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Aggressioni ad operatori della salute: Un Osservatorio nazionale

di Redazione

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Il fenomeno aggressioni e violenze in sanità non deve essere più tollerato né tantomeno minimizzato. Si tratta di un problema che va affrontato con decisione, mediante interventi preventivi, misure strutturali ed organizzative mirate oltre ad una adeguata formazione per gli operatori. In questo contesto si colloca la proposta Cisl della creazione di un Osservatorio nazionale per il monitoraggio di aggressioni e violenze verso gli operatori sanitari.

Un osservatorio contro la violenza ai danni degli operatori sanitari

Gli episodi di aggressione verso professionisti della salute sono un fenomeno che non può più essere minimizzato

L'istituzione di un Osservatorio Nazionale per il monitoraggio di aggressioni e violenze agli operatori sanitari diventa un’esigenza sempre più pressante per gestire la prevenzione di questi eventi nelle strutture sanitarie, pubbliche e private.

A lanciare tale proposta è stata Antonia Carlino della Segreteria Generale della Cisl, a margine della tavola rotonda “Violenza a danno dei sanitari: Un problema non solo di genere” in cui si è discusso proprio di questi argomenti, organizzata a conclusione del IV° Congresso Nazionale Cisl Medici svoltosi a Roma.

I partecipanti all'incontro Rossana Ugenti, direttore Generale delle professioni sanitarie del Ministero della Salute, Antonella Ninci, Coordinatrice dell'Avvocatura Regionale Inail Toscana e presidente del CUG dell'Istituto, Tiziana Frittelli, direttore generale Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma, Domenico Della Porta, referente nazionale Medicina e Sicurezza sul Lavoro Federsanità Anci e Piernicola Silvis, Questore di Foggia.

Hanno condiviso la costituzione di un tavolo tecnico permanente da cui far nascere l'Osservatorio Nazionale mettendo in rete le sinergie finora sviluppate sulla scottante questione per sensibilizzare i datori di lavoro a sostenere adeguate azioni volte ad una valutazione del rischio aggressione e violenza in sanità completa ed esauriente.

Sulla falsariga dell'accordo quadro europeo recepito il 25 gennaio 2016 da Cgil-Cisl-Uil e Confindustria per il contrasto alla violenza sui luoghi di lavoro, ha detto Antonia Carlino, si potrebbe mettere in piedi un analogo accordo quadro nella PA, ma soprattutto in sanità, vista la maggiore esposizione del personale sanitario allo specifico rischio in questione, per richiamare l'attenzione ed enfatizzare la responsabilità dei direttori generali, spesso sordi a richieste di legittime misure di sicurezza di medici ed infermieri quotidianamente impegnati nel proprio lavoro di cura.

Siamo arrivati al punto in cui il fenomeno "aggressioni e violenze in sanità" non deve essere più tollerato e minimizzato, ma affrontato con decisione con interventi preventivi da porre in essere comprendenti misure strutturali ed organizzative oltre ad una adeguata formazione per gli operatori.

E pensare, ha detto Della Porta, che già si hanno a disposizione strumenti in grado di avviare una compiuta valutazione di questi rischi in ambito lavorativo da circa venti anni, subito dopo la promulgazione del decreto legislativo 626/1994 entrato in vigore il 1 gennaio 1997.

Con la Sentenza della Cassazione 4012 del 1998, infatti, la Suprema Corte precisò che il Datore di Lavoro è il destinatario privilegiato del dovere di sicurezza: ha l'obbligo di osservare non solo le norme specifiche dettate dalla legislazione vigente (all'epoca 626/94, oggi 81/2008), ma anche le norme di prudenza, diligenza e perizia, in relazione alla concreta pericolosità del lavoro (aggressioni e violenze), tenendo conto sia dei rischi collegati alla prestazione lavorativa intrinseca (rischi safety), sia di quelli derivati da cause esogene (rischi security).

Partendo dalle specifiche indicazioni delle schede informative elaborate dall'Agenzia Europea sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, Della Porta ha sottolineato l'importanza di un valido Servizio di Prevenzione e Protezione a supporto della valutazione del rischio aggressione e violenza sul lavoro, che faccia ricorso a professionalità multidisciplinari quali psicologi, sociologi, esperti in comunicazione e in comportamenti, oltre alle figure tradizionali quali tecnici della prevenzione e medici competenti.

A questo punto sono stati indicati i vari passaggi da tener presente nel percorso valutativo, dalla individuazione dei gruppi omogenei alla classificazione dei motivi delle aggressioni, dall'analisi degli indicatori di probabilità a quelli di entità, e poi la quantificazione del rischio, il calcolo del rischio residuo, il monitoraggio e l'analisi di eventi sentinella ed infine la individuazione degli interventi di miglioramento. 

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