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Infermieri

Decisori e responsabili delle proprie scelte

di Marco Alaimo

I professionisti della salute trasmettono il proprio lavoro e la loro utilità, che può dipendere sia dal sapere tecnico che da quello etico e civile.

La visione etico-deontologica del Professionista della Salute all'interno dell'Organizzazione Sanitaria

La leadership sociale di una professione deriva dalla capacità di risolvere i problemi che oggi la società civile e i cittadini bisognosi pongono come “domanda di salute”, nel rispetto di chiare norme comportamentali, che includono anche aspetti di trasparenza, anticorruzione e liceità di comportamenti.

Ciò implica essere in grado di generare nella comunità non solo effetti terapeutici o riabilitativi e di assistenza, ma anche atteggiamenti culturali ed etici adeguati, con la convinzione che la cultura professionale incorpora la competenza professionale, la quale - a sua volta - incorpora l’etica professionale.

A proposito di Etica

L’etica non è un freno per le competenze, ma uno strumento potente per indirizzarne l’uso e metterle al servizio della collettività.

Uno strumento per vivere e convivere in modo compiuto la propria utilità, per stare bene nell’organizzazione lavorativa, inseriti nella società come co-costruttori di utilità e benessere.

L’importanza di un codice di comportamento

Quando si parla di sanità pubblica non ci si ricorda che essa prevede un codice di comportamento. Non solo da parte di chi usufruisce di tale servizio, ma anche da chi lo dispensa.

I sanitari a volte dimenticano che anche loro devono (senza condizionali che tengano) adottare un codice di comportamento che preveda il rispetto della persona che si rivolge a loro.

Anche l’indossare una divisa (la divisa del sanitario come Habitus della pubblica amministrazione, come tutela di un bene pubblico) o avere determinate nozioni teoriche e/o pratiche non rende onnipotenti e non consente il diritto di mancare di rispetto: rispetto del bene comune, rispetto alla comunicazione giusta e adeguata per il cittadino bisognoso di cure, rispetto nelle cure e molto altro ancora.

Siamo in un periodo di cambiamenti e anche il Codice deontologico degli Infermieri non ne è esente. È giusto adeguarsi ai tempi ed evolvere insieme al mutare della società e dei bisogni dei cittadini. Senza voler entrare nei dettagli del Codice attualmente in uso o della bozza in discussione in questo periodo, vogliamo ricordare che il codice:

  • è il manifesto dell’impegno degli Infermieri;
  • indica i modelli di comportamento che l’infermiere si impegna a seguire e realizzare;
  • è un decalogo delle responsabilità che l’Infermiere stesso si attribuisce, responsabilità che scaturiscono dai valori della professione;
  • è la fonte dell’etica professionale;
  • raccoglie le norme di comportamento valide per la categoria professionale.

È bene ricordare anche che tali norme derivano da:

  • principi e valori propri della professione (che ne rispecchiano l’identità);
  • valori “contestuali” che esprimono l’interazione tra le caratteristiche socio-culturali con i valori professionali determinandone l’attuazione concreta (rispecchiano il contesto in cui viene esercitata la professione).

La dimensione Etica dell’agire professionale

L’etica è una dimensione intrinseca alle professioni sanitarie, le quali, anche quando realizzate ai più elevati livelli tecnici, consistono sempre in un incontro tra esseri umani.

Il fine delle professioni sanitarie - e quindi di quella infermieristica - è quello di promuovere il bene del paziente mediante un agire guidato dalla trasparenza degli intenti e adeguato non solo alla salute, ma all’intero essere del paziente, considerato per il valore che gli è proprio: l’essere “persona”.

Il modello formulato da Tom L. Beauchamp e James F. Childress fornisce uno schema concettuale utile a orientare i professionisti sanitari per giustificare le proprie decisioni basandosi su quattro principi:

  • principio di autonomia;
  • principio di beneficenza/non maleficenza;
  • principio di giustizia;
  • principio d’integrità morale della professione.

Principio di autonomia

Implica il riconoscere il malato come soggetto autonomo, ovvero il tutelarne la capacità di agire consapevolmente, senza costrizioni, anche quando questa autonomia si riduce o viene a perdersi.

Questo implica un'informazione corretta, modulata in base al grado di comprensione della persona e completa di tutte le integrazioni utili per consentire una valutazione ponderata delle soluzioni.

L’informazione dovrà essere corretta, diretta, collaborativa e partecipata. Il consenso informato diventa frutto di un reale e libero contratto professionale, strumento della piena attuazione del processo di empowerment rivolto alla persona assistita.

Principio di beneficenza/non maleficenza

Sono aspetti contrapposti della stessa medaglia, ovvero: promuovere il bene per le persone assistite e non nuocere.

Principio di giustizia

Ha lo scopo di garantire a ciascuno quanto di meglio è a disposizione, essendo imparziali e valutando casi uguali allo stesso modo, garantire le cure necessarie a tutti.

Principio d’integrità morale della professione

Lo possiamo formulare nella veste di indicazione per il medico o l’infermiere: “esigi di essere trattato come una persona autonoma e come un buon professionista, esigi cioè di essere rispettato nelle tue proprie opzioni morali” (prese secondo coscienza).

Come si vede, è una sorta di principio ribaltato sul versante del professionista e in quei criteri di condotta che si basano sullo standard ritenuto valido dalla comunità medico scientifica (è il diritto di agire secondo scienza).

Codice Deontologico e Responsabilità

Il codice è un insieme convenuto di regole e aspettative per orientare la pratica della professione con la funzione anche di promuovere e mantenere gli standard etici di condotta professionale.

Rappresenta da sempre un modello nel campo dei doveri professionali, ma anche sul tema della responsabilità.

In particolare la Legge 26/02/99 n.42 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie” (abolizione mansionario), all’art.1 precisa che “il campo proprio di attività e di responsabilità sanitarie (…) è rappresentato dai contenuti degli specifici codici deontologici”.

Questo contribuisce a rendere il Codice Deontologico sempre più uno strumento reale e un riferimento concreto per la professione, anche nelle sue dovute evoluzioni e revisioni.

Infermiere come agente morale

L’infermiere quindi deve collocarsi nel suo agire quotidiano, nelle occasioni di confronto con gli altri professionisti e nel rispetto di quanto rappresenta, come un vero e proprio “agente morale” ovvero:

persona che compie scelte di natura etica poiché il suo agire è condizionato, ma non interamente determinato, dalle richieste dell’assistito, dall’organizzazione del lavoro, dall’integrazione con gli operatori;

deve essere consapevole di quali siano le condizioni che gli permettono di prendere delle “decisioni” e quindi l’assunzione di responsabilità proprie;

agisce con la consapevolezza derivante dalla valutazione – che presuppone la libertà dell’uomo - di ciò che è bene o male, stabilendo in modo non arbitrario una gerarchia di beni e valori. Questo implica per il professionista di argomentare, spiegare il perché di una certa azione o di una certa valutazione e giustificare, mettere in evidenza quelli che sono i principi, i precetti, i valori impliciti nell’argomentazione.

Coscienza Etica/Morale

Emerge quindi la figura dell’Infermiere come agente morale, ossia come colui che si assume la responsabilità dei risultati, individuando percorsi assistenziali che rispondano in maniera personalizzata ai bisogni del malato.

La riflessione etica deve infatti tenere conto di alcuni comportamenti imprescindibili che, in sintesi, possono essere così riassunti: “il comportamento obbligato, ossia cosa siamo tenuti a fare per legge, per deontologia professionale, per norme contrattuali” (Spinsanti, 2001).

Il comportamento è eticamente giustificabile quando vi è la cosiddetta difesa del minimo morale, evitando di nuocere o danneggiare il paziente, opponendosi, per principio di giustizia, a discriminazioni di ordine sociale, razziale ed economico.

È il comportamento orientato al bene del paziente, che promuove il massimo morale, incarnando il principio di beneficità nello scegliere i trattamenti terapeutico-assistenziali, dopo aver misurato conseguenze e possibili alternative e che favoriscano il coinvolgimento del paziente nelle decisioni che lo riguardano, rispettando il principio di autonomia.

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