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COVID-19

Infermieri né eroi né martiri

di Giordano Cotichelli

Gli insegnamenti di queste settimane, le relazioni costruite, la rabbia e la disperazione, ma anche la felicità, l’orgoglio e la stima, dovranno trovare un respiro più ampio della falsità dell’eroe o del lamento per il martire o ancor più della rivendicazione immediata, reattiva e corporativa che grida più al premio che non al cambiamento. Quello che si è appreso in questi mesi - e che è costato (e continua a costare) un alto prezzo in vite umane - dovrà essere investito in un impegno che si prolunghi nel tempo per avere una società migliore, per evitare che i torti vengano cancellati.

L’impressione è che molto presto degli eroi rimarrà poco

L’ultimo report dell’Inail in merito al contagio da Sars-CoV-2 sul lavoro prende in considerazione il periodo che intercorre dalla fine di febbraio al 15 maggio, rivelando la cifra di 43.399 denunce, con un aumento di 6.047 casi, corrispondente al 16,2% circa rispetto ai 37.352 rilevati in data 4 maggio.

L’età media dei contagiati è di 47 anni e nel 71,7% si tratta di lavoratrici. In aumento anche gli esiti infausti (42) portando i decessi al totale di 171, che hanno, come valore mediano dell’età per entrambi i sessi, i 59 anni, di cui il 82,5% dei colpiti è di sesso maschile.

Le regioni del Nord-Ovest continuano ad avere più della metà delle denunce (55,2%) e dei casi mortali (57,9%), con alte percentuali legate alla sola Lombardia: 43,9% dei decessi e il 34,9% dei contagi.

Le professionalità maggiormente interessate continuano ad essere quelle dei tecnici della salute (in cui prevalgono gli infermieri), seguite da oss e da medici. In buona sostanza si conferma l’andamento delle rilevazioni delle scorse settimane dove alla narrazione del sanitario eroe si affianca quella del sanitario martire.

Rappresentazioni denunciate del resto anche sui social nei giorni scorsi. Significativa la vignetta apparsa su vari profili di FB in cui un’infermiera chiede vari miglioramenti e le viene sistematicamente risposto in maniera negativa. L’immagine è intitolata: “Infermieri eroi… ma non martiri”.

Affermazione significativa che racchiude tutta la sofferenza dei professionisti e la sensazione che nel tempo molte aspettative andranno deluse. Quasi una previsione, perché la figura dell’eroe/martire nasconde in sé sempre una realtà alterata, distorta, edulcorata nella migliore delle ipotesi, o falsa e meschina il più delle volte.

Passerà il tempo degli eroi e si dovrà onorare i martiri – tutti – nel solo ed unico modo possibile: costruire le condizioni che non permettano più lo sfacelo che è stato

A New York, su un lato di Times Square, l’artista Sergio Furnari ha piazzato la sua opera titolata: “Covid Hero monument”. Rappresenta un uomo, in tuta bianca, inginocchiato all’interno di un cuore rosso, mentre leva lo sguardo e le braccia al cielo quasi ad invocare la fine di un tormento non più sopportabile. Un’opera vicina alla realtà più di quanto non si creda, che supera l’immagine dell’eroe sanitario, omaggiato in molte altre rappresentazioni al pari dei molti supereroi della finzione filmica e fumettistica e riporta alla drammaticità delle centinaia di fotografie di volti sofferenti per i DPI dopo otto ore di turno.

O peggio, come nel caso del calvario di Pamela Ann Orlando, l’infermiera statunitense che ha registrato un fotogramma dopo l’altro i giorni della malattia Covid-19 che l’ha colpita fino all’esito fatale. L’impressione è che molto presto degli eroi rimarrà poco.

La speranza di un cambiamento sembra infrangersi contro un senso di delusione man mano che le giornate mostrano un ritorno ad una certa normalità che, però, non sarà più quella di prima. Il New York Times pubblica in prima pagina i nomi e l’identità di mille vittime di Covid-19: l’1% di una curva esponenziale di crescita che sembra non volersi fermare, per gli USA colpiti più dall’inazione dei suoi governatori che non dal virus stesso.

I flashmob si moltiplicano in Italia e nel mondo per chiedere maggiori diritti, maggiore giustizia. Il rischio è che tutto passi, facilitati dallo stordimento di una movida tanto desiderata quanto stupida, per tornare ognuno, ancor più, a chiudersi nella propria bolla sociale dove per mesi si è stati costretti ad una socialità di plastica dalla quarantena forzata.

L’emergenza ancora non è passata e i dati di oggi subiranno gli aggiornamenti di domani. Gli insegnamenti di queste settimane, le relazioni costruite, la rabbia e la disperazione, ma anche la felicità, l’orgoglio e la stima, dovranno trovare un respiro più ampio della falsità dell’eroe o del lamento per il martire o ancor più della rivendicazione immediata, reattiva e corporativa che grida più al premio che non al cambiamento.

Quello che si è appreso in questi mesi - e che è costato (e continua a costare) un alto prezzo in vite umane - dovrà essere investito in un impegno che si prolunghi nel tempo per avere una società migliore, per evitare che i torti vengano cancellati, per ricordare che una pandemia risponde non solo agli agenti infettanti, ma anche a chi, qualche mese fa, a Rimini, affermava che in fondo dei medici di famiglia se ne può fare anche a meno, perché non ci va più nessuno. Passerà il tempo degli eroi e si dovrà onorare i martiri – tutti – nel solo ed unico modo possibile: costruire le condizioni che non permettano più lo sfacelo che è stato.

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