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La perdita del senso di dignità in pazienti cronici

di Silvia Ancona

Danni fisici, spesso, hanno ripercussioni sulla dimensione psicologica di ognuno di noi. Questo perché mente e corpo sono strettamente legati tra loro. In ospedale questa situazione è molto evidente, specialmente in pazienti cronici in regime di ricovero. La complessità del fenomeno ha mosso lo studio di M. Pallassini, L. Righi, F. Marini, S. Adami e F. Ferretti volto ad analizzare e descrivere la perdita del senso di dignità e relativi aspetti dimensionali, in una coorte di pazienti cronici. La ricerca, pubblicata sulla rivista “Scenario” di Aniarti (Associazione nazionale infermieri di area critica), ha lo scopo di individuare le categorie di pazienti più a rischio e riuscire a diventare, di conseguenza, un supporto maggiore alla persona e alla famiglia.

Patologia cronica e perdita del senso di dignità, causa effetto?

Con l’avanzare dell’età e con il cambiamento delle condizioni di salute, gli individui sono sottoposti ad un maggiore stato di vulnerabilità e dipendenza che può compromettere seriamente il senso di dignità percepito, esponendo gli individui al rischio di sentirsi un peso per gli altri a tal punto da mettere in discussione le ragioni di vivere. Responsabilità dell’infermiere è quella di gestire la condizione patologica di un individuo con un approccio olistico, ovvero mirato all’assistenza della persona nella sua sfera bio-psico-sociale.

M. Pallassini, L. Righi, F. Marini, S. Adami e F. Ferretti, in una ricerca pubblicata sulla rivista “Scenario” di Aniarti, hanno analizzato e descritto i livelli di perdita di dignità percepita nonché esaminato gli aspetti dimensionali del costrutto in una coorte di pazienti cronici, al fine di individuare le categorie di pazienti più a rischio.

Quanto più i sanitari sono capaci di riconoscere e affermare il valore del paziente, tanto più è probabile che il senso di dignità del paziente sia sostenuto e conservato

Lo strumento utilizzato dagli autori per misurare la perdita di dignità nell’avanzamento della malattia cronica è il PDI-IT (Patient Dignity Inventory Italian Version) validato da Ripamonti et al. e somministrato, ai fini dello studio, a 219 pazienti in regime di ricovero presso le unità operative di area specialistica medica e chirurgica dell'ospedale di Grosseto e di Perugia. 

I criteri di inclusione degli assistiti all'interno dello studio sono stati principalmente due:

Sono stati esclusi dallo studio invece i pazienti in fase terminale o con problematiche psichiatriche, i pazienti con stato cognitivo e clinico tale da non permettere la compilazione dello strumento e i pazienti stranieri con basse competenze in lingua italiana.

Dignità e le sue dimensioni: psicologica, esistenziale e fisica

I risultati del questionario sono stati analizzati secondo le indicazioni dell’analisi fattoriale di L. Grassi utilizzando la suddivisione del concetto di dignità in tre dimensioni: psicologica, esistenziale e fisica.

Dimensione psicologica Dimensione esistenziale Dimensione fisica
Preoccupazioni per il futuro Perdita di stima negli altri Incapacità di svolgere le attività quotidiane
Vissuti di ansia Impossibilità di adempiere ai doveri
Essere visti diversamente dal passato Sentirsi un peso per gli altri
Non sentirsi più gli stessi Perdita di controllo sulla propria vita

Tali grandezze sono state poi confrontate in relazione alla fascia d’età, al genere, alla patologia, al grado di dipendenza, alla presenza (o meno) di supporto familiare e, infine, al presidio ospedaliero ospitante, del campione selezionato.

L’analisi mostra come il fattore psicologico incida maggiormente nel produrre valori elevati di perdita di dignità, seguito da quello esistenziale e fisico. In base, poi, alle diverse stratificazioni del campione, lo studio mostra rilevanti differenze.

La ricerca, in conclusione, ha dimostrato come il PDI sia un valido strumento di misurazione della perdita del senso dignità nella progressione della malattia cronica, permettendo l’adozione di interventi preventivi da parte del personale infermieristico allo scopo di ridurre il rischio della perdita di dignità.

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