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Wound Care

Malignant Fungating Wounds: lesioni non-healing

di Redazione

Le Fungating Wounds sono lesioni cancerose che coinvolgono la pelle che possono manifestarsi in seguito a tumori primari o metastasi cutanee. Sono generalmente considerate lesioni croniche per cui la guarigione è molto difficile da raggiungere e si tende quindi a marginare e controllare i sintomi che influenzano in maniera negativa la qualità della vita del paziente in ogni aspetto della sua individualità.

Lesioni maligne cutanee: cosa sono e come gestirle

Le Malignant Fungating Wounds sono definite dal British Columbia Cancer Agency (2001) come una lesione cancerosa che coinvolge la pelle, che è aperta e può essere secernente. La lesione può essere il risultato di un tumore primario o di una metastasi cutanea da un tumore locale o da un tumore in un sito più distante. Può assumere la forma di una cavità, un'area aperta sulla superficie della pelle, noduli cutanei o crescita nodulare che si estende sulla superficie della pelle.

Le lesioni maligne possono suddividersi in quattro classi: nodulari, vegetanti, ulcere maligne o altre (zosteriformi e miste).

Sono classificate come lesioni non healing (non guaribili) anche se, in alcuni casi, è possibile ottenere una quasi totale riduzione della lesione stessa e dei sintomi ad essa correlati; in molti altri, invece, l'obiettivo è strettamente palliativo e di supporto psicologico al paziente e al caregiver.

Segni, sintomi e trattamento delle Fungating Wounds

Il trattamento della lesione oncologica, essendo questa cronica e non-healing, non mira alla guarigione ma al trattamento della sintomatologia e di conseguenza al miglioramento della qualità della vita del paziente. Pertanto in questo contesto, le classiche linee guida sul trattamento delle lesioni croniche devono essere modificate e personalizzate in base agli obiettivi prefissati nel piano di cura del paziente. 


Le difficoltà infermieristiche sono correlate alla scelta della medicazione da applicare, la quale diventa un processo mirato al compromesso tra il paziente e l'infermiere.

Quest'ultimo, infatti, deve tenere in considerazione il confort e lo stile di vita del paziente sapendo che la maggior parte delle Fungating Wounds sono piuttosto invadenti e situate in zone anatomiche scomode.

Odore e infezione

Il cattivo odore di una lesione oncologica è causato dai prodotti del metabolismo batterico in presenza di infezione e di tessuto necrotico e/o fibrinoso.

È necessario applicare i principi della Wound Bed Preparation partendo da una corretta detersione del letto della lesione con soluzione salina al 0.9% a 37°C irrigando a basse pressioni, utilizzando una siringa da 35-cc e un ago o cannula da 19-gauge, così da evitare traumatismi del tessuto e permettendo, nel contempo, una corretta rimozione del tessuto fibrinoso o slough presente.

Utilizzare medicazioni a base di ioni di argento a lento rilascio, come idrofibra o alginato di calcio, ma è necessario controllare bene la sintomatologia: possono presentarsi, infatti, casi di ipersensibilizzazione all'argento che rischiano di compromettere la lesione. 


Compresse a base di carbone attivo, associato o meno a ioni argento, si sono rivelate utili per il controllo dell'odore e dell'essudato, necessitando però di un cambio frequente dato che, una volta satura, la medicazione perde la capacità di controllo dell'odore. Rimangono comunque un'ottima soluzione in caso di scarso essudato o di pazienti autonomi e istruiti alla gestione e al cambio delle medicazioni al domicilio.


La letteratura è concorde nell'indicare come miglior mezzo per combattere l'odore e la carica batterica, l'utilizzo del metronidazolo gel allo 0.75% associato ad idrofibra con ioni argento. È consigliata, come uso off-label, anche la diluizione di compresse di metronidazolo in acqua sterile con concentrazioni efficaci di principio attivo di 5mg/cc o 10mg/cc; ancora è possibile utilizzare il metronidazolo in soluzione iniettabile bagnando delle garze e applicandole direttamente sulla lesione.

Essudato: la gestione

La presenza di colonizzazione batterica nella lesione provoca, oltre ad un cattivo odore, anche un'abbondante essudato che deve essere drenato e assorbito per non provocare ulteriore macerazione e danno al fondo della lesione stessa.


Soprattutto nelle estese lesioni mammarie bilaterali che, in alcuni casi, invadono anche la zona ascellare e costale laterale, la scelta della medicazione risulta fondamentale e strategica per garantire alla paziente la maggiore autonomia di movimento e il maggior confort possibile

La medicazione secondaria deve necessariamente avere caratteristiche assorbenti, ricoprire l'intera lesione senza andare a coprire eccessivamente la cute perilesionale che altrimenti verrebbe resa umida dall'essudato assorbito e quindi sarebbe soggetta più facilmente a macerazione e, inoltre, dovrebbe essere adesiva ma non traumatica soprattutto nella rimozione.

A questo scopo è possibile utilizzare film semi-permeabili che aderiscono bene alla cute e non contengono colle che lasciano residui, pertanto la loro rimozione è tra le più sicure e sono performanti. Non lasciano, inoltre, passare i liquidi ma permettono comunque il passaggio dell'aria così da non creare occlusività la quale potrebbe far macerare la lesione; al contempo mantengono un ambiente umido utile alla rigenerazione epiteliale della lesione secondo la teoria del Moist Wound Healing di George Winter.


Si sono rivelate utili ai fini dell'assorbimento dell'essudato medicazioni come idrofibre, alginati, schiume e garze interfacciate sempre con una medicazione primaria non aderente che permetta una facile rimozione senza traumatismi. 


Sono utili a questo scopo creme barriera (ossido di zinco), gel e creme filmanti come quelle utilizzate per la protezione della cute peristomale. Quest'ultime facilitano anche l'adesività della medicazione secondaria scelta per il caso.

Sanguinamenti: prevenzione e controllo

Circa il 4% delle Fungating Wounds va incontro a sanguinamento. Le lesioni neoplastiche cutanee sono molto vascolarizzate, caratteristica che, unita alla friabilità dei tessuti e ai difetti della coagulazione relativi alla patologia o ai farmaci assunti, fa si che il sanguinamento diventi il sintomo più rischioso per la vita del paziente.

Nei casi più gravi può presentarsi spontaneamente in seguito al processo di crescita tumorale e relativa erosione dei tessuti. In altri può essere procedurale, quindi legato alla tipologia di medicazione applicata ma soprattutto correlato al momento della rimozione della medicazione.

Per questo motivo è sempre necessario inumidire con soluzione salina 0.9% a 37°C la medicazione primaria, anche se non eccessivamente adesa, poiché la rimozione forzata e l'utilizzo di pinze e strumenti contundenti da un lato può favorire il debridement del letto della lesione, ma dall'altro aumenta drasticamente il rischio di sanguinamento. 


La prevenzione è il miglior modo per controllare il sanguinamento

Nei casi di erosione dei tessuti vascolari e sanguinamento spontaneo è necessario collaborare con il medico oncologo del paziente così da pianificare un piano terapeutico finalizzato ad accentuare i processi coagulativi tramite l'uso di antifibrinolitici o radioterapia locale.


È possibile utilizzare anche applicazioni locali di epinefrina 1:1000 che controlla molto bene il sanguinamento, ma se ne deve fare un uso moderato perché, provocando vasocostrizione locale, si può incorrere al rischio di ischemia della lesione.
 Per prevenire il sanguinamento risulta essere necessario, quindi, utilizzare sempre un'interfaccia che mantenga umido il fondo della lesione, come una garza grassa o siliconata, così da rendere atraumatica la rimozione della medicazione stessa. 


Un altro approccio più radicale e decisivo consiste nell'embolizzazione trans catetere delle arterie che irrorano il tumore tramite l'iniezione di agenti embolizzanti o chemioterapici. Questo approccio deve però essere commisurato agli obiettivi di cura, alla grandezza della lesione e all'entità del rischio emorragico. 


Articolo a cura di Valeria Sofia

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