stesso con me, con la vita che capita.
Se ho scelto in passato e continuo, oggi, a scegliere di studiare per essere infermiere, di lavorare come infermiere, non posso essere libero dalle condizioni sopracitate.
La mia libertà - se desidero intraprendere o continuare questo percorso - non è libertà dalle condizioni ma è libertà di prendere posizione nei confronti delle condizioni, di rispondere ad esse, di fare del mio meglio per rendermi migliore e rendere le cose un po’ migliori grazie a - e non solo nonostante - ciò che sono portato a vivere, ad affrontare ogni giorno, nell’esperienza di questa professione.
E ciò è incondizionato. Se desidero liberarmi dalle suddette condizioni, se non voglio essere preso dentro a questo specifico giogo, devo prendere la scelta comprensibile e legittima di non intraprendere o di abbandonare la professione, consapevole che troverò altrove altre condizioni - oggettivamente o soggettivamente migliori o peggiori - di cui non sarò comunque sovrano.
Non saremo mai liberi dalle condizioni e convincersi che esista un luogo e un tempo della vita e, in modo specifico, del lavoro scevro da esse in cui essere personalmente e professionalmente felici - se intendiamo, miseramente, la felicità come mera assenza di condizioni negative che impattano sulla nostra vita di persone e lavoratori e la presenza di quelle positive che ci facilitano l’esistenza - è illusorio.
La mia felicità e la mia infelicità non vivono, rispettivamente, nella presenza di condizioni convenienti o nella loro assenza. Esse vivono nella libertà o nella schiavitù - imputabili a me stesso - del mio principio interiore, di quella facoltà incondizionata che mi permette di far fronte al complesso della mia vita, di rispondere alla sua interrogazione.
Scegli, scommetti dunque
Qualcosa sussurra da dentro al contatto con la vita che ti è stata data, nell’attraversamento delle esperienze, nello sfiorarsi con l’Altro. Non si tratta di vocazione. Si tratta di un enigma. Qualcosa, facendo esperienza del mondo, ti ha toccata. Perché quel frammento di mondo si congiunge con un frammento del tuo animo? È vero oppure è stato solo un miraggio?
Non potrai mai saperlo teoricamente. Devi scommettere, gettarti nell’esperienza con tutta te stessa. Non capirai mai a priori se infermieristica è ciò in cui vuoi spenderti ma spendendoti come se infermieristica fosse la strada giusta comprenderai, giorno dopo giorno, se essa lo è per davvero.
Non c'è altra via per sfuggire all’immobilismo che una meticolosa valutazione aprioristica delle possibilità di scelta comporterebbe. Interrogarsi, certo. Ma per poi inevitabilmente scommettere, “come se”, agendo in modo conforme, rimanendo nella scelta presa per un tempo sufficientemente lungo.
Non c'è garanzia che dopo tanto tempo speso ed energie impiegate la scelta si riveli azzeccata - ovvero, che di questa scelta-scommessa fatta dalla te del passato tu sia, un giorno, grata - ma sono quasi certo, poiché ne ho fatto esperienza durante il mio anno di “pausa-di-riflessione” concluse le scuole superiori, che nella contemplazione pietrificata di tutte le strade potenzialmente percorribili non si ha modo di apprendere granché di nuovo su di sé e sulla direzione professionale che si vuole prendere per il proprio futuro.
Toccare con mano il percorso di studi, viverne il tirocinio. Fare esperienza diretta dei vari contesti in cui opera un infermiere, per comprendere pian piano cosa ti piace di più e cosa invece meno. Studiare le varie discipline che un professionista deve padroneggiare e scoprire per alcune di esse una passione, un maggiore interesse, una sorta di predisposizione rimasta a lungo ignota.
Confrontarsi con l’attrito, la fatica, dei tre anni. Questa è la strada da intraprendere se qualcosa dell'infermieristica ti ha toccata e vuoi accertarti di averci visto giusto. La via dell’azione che molla gli ormeggi del pensiero per solcare il mondo e tutta la sua incertezza, la sua essenziale avventura priva di qualsivoglia garanzia.
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