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Patologia

Ictus Cerebrale, tipologie e caratteristiche

di Marco Alaimo

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L’ictus è una delle patologie più invalidanti e riconoscerne precocemente i segni e i sintomi può agevolare l’intervento in acuzie e ridurre i danni a medio e lungo termine. In quest’ottica l’intervento assistenziale dell’Infermiere può fare la differenza. L’ictus cerebrale si verifica quando un coagulo di sangue blocca un’arteria cerebrale o quando un’arteria del cervello viene danneggiata e si rompe, provocando interruzione dell’apporto di sangue ossigenato nell’area cerebrale.

Ogni anno 200.000 casi d'ictus in Italia

L'Ictus colpisce in Italia mediamente 200.000 pazienti

L’ictus cerebrale prende il nome da un termine latino che significa “colpo” (in inglese “stroke”). Insorge, infatti, in maniera improvvisa: una persona in pieno benessere può accusare sintomi tipici che possono essere transitori, restare costanti o peggiorare nelle ore successive.

Quando si verifica un’interruzione dell’apporto di sangue ossigenato in un’area del cervello, si determina la morte delle cellule cerebrali di quell’area. Di conseguenza, le funzioni cerebrali controllate da quell’area (che possono riguardare il movimento di un braccio o di una gamba, il linguaggio, la vista, l’udito o altro) vengono perse.

L’ictus cerebrale in Italia è la terza causa di morte, dopo le malattie ischemiche del cuore e le neoplasie; causa il 10-12% di tutti i decessi per anno e rappresenta la prima causa di invalidità. Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000 ictus, di cui l’80% sono nuovi episodi e il 20% recidive, che riguardano soggetti precedentemente colpiti.

Il 10-20% delle persone colpite da ictus cerebrale muore entro un mese e un altro 10% entro il primo anno di vita. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, mentre il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza.

Il fenomeno è in costante crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione, inoltre si stima che l’evoluzione demografica porterà in Italia, se l’incidenza rimanesse costante, un aumento dei casi di ictus fino a 210.000 nel 2020.

L’ictus cerebrale è più frequente dopo i 55 anni, la sua prevalenza raddoppia successivamente ad ogni decade; il 75% degli ictus si verifica nelle persone con più di 65 anni. La prevalenza di ictus nelle persone di età 65-84 anni è del 6,5% (negli uomini 7,4%, nelle donne 5,9%).

Le diverse tipologie di Ictus

ictus ischemico: si verifica quando le arterie cerebrali vengono ostruite dalla graduale formazione di una placca aterosclerotica e/o da un coagulo di sangue, che si forma sopra la placca arteriosclerotica (ictus trombotico) o che proviene dal cuore o da un altro distretto vascolare (ictus trombo-embolico), circa l’80% di tutti gli ictus è ischemico;

ictus emorragico: si verifica quando un’arteria del cervello si rompe, provocando così un’emorragia intracerebrale non traumatica (questa forma rappresenta il 13% di tutti gli ictus) o caratterizzata dalla presenza di sangue nello spazio sub-aracnoideo (l’aracnoide è una membrana protettiva del cervello; questa forma rappresenta circa il 3% di tutti gli ictus). L’ipertensione è quasi sempre la causa di questa forma gravissima di ictus;

attacco ischemico transitorio (TIA): si differenzia dall’ictus ischemico per la minore durata dei sintomi (inferiore alle 24 ore, anche se nella maggior parte dei casi il TIA dura pochi minuti, dai 5 ai 30). Si stima che il 40% delle persone che presenta un TIA, in futuro andrà incontro ad un ictus vero e proprio.

Prevenire è meglio che curare

Molto chiaro il messaggio in cui si dice che una buona percentuale di Ictus possono essere evitati e che è possibile ridurre il rischio di ictus seguendo alcuni semplici consigli:

  • smettere di fumare: è molto importante, perché il fumo raddoppia il rischio di ictus (il fumo facilita la formazione di placche aterosclerotiche, danneggia le pareti dei vasi, facilita l’aggregazione piastrinica);
  • seguire un’alimentazione sana: l’alimentazione deve essere varia ed equilibrata; non superare i 5 grammi di sale al giorno; limitare il consumo di grassi, in particolare colesterolo e grassi saturi, limitare il consumo di dolci; assicurare un adeguato apporto di fibre attraverso il consumo di cereali integrali (pane, pasta e riso) e legumi;
  • fare esercizio fisico regolare: almeno 30 minuti, tutti i giorni;
  • cercare di controllare il peso: in caso di sovrappeso, riducendo la quantità di cibo consumata quotidianamente e aumentando la regolare attività fisica;
  • non eccedere con le bevande alcoliche;
  • controllare la pressione arteriosa regolarmente (se non si è ipertesi, va controllata almeno una volta l’anno), visto che l’ipertensione rappresenta uno dei principali fattori di rischio per ictus. L’obiettivo da raggiungere è una pressione inferiore a 140/90 mmHg;
  • controllare il polso e, se si ha la sensazione che sia irregolare, parlarne con il proprio medico curante;
  • controllare i valori di colesterolemia totale, LDL, trigliceridemia, glicemia, ricordando che i fattori di rischio sono modificabili attraverso un sano stile di vita e se necessario una adeguata terapia farmacologica, che va protratta per tutta la vita, seguendo le indicazioni del proprio medico curante.

Ictus e fibrillazione atriale

Un altro legame ancora troppo poco conosciuto e trascurato è proprio quello tra ictus e fibrillazione atriale.

A chiarirci le idee è il Prof. Francesco Perticone, ordinario di Medicina interna presso l’Università Magna Grecia di Catanzaro e presidente della Società italiana di Medicina Interna (SIMI) che produrrà a breve un documento prodotto da un tavolo interdisciplinare. Anche in questo caso si viene a sottolineare l’importanza della prevenzione e del legame tra queste due patologie con campagne di screening mirate alla sensibilizzazione della popolazione, definizione di percorsi formativi per potenziare l’appropriatezza terapeutica, sviluppo di modelli di reti hub-spoke delle stroke unit, con il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni pazienti e, infine, una regia nazionale che dia indicazioni precise e omogenee su tutto il territorio nazionale.

Purtroppo si denuncia la scarsa percezione, anche dei medici, della relazione tra fibrillazione atriale e ictus; sembra che nel nostro paese, circa 36mila dei 200mila casi di ictus ogni anno siano imputabili alla fibrillazione atriale e si stima che nel corso della vita circa 1 persona su 3 affetta da fibrillazione atriale vada incontro a un ictus cerebrale.

La fibrillazione atriale è la forma più comune di aritmia ed è un problema legato alla frequenza del ritmo cardiaco. Durante un’aritmia il cuore può battere troppo velocemente, troppo lentamente o in maniera irregolare. La fibrillazione atriale avviene se i segnali elettrici rapidi e caotici provocano la fibrillazione delle due camere superiori del cuore.

Ictus e ipertensione arteriosa

Altra correlazione interessante è tra ictus e ipertensione arteriosa. In questo caso alcune campagne informative ultimamente sono state lanciate da società scientifiche al fine di mettere in guardia la popolazione circa il reale rischio di questa associazione spesso mortale.

Si tratta di iniziative che intendono sensibilizzare i pazienti spesso affetti da più patologie molto frequenti spesso dopo una certa età come l’ipertensione, l’ictus e il diabete.

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