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Patologia

Immunodeficienze primitive, dal sospetto alla diagnosi e la cura

di Redazione

Con il termine di immunodeficienze primitive si intende definire un gruppo di malattie caratterizzate da un difetto, generalmente congenito, dei meccanismi immunitari di difesa contro gli agenti infettivi. Solitamente queste malattie, sono caratterizzate da una incapacità dei soggetti affetti a produrre anticorpi cioè le immunoglobuline, da qui la condizione di ipogammaglobulinemia o agammaglobulinemia che caratterizza queste malattie. È proprio la mancata produzione di immunoglobuline a determinare l’aumentata suscettibilià alle infezioni la cui gravità dipende molto dal tipo di immunodeficienza di cui il soggetto è affetto.

Immunodeficienze primitive, quando sospettarle

immunoglobuline

Immunoglobuline

Il sospetto clinico si pone di fronte a un bambino che presenti frequenti episodi infettivi o anche un solo, ma grave, episodio infettivo (sepsi, meningite, polmonite complicata), soprattutto se in tenera età. Va tenuto presente che gli episodi infettivi, soprattutto quelli delle alte vie respiratorie (riniti, faringotonsilliti, otiti, bronchite come complicanza di una rinite virale), sono presenti anche nei bambini che sono immunologicamente normali. Questi episodi infettivi sono dovuti, nei primi anni di vita, nella maggior parte dei casi, a infezioni virali. Spesso si tratta di bambini che frequentano l’asilo nido o la scuola materna, che hanno appena cominciato ad avere contatti con i coetanei. In questo caso gli episodi infettivi possono essere considerati quasi fisiologici e sono dovuti alla normale esposizione all’agente infettivo presente nella comunità. Il bimbo incontra il patogeno, si ammala, guarisce e poi non si ammala più in seguito all’incontro successivo con lo stesso patogeno. Il suo sistema immunitario ha imparato a riconoscerlo. Ecco perché questi episodi infettivi fisiologici sono tipici dei primi cinque anni di vita e tendono poi a normalizzarsi dopo questa età.

Dico sempre ai genitori che vanno a prendere i loro figli alla scuola materna di guardarsi in giro per vedere a quanti bambini cola il naso. A quasi tutti mi rispondono. Il ricorrere di infezioni delle alte vie respiratorie a questa età anche nei bambini sani è dovuto al fatto che i bambini si passano tra di loro i vari agenti patogeni, in modo particolare i virus, ma se sono immunologicamente normali sono in grado di superare queste infezioni senza particolari problemi. In questi casi bisogna tranquillizzare i genitori.

Al contrario, nei bambini che presentano un difetto primitivo del sistema immune con incapacità a produrre anticorpi, e si tratta in ogni caso di un numero molto limitato di soggetti, questi episodi infettivi tendono a ripresentarsi con una frequenza e una gravità superiore a quella dei soggetti immunologicamente normali e le infezioni virali tendono a complicarsi con una sovrapposizione batterica. Si tratta di otiti ricorrenti, magari purulente e quindi con perforazione, più di un episodio di broncopolmonite per anno, oppure anche un singolo episodio di polmonite, magari a comparsa nei primi mesi di vita, scarsamente responsivo alla terapia antibiotica e che richiede un ricovero in ospedale. Anche la presenza di una diarrea cronica, con ritardo di crescita e la presenza di infezioni causate da patogeni opportunisti (citomegalovirus, candida, aspergillo, pneumocisti jeroveci) che nei soggetti normali generalmente non provocano malattia, rappresentano campanelli d’allarme per un difetto del sistema immunitario.

Immunodeficienze primitive, come curarle

Il trattamento elettivo delle immunodeficienze umorali consiste nella somministrazione delle immunoglobuline. Si parla in questo caso di terapia sostitutiva, perché si somministra ciò che questi soggetti non sono in grado di produrre, analogamente a quanto avviene nei soggetti con diabete di tipo 1 nei quali la somministrazione di insulina rappresenta un trattamento sostitutivo non essendo in grado di produrla loro stessi. Come vengono preparati i vari prodotti utilizzati e che sono costituiti essenzialmente dalle immunoglobuline di classe IgG? Nel tempo le modalità di preparazione e di somministrazione di questi prodotti sono andate incontro a diversi cambiamenti, con lo scopo di migliorarne l’efficacia, la sicurezza e di rispondere sempre di più alle esigenze e ai bisogni dei pazienti e dei loro familiari.

Il primo prodotto impiegato da Bruton nella prima forma di immunodeficienza da lui descritta nel 1952 e che da lui ha preso il nome (malattia di Bruton), è stato somministrato per via sottocutanea per poi passare l’anno dopo alla somministrazione per via intramuscolare. Tuttavia era apparso subito evidente che l’effetto protettivo delle immunoglobuline somministrate per via intramuscolare dipendeva dal volume di preparato somministrato e che il volume necessario per somministrare una quantità protettiva di immunoglobuline sarebbe stato troppo elevato per essere accettato dal paziente, anche per via degli effetti collaterali soprattutto locali. Da qui la necessità di disporre di prodotti somministrabili per via endovenosa, via che consentiva la somministrazione di volumi più elevati e quindi di raggiungere maggiori livelli sierici di IgG, più protettivi nei confronti delle infezioni. Questi prodotti, somministrati al dosaggio di 400 mg/Kg una volta al mese e solo in ambito ospedaliero, si sono resi disponibili a partire dalla seconda metà del 1980 e hanno radicalmente modificato la storia naturale di questa malattia consentendo di ridurre significativamente la mortalità e la morbilità.

A partire dalla prima metà del 1990 si è tornati a riconsiderare la via sottocutanea di somministrazione. Questo ritorno è stato reso possibile dalla commercializzazione di prodotti specificamente preparati per la somministrazione attraverso questa via. Inoltre, la disponibilità di pompe da infusione sempre più piccole ed efficaci, una efficacia protettiva analoga a quella dei preparati per via endovenosa, la possibilità di somministrare questi preparati a domicilio consentendo ai pazienti più grandi di sentirsi meno medicalizzati e di adattare la terapia alle proprie esigenze e necessità anche professionali, hanno contribuito, in questi ultimi anni a una maggiore diffusione della somministrazione di immunoglobuline per via sottocutanea al dosaggio di 100/mg/Kg ogni settimana. In questo caso, il dosaggio mensile di 400 mg/Kg viene spalmato sulle 4 settimane. Più recentemente si è reso disponibile un nuovo preparato per via sottocutanea, che consente di somministrare la dose mensile come unica somministrazione, senza doverla suddividere in somministrazioni settimanali.

La terapia sostitutiva con immunoglobuline è salvavita per i pazienti con immunodeficienze primitive e il loro impiego ha consentito di ridurre la mortalità e morbilità e di condurre in molti casi una qualità di vita simile a quella dei loro coetanei sani. Tutti i prodotti attualmente disponibili sia per via endovenosa che sottocutanea sono ugualmente efficaci e sicuri e la scelta tra un prodotto e l’altro è in parte determinata dai bisogni e dalla necessità dei singoli pazienti.

Alessandro Plebani

MD, PhD, Professor and Chair of Pediatrics, Director of Pediatrics Clinic University of Brescia-Spedali Civili

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