È successo, ancora una volta. Anzi, almeno due. E a distanza di poche ore. La qualifica di infermiere è stata utilizzata in modo improprio e scriteriato, per l'ennesima volta, dalla stampa generalista. Proprio quella alla quale Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), aveva chiesto solo pochi giorni fa - passando per il ministro della Salute - una verifica reale prima di puntare il dito contro categorie che svolgono ben altra attività nei confronti dei cittadini
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Infermieri, pronunciare con cura
Duro a morire l’uso improprio del termine “infermiere” per identificare qualsiasi figura sanitaria che non appartenga alla categoria medica da parte dei media e degli organi di stampa. A debellarlo ci sta provando la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), su più fronti.
Una campagna social - #Infermiere© riproduzione vietata - da un lato e una campagna politica - con la richiesta al Governo di un intervento perché sia regolamentata e normata la qualifica di infermiere anche al di là di quanto già avvenuto con la legge 3/2018 e con la normativa precedente, non solo verso i professionisti che ne fanno parte e contro chi ne abusa, ma anche rispetto a pene severe per chi getta discredito improprio su chiunque opera a fianco dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale
- dall'altro.
Intanto, però, la misura è colma e gli usi impropri fioccano. Ultima, solo in ordine di tempo, la vicenda dei maltrattamenti agli anziani di una casa di riposo in provincia di Catanzaro. Vicenda che resta deprecabile, a prescindere da chi si sia reso colpevole dei fatti, ma che merita la giusta attenzione anche nell'utilizzo delle parole, che sono l'espressione - orale o scritta - di un'informazione, di un concetto. Attenzione che non c'è stata durante alcuni servizi di tg nazionali.
Così come non c'è stata durante un programma TV del mattino, in cui i media hanno parlato di nuovo dell'"infermiera" (quando invece si tratta di un'operatrice sociosanitaria) accusata di aver avuto rapporti sessuali con un minorenne, dal quale avrebbe avuto anche un figlio.
"Infermiere" non è sinonimo di "Operatore socio sanitario", così come non lo è di "medico", di "fisioterapista", di "ostetrica" o di "logopedista". "Infermiere" non è sinonimo nemmeno di "barelliere" o "paramedico" (e qui, dovrebbero fischiare le orecchie anche a chi non aggiorna certi dizionari).
E non si tratta di una "guerra tra poveri", ma si tratta di etica, professionale e umana. Utilizzare impropriamente termini di un mondo come quello del sistema salute - mondo in cui ovunque la si tiri, la coperta è già abbastanza corta - significa restituire una fotografia scorretta dell'organizzazione sanitaria.
Significa creare disinformazione e preoccupazione tra i cittadini che hanno bisogno di assistenza, riducendo la fiducia nei servizi erogati. Significa rimetterci, tutti.
Sì, perché in ospedale o sei medico, oppure sei infermiere. Tutte le altre figure vengono catalogate (e annientate) da questo binomio, un po' come separare la crusca dalla farina. Insomma, italiani popolo di santi, navigatori e... cuochi. Tra la miriade di reality e programmi di cucina, oggi, nessuno si sognerebbe mai di confondere i ruoli di brigata in cucina. Provate a chiamare "cuoco" un Executive Chef e vi troverete alla gogna.
Mauro.losardo
2 commenti
Troll
#3
Chi ha detto che è la stessa cosa?? Non credo tu sia un oss