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Assistenza Infermieristica

Il rifiuto religioso del sangue

di Rosario Scotto di Vetta

In tempi recenti si è assistito allo sviluppo di una ricerca multidisciplinare mirata a ridurre al massimo l’utilizzazione del sangue nella terapia medico chirurgica. La spinta maggiore alla ricerca nella medicina senza sangue viene però dal costante incremento, a livello mondiale, di coloro che per motivi basate sulle convinzioni religiose, rifiutano assolutamente le trasfusioni di sangue, e cioè i testimoni di Geova.

Testimoni di Geova e la scelta del rifiuto di emotrasfusione

I Testimoni di Geova, essendo cristiani, considerano la Bibbia un libro sacro e come tale mettono in pratica ogni comandamento scritto in essa. Infatti la Bibbia cristiana negli Atti degli apostoli al capitolo 15, versetti 28 e 29, esorta tutti i cristiani ad astenersi dal sangue. Inoltre il libro di Levitico al capitolo 17 versetto 11 spiega che “l’anima della carne è il sangue&rdquo. Tuttavia accettano e fanno di tutto per trovare alternative mediche al sangue. “I testimoni di Geova ricercano attivamente il meglio in quanto a trattamenti medici”, ha detto Richard K. Spence quando era primario chirurgo in un ospedale di New York.

È vero che molti hanno criticato i testimoni di Geova per il loro rifiuto del sangue. In realtà con la loro ferma posizione, hanno avuto una parte importante nello studio di trattamenti medici più sicuri. Per aiutare i medici a curare i pazienti senza ricorrere alle trasfusioni di sangue hanno istituito un utile servizio di assistenza composto da più di 1400 Comitati di assistenza sanitaria in tutto il mondo.

La tragedia dell’AIDS e di altre malattie trasmissibili ha costretto scienziati e medici a prendere ulteriori precauzioni per aumentare la sicurezza nelle emotrasfusioni sottoponendo il sangue a screening più severi. Secondo gli esperti però, nemmeno queste misure garantiscono trasfusioni a rischio zero. Non sorprende che molti medici stiano diventando prudenti nel somministrare il sangue.

I progressi fatti in campo medico per evitare le trasfusioni di sangue omologo hanno spinto molti a prendere in considerazione la medicina senza sangue. Il famoso scopritore del virus dell’AIDS, Prof. Luc Montagier, afferma: “L’evoluzione delle nostre conoscenze in questo campo indica che un giorno le trasfusioni di sangue dovranno sparire”. Nel frattempo le alternative al sangue stanno già salvando delle vite.

La medicina senza sangue è più antica di quella che fa uso di sangue. Solo all’inizio del XX secolo che le tecniche trasfusionali sono progredite al punto da venire impegnate di routine. Negl’ultimi decenni, però, alcuni hanno reso popolare la chirurgia senza sangue.

Già negli anni ’60 ci furono i primi interventi a cuore aperto senza far uso di sangue. Negli anni ’70 con l’aumento dei casi di epatite tra i pazienti trasfusi e negli anni 80 con l’epidemia di AIDS, molti medici cominciarono a ricercare alternative al sangue. Solo dal 1990 in poi molti ospedali hanno messo a punto programmi che offrono ai pazienti la possibilità di essere curati senza emotrasfusioni. Un vantaggio della chirurgia senza sangue è che incoraggia ad adottare un approccio terapeutico di migliore qualità.

Le strategie attuabili sono diverse e riguardano tutti i membri del team che prendono in carico il paziente. Nei pazienti attivamente sanguinanti che rifiutano le emotrasfusioni, l’operazione non dovrebbe essere ritardata. L’uso di tecniche che limitano le flebotomie preoperatorie e l’esecuzione di prelievi di sangue allo stretto necessario hanno un peso non trascurabile. Molte sono le procedure che riducono la perdita di sangue intraoperatoria:

Emodiluizione preoperatoria; Recupero intraoperatorio del sangue; Anestesia ipotensiva; Ipotermia indotta; Agenti emostatici; Meticolosa emostasi; Pianificazione preoperatoria

Inoltre l’utilizzo di procedure che incrementano la produzione di sangue (Fe++, Vitamina B12, folati, NPT) mantenendo il volume di sangue circolante e quindi la gittata cardiaca e la massima disponibilità di ossigeno sostengono la medicina e la chirurgia senza trasfusioni.  Onde evitare inutili conflitti e pericolose perdite di tempo date dalle diverse correnti di pensiero riguardo all’uso del sangue e per risolvere tali difficoltà, in una recente consensus conference sono state presentate alcune linee guida da utilizzare nel trattamento dei pazienti testimoni di Geova.

Queste sono le linee guida proposte:

  • accettare la limitazione che il sangue allogenico non può essere usato
  • usare le alternative al sangue allo genico ove possibile e appropriato.
  • discutere le conseguenze con il paziente, inclusa la possibilità di un’emorragia che può mettere in pericolo di vita o addirittura provocarne la morte se non viene trasfuso.
  • se non si può trattare un paziente testimone di Geova, stabilire di trasferire il paziente in una struttura disponibile come ad esempio i Centri di Chirurgia Senza Sangue.
  • contattare il locale Comitato di Assistenza Sanitaria dei Testimoni di Geova, per informazioni ed aiuto (la congregazione dei testimoni di Geova ha istituito locali comitati sanitari che sono costituiti da membri della congregazione ben informati e preparati per fungere da tramite fra il medico ed il paziente)
  • cercare assistenza legale quando si ha a che fare con un adulto in stato di incoscienza o incompetente, andare alla ricerca di una precedente sentenza. Queste direttive si basano su una avanzata concezione del rapporto medico-paziente, che tiene conto dell’individuo nella sua integrità psico-fisica, ed è perfettamente in  sintonia con le norme sul “CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO” esistenti nel nostro Paese.

In conclusione la posizione dei medici e degli infermieri rispetto a queste tematiche è indicata dai rispettivi codici deontologici. L'articolo 3 della deontologia medica recita: "Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale". Nel codice deontologico infermieristico articolo 4 si legge che "l'infermiere presta assistenza secondo principi di equità e giustizia, tenendo conto dei valori etici, religiosi e culturali, nonché del genere e delle condizioni sociali della persona".

Fonti:
www.jw.org (Sito dell'associazione mondiale Testimoni di Geova)

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