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Mobbing al corso di laurea in infermieristica

di Paola Botte

Claudia è una giovane donna di ventidue anni e il 2017 avrebbe dovuto essere per lei l'anno della svolta. Quello in cui avrebbe realizzato il sogno di una vita: lavorare come infermiera. E invece, seppure nell'ambito sanitario, da quest'anno lei lavorerà come OSS, solo perché qualcuno ha deciso di tagliarle le ali. Senza farsi troppe domande, senza scrupoli e probabilmente senza motivo.

La storia di Claudia e di decine di altri studenti infermieri

Claudia sogna ancora di diventare infermiera

Claudia è un nome inventato, sebbene la sua storia sia reale, ed è anche il nome di alcuni studenti del corso di laurea in infermieristica di una nota università della Lombardia, che sono state vittime di mobbing da parte degli insegnanti.

Tutto inizia nel 2013 quando, appena diplomata in scienze sociali, la ragazza decide di iscriversi all'università. Il primo anno passa liscio come l'olio. Voti alti, tirocinio superato con il massimo dei voti e la voglia di imparare che cresce.

Nel 2015, anno in cui frequenta il secondo anno, iniziano i problemi. Le difficoltà non riguardano il reparto, dove, al contrario, tutti, pazienti, tutor e coordinatrice, la apprezzano per le sue capacità di apprendimento e manualità, bensì il momento degli esami. Il piano assistenziale infermieristico che Claudia aveva preparato con tanto impegno è valutato negativamente dalla sua docente e la ragazza viene inspiegabilmente bocciata.

Nel frattempo, mentre gli esami delle altre materie procedono bene, a Claudia consigliano di frequentare dei laboratori di correzione dei piani infermieristici. Corsi mirati ad aiutare quegli studenti che hanno delle lacune. Lei decide di frequentarli tutti, sperando di capire dove aveva sbagliato.

Anche nei laboratori, Claudia ottiene ottimi risultati e così inizia il tirocinio di recupero con la certezza che questa volta l'avrebbe superato. Alla fine delle ore previste, sfidando il tempo, presenta tre piani infermieristici: il primo di prova (facoltativo), il secondo per la valutazione del tirocinio e il terzo per l'esame.

Devo chiederti scusa. Abbiamo sbagliato a bocciarti, ma errare è umano

Il primo piano assistenziale va bene, al punto che la docente che l'aveva bocciata, presentandosi in reparto dove Claudia stava frequentando il tirocinio, davanti alla sua tutor e alla caposala, le dice questa frase.

Queste parole, però, lasciano tutti perplessi, soprattutto la ragazza, che a causa di quell'errore ha perso soldi e un anno di lavoro. Se da una parte l'amarezza è tanta, dall'altra Claudia si sente sollevata perché vuol dire che finalmente riuscirà a superare il secondo anno.

A marzo arriva il tanto atteso giorno dell'esito della valutazione del secondo piano infermieristico. Senza dirle neanche il voto, la stessa docente che appena una settimana prima le aveva fatto i complimenti, la boccia di nuovo giustificandosi così:

Sappi che non ti stiamo bocciando per le tue lacune, perché sappiamo che sei preparata, ma perché ti manca...

E la frase finisce lì. Claudia non ha mai saputo cosa che le mancasse, perché anche dopo averlo chiesto nessuno le ha saputo dare una risposta.

In un momento in cui altre persone forse si sarebbero arrese, Claudia decide di fare un ultimo tentativo. Frequenta altri dieci giorni di tirocinio, prepara insieme alla sua collega di corso e migliore amica che ha sempre superato gli esami e i tirocini con il massimo dei voti, un nuovo piano infermieristico. Si presenta di nuovo all'esame e, per la terza volta, la stessa docente la boccia.

Questa è stata per Claudia la prova del nove. Il problema non era lei, non era il suo metodo di studi né i piani che preparava. Il problema era la docente che non si sa bene per quale motivo aveva alzato una barriera nei confronti di questa ragazza e che, a sentire Claudia, fuori dalle quattro mura scolastiche le avrebbe fatto capire che forse era il caso di cambiare università, perché lì non sarebbe mai riuscita a laurearsi.

Sarà vero? Sarà un vero caso di mobbing in ambito sanitario? Non lo sapremo mai. Una cosa è certa. La docente ha tenuto un atteggiamento ambiguo nei confronti di Claudia e altri suoi colleghi che oggi si ritrovano a lavorare come baby-sitter, baristi, commessi e con un sogno nel cassetto che forse non riusciranno mai più ad aprire.

Perché intanto il tempo passa e non tutti i giovani o le famiglie hanno la possibilità economica di mantenersi agli studi per un tempo prolungato. Figuriamoci per sopperire agli errori degli altri. E questo è stato il motivo che ha spinto Claudia a frequentare a fine 2016 il corso per OSS.

Claudia spera di mettere qualche soldo da parte e ricominciare a studiare. Non sa ancora se ricominciare infermieristica da un'altra parte o se dedicarsi completamente ad altro. Sicuramente ha perduto i migliori anni della sua vita e la cosa più grave è che nessuno glieli ridarà.

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Commenti (3)

Tania Russo

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1 commenti

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#3

Buongiorno, sono Tania rappresentante di corso infermieristica e dipartimento di medicina di una università lombarda. Vorrei che chiedeste alla ragazza se volesse interagire con me per sapere se questi problemi li ha avuti nel nostro ateneo e nel caso per poterci lavorare. Sono anche disponibile a metterla in contatto con altri rappresentanti degli altri atenei qualora non fosse il mio.
Ahimè queste storie sono all'ordine del giorno e vorremmo davvero riuscire a fare qualcosa in merito.
Grazie

FrenkiDePassio

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3 commenti

Hello!

#2

Classe storia!

Cori Giannini

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1 commenti

Niente di nuovo per chi l'ha vissuto o ne è almeno testimone

#1

Una storia che non mi sorprende per niente, purtroppo ne ho voste tante di ragazze come Claudia o che anche senza mollare hanno concluso una laurea triennale in sei anni a causa di queste ingiustizie. Un tema molto importante che sarebbe opportuno approfondire per dare una svolta a questa realtà dove l' Istituzione Università ha poco controllo sulle singole sedi dove si realizza il corso di laurea.