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Niguarda, infermiera si riforniva di fentanyl in reparto

di Redazione Roma

Furti di farmaci oppioidi dalla cassaforte farmaceutica: le indagini incastrano la donna, che era arrivata a consumare fino a 12 dosi al giorno del farmaco. L’ospedale l’ha sospesa e ha avviato l’iter per le procedure disciplinari. Il consigliere regionale Mammì: Tutelare i sanitari con adeguata sorveglianza.

Infermiera rubava fentanyl in reparto, incastrata dalle indagini

L'infermiera è indagata per peculato e possesso di stupefacenti

Un’infermiera in servizio fino a due mesi fa presso l’ospedale Niguarda di Milano è stata indagata per peculato e possesso di stupefacente. Sarebbe stata lei, infatti, quando ancora era al proprio posto di lavoro, a sottrarre da una cassaforte per i farmaci un potente oppioide, il fentanyl.

L'infermiera avrebbe sviluppato – al pari di migliaia di altre persone, in particolare modo negli Stati Uniti – una sorta di dipendenza dall’oppioide, giungendo a consumarne fino a 12 dosi giornaliere (un quantitativo potenzialmente letale). E i furti del farmaco sarebbero legati, appunto, alla sua dipendenza.

Ma che cos’è il fentanyl? È un oppioide sintetico, un antidolorifico assai potente – sintetizzato per la prima volta nel 1960 da Paul Janssen – al quale si ricorre per la gestione del dolore, soprattutto quello oncologico, mentre in combinazione con altre sostanze viene usato per l’anestesia. Il suo uso medicale è approvato previa prescrizione medica e rigido controllo sanitario.

Ed ecco che una boccetta di fentanyl fuori posto (avrebbe certamente dovuto trovarsi in cassaforte), lasciata lì – non del tutto celata – tra gli oggetti del reparto, fa scattare l’allerta. Anche perché stiamo parlando del medicinale maggiormente utilizzato all’interno del mercato illegale a scopo stupefacente (nel dark web il fentanyl illegale viene venduto a 8 dollari al grammo), ragione per cui negli ospedali è previsto che ogni singolo lotto non solo risulti tracciato, ma venga conservato con il massimo livello di sicurezza all’interno della cassaforte farmaceutica.

I dirigenti medici del Niguarda vengono informati dell’accaduto e in principio il caso viene rubricato a una “semplice” dimenticanza. Ma a seguito delle insistenze del personale – corroborate dal ritrovamento di siringhe abbandonate quando l’infermiera era di turno – scatta la verifica interna e ben presto si capisce che non si tratta di errore umano. La seguente denuncia permette alla polizia di ricostruire il “percorso” del fentanyl e di arrivare all’infermiera, nella cui abitazione viene trovata un’altra boccetta del farmaco. A quel punto la donna non può fare altro che confessare la sua schiavitù dall’oppioide – confermata anche dal marito – con l’ospedale che la sospende e avvia l’iter per le procedure disciplinari.

Sulla vicenda è intervenuto Gregorio Mammì, consigliere regionale pentastellato in Lombardia: L’indagine che interessa il Niguarda va inserita in quadro più ampio che rende fondamentale una riflessione da parte di Regione sull’implementazione dei sistemi di tracciamento dei farmaci, anche sfruttando le potenzialità della cartella clinica elettronica. Allo stesso tempo, però, non è sufficiente tracciare i farmaci – prosegue Mammì – ed è indispensabile tutelare i professionisti sanitari con un’adeguata sorveglianza sulle condizioni di lavoro per evitare problemi connessi allo stress e al burnout lavorativo.

Giornalista
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