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Infermiera

Diffamata a Vicenza: Condanna a 6 mesi per la showgirl

di Giacomo Sebastiano Canova

La vicentina Michela Morellato, già nota alla cronaca locale per aver pubblicamente denunciato nel 2005 le avances del giornalista Rai Amedeo Goria, è stata condannata in primo grado per la pubblicazione di un video su Facebook in cui insulta l’infermiera del Centro unico prenotazioni, rea secondo lei di averle erogato un ticket più elevato rispetto al dovuto.

La showgirl all'infermiera: Mela marcia. Condannata per diffamazione

michela morellato

La showgirl Michela Morellato, condannata per diffamazione, ha annunciato il ricorso in appello

I fatti risalgono al 2 luglio 2015, giorno in cui la Morellato si era recata presso il Centro unico di prenotazione (CUP) dell’ospedale “S. Bortolo” di Vicenza per ritirare l’esito di un esame e pagare la relativa prestazione.

Il ticket erogato, però, era più elevato rispetto a quanto le era stato comunicato in ambulatorio (480 euro anziché 411), facendo così scattare l’ira della vicentina. I toni della discussione con l’infermiera si alzarono talmente tanto che ad un certo punto la Morellato estrasse il cellulare e filmò il tutto.

Il video, però, non rimase all’interno del suo dispositivo, ma venne postato su Facebook e su un sito di informazione locale. I contenuti di tale filmato lasciano ben pochi dubbi, in quanto la Morellato, davanti a tutte le persone presenti al CUP, si rivolse nei confronti dell’infermiera dicendo che non aveva voglia di lavorare e insinuando che volesse appropriarsi dei soldi. In tale video, inoltre, la dipendente era definita mela marcia, mezzacalzetta, concludendo con se non avete voglia di lavorare state a casa e lasciate il posto a chi può essere più competente.

La denuncia e la condanna in primo grado

L’infermiera del CUP, visto il video, ha presentato ben 5 denunce nei confronti della Morellato le quali comportarono, oltre alla raccolta delle testimonianze dei presenti, anche al sequestro del cellulare attraverso il quale il video venne registrato.

Faccio questo lavoro da 32 anni e sono convinta che umiltà ed educazione portino lontano, al contrario di arroganza e aggressività. Quando ci sono divergenze basta parlarsi. Quelle accuse mi hanno fatto male. Il giudice mi ha dato prova che il mio modo di vivere e di comportarmi è corretto

Si arriva dunque al dibattimento in aula, dove la vicentina si difende facendo leva sull’allora suo stato di gravidanza a rischio, sostenendo che non era giusto trattare in quel modo una donna in dolce attesa. Nonostante ciò, il giudice Chiara Cuzzi l’ha ritenuta colpevole di diffamazione aggravata, condannandola a sei mesi di reclusione (sospesi con la condizionale) e a un risarcimento dei danni pari a 3 mila euro, oltre ad altri 2 mila di spese legali.

Intervistata dal Giornale di Vicenza, l’infermiera si ritiene soddisfatta per l’esito della vicenda: Faccio questo lavoro da 32 anni e sono convinta che umiltà ed educazione portino lontano, al contrario di arroganza e aggressività. Quando ci sono divergenze basta parlarsi. Quelle accuse mi hanno fatto male. Il giudice mi ha dato prova che il mio modo di vivere e di comportarmi è corretto.

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