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Sindaci dal prefetto per carenza infermieri nelle Rsa

di Redazione Roma

È quanto accade nella Marca Trevigiana, dove i primi cittadini del territorio, insieme ai presidenti e ai direttori dei 54 centri servizi della Provincia, chiedono che venga prorogata al 2023 la possibilità di assumere infermieri (ma anche Oss) extra Ue. La carenza di operatori nelle Rsa si è ulteriormente aggravata.

Carenza infermieri, è emergenza nelle RSA venete

Prorogare al 31 dicembre 2023 la possibilità per le Rsa di assumere infermieri provenienti dai paesi extra Unione europea. Ad oggi, infatti, il governo non ha approvato la proroga alla scadenza del prossimo 31 dicembre, non considerando del tutto la carenza di personale sanitario, già lampante nel periodo che ha preceduto l’emergenza e ulteriormente aggravatasi a seguito del Covid-19.

Una carenza dovuta parzialmente al turnover per dei pensionamenti e in parte alle assunzioni di un rilevante numero di infermieri, numerosi dei quali provenienti dai centri di servizi per anziani non autosufficienti, da parte delle Ulss a seguito dei concorsi di Azienda Zero (Regione Veneto). Parole dei sindaci della Marca Trevigiana che – insieme ai presidenti e ai direttori dei 54 centri servizi della Provincia – hanno espresso nel corso di un incontro con il prefetto di Treviso, Maria Rosaria Laganà. Alla quale hanno illustrato (appunto) i problemi dovuti alla carenza di personale infermieristico, che sta ponendo in serie difficoltà le residenze sanitarie assistenziali.

Da qui la richiesta iniziale relativa alle assunzioni in deroga, ovvero di personale sanitario non appartenente all’Ue che sia iscritto, nello Stato di provenienza, all’albo delle professioni sanitarie, con permesso di soggiorno per lavoro, per figure di infermieri e oss presso strutture pubbliche e private accreditate. L’istanza nasce dalla profonda mancanza di infermieri nelle strutture della Marca (ma il problema riguarda l’intero paese).

Meglio, riprendendo quando affermato durante l’incontro, per sopperire alla grave carenza di personale sanitario e sociosanitario che si riscontra soprattutto nelle Rsa e nelle strutture analoghe. È stato poi puntualizzato che il percorso formativo per accedere alla professione di infermiere prevede una laurea triennale il cui accesso è a numero chiuso: per l’anno accademico 2020/2021 sono stati messi a disposizione 16.013 posti – esclusi quelli da ostetrica e infermiere pediatrico – a fronte, di una carenza di 63.000 unità. Numeri tutt’altro che confortanti. Incalzando: È basilare l’avvio di un’interlocuzione con la prefettura, l’ispettorato del lavoro e la questura per individuare la procedura che garantisca il veloce rilascio del nulla osta propedeutico al rilascio del permesso di soggiorno, per l’accoglimento di infermieri provenienti da paesi extracomunitari.

S.o.s. infermieri nelle Rsa venete, dunque. La carenza di operatori sanitari nelle residenze sanitarie assistenziali del territorio continua ad avvertirsi. Eccome. A metà luglio, accogliendo la proposta dell’assessore regionale alla sanità e ai servizi sociali, Manuela Lanzarin, la giunta regionale ha approvato una delibera che autorizza le Ulss ad assegnare, temporaneamente, il proprio personale infermieristico a supporto delle Rsa. Si fa riferimento a 450/500 unità, che dunque seguirebbero – certamente in modo provvisorio – il percorso inverso rispetto all’esodo dei numerosi infermieri “in fuga” dalle strutture. Un’iniziativa, questa, che trova (parzialmente) d’accordo il segretario della Cgil Funzione pubblica del Veneto, Stefano Bagnara. Rimane il fatto che un intervento del genere non può che essere temporaneo e legato alla situazione emergenziale, utile probabilmente a limitare in piccola parte la problematica, le sue parole.

Giornalista
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