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Emergenza-Urgenza

Chiudono i Pronto soccorso: in Italia 115 in meno negli ultimi 12 anni

di Redazione

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Lo rivela un’indagine dell’Università Cattolica di Roma secondo cui i servizi Dea nazionali sono passati da 808 del 2011 a 693 del 2023. Allo stesso tempo, però, secondo il report, diminuiscono anche gli accessi in pronto soccorso, con un tasso per mille abitanti che è passato da 363 a 311. E se aumentano i medici specializzati in emergenza-urgenza, mancano i professionisti di supporto: gli infermieri.

Lombardia e Lazio le Regioni più colpite, stabile la Campania

pronto soccorso

I Dea nazionali sono passati da 808 del 2011 a 693 del 2023, quindi il calo registrato è di 115 pronto soccorso in meno.

Quello dell’ospedale Pineta Grande a Caserta chiude “temporaneamente” fino a settembre, a Bazzano, nel Bolognese, si parla di un suo ridimensionamento a punto di primo intervento: potrebbero essere questi i prossimi pronto soccorso con le ‘serrande abbassate’.

Un fenomeno, quello della chiusura dei Ps, che avanza imperterrito da oltre un decennio. Dal nord al sud Italia, sono 115 in meno negli ultimi 12 anni.

Lo rivela uno studio dell'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (Altems) dell'Università Cattolica di Roma. I dati sono stati presentati in occasione del Graduation Day, la giornata di proclamazione per gli studenti dei master promossi per l'anno accademico 2023/2024.

Accessi in pronto soccorso in calo

A fronte della chiusura dei Ps, si registra una diminuzione degli accessi: secondo lo studio infatti la percentuale è passata da 363 per mille abitanti nel 2011 a 311 ogni mille abitanti nel 2023. In flessione anche la percentuale dei pazienti ricoverati dopo un accesso al pronto soccorso, passata dal 14,9% al 13%. Anche in questo caso si registra un’eterogeneità regionale significativa in tutti gli anni considerati.

Mancano però gli infermieri

Il problema è di tipo organizzativo, secondo Amerigo Cicchetti, ordinario di Organizzazione Aziendale all'Università Cattolica, e andrebbe cercato nell'organizzazione di ciò che viene prima e dopo il pronto soccorso, chiosa. Manca un filtro sul territorio – chiarisce – ovvero arrivano in pronto soccorso pazienti che andrebbero curati altrove, e ci sono spesso pochi posti disponibili per i ricoveri in reparto.

Mentre Federica Morandi, coordinatrice del team di ricerca, pone al centro anche un’altra questione: Bisogna capire che dotazioni tecnologiche sono disponibili e che risorse umane ci sono a supporto dei medici, perché spesso a mancare sono gli infermieri, aggiunge.

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Commenti (1)

MaxGen76

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60 commenti

“DEA in calo e infermieri ‘di supporto’? Qualche doverosa puntualizzazione”!

#1

Ho letto con attenzione l’articolo e desidero condividere alcune brevi riflessioni, nella speranza che possano essere utili per un’informazione sempre più accurata e aderente alla realtà sanitaria.
Si fa riferimento a un calo degli accessi in Pronto Soccorso, citando la diminuzione del tasso per mille abitanti (da 363 a 311). Tuttavia, questo indicatore non equivale automaticamente a una riduzione della pressione assistenziale: può dipendere anche dall’aumento della popolazione o da modifiche nei metodi di rilevazione. Nel frattempo, la riduzione dei DEA (da 808 a 693) suggerisce piuttosto una contrazione dell’offerta, che rischia di sovraccaricare le strutture rimaste, anziché rappresentare un reale equilibrio tra domanda e servizi.
Infine, nella conclusione si parla della mancanza di “professionisti di supporto”, riferendosi agli infermieri. In barba alla Legge 739 del 1994 e a tutto l’impianto normativo vigente, gli infermieri NON SONO FIGURE DI SUPPORTO al medico, ma professionisti autonomi, con responsabilità proprie, il cui contributo è fondamentale per la tenuta del sistema, soprattutto nei contesti di emergenza-urgenza.
Ringrazio per l’attenzione e per l’importante lavoro di divulgazione che svolgete.
Cordiali saluti.