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Emilia-Romagna

Carenza infermieri, si cercano in India e Tunisia

di Redazione Roma

La cronica carenza di personale sanitario in Emilia-Romagna fa sì che gli ospedali e le Rsa debbano continuare a guardare oltreconfine. Il consorzio Solco di Ravenna, ad esempio, ha già reclutato 35 professionisti sanitari dall’estero. Criticità non solo in Italia. L’allarme del ministro della Salute austriaco, Johannes Rauch: Mancano infermieri e medici, così abbiamo necessità di migranti. Non possiamo risolvere questo problema in nessun altro modo.

Emergenza infermieri, in Emilia-Romagna assunzioni da India e Tunisia

I primi sono giunti a marzo dalla Tunisia e dall’India. I nuovi rinforzi, adesso, si attendono anche dall’Albania. Sono 35 professionisti sanitari arruolati all’interno delle strutture del consorzio Solco di Ravenna, che gestisce dieci Case residenze anziani in Romagna, otto centri diurni e servizi a domicilio: 600 ospiti, il 90% dei posti accreditati con il pubblico. E la mancanza cronica di operatori non accenna a diminuire.

Così, mentre in Lombardia le Rsa aderenti ad Apromea (Associazione provinciale mantovana degli enti assistenziali) e Uneba stanno reclutando infermieri dal Perù – e la Fnopi, tra le proposte anti-carenza, inserisce il rientro degli infermieri italiani emigrati all’estero – in Emilia-Romagna, appunto, si offre un contratto a tempo indeterminato, il pagamento del viaggio dall’estero, dell’alloggio, del corso di lingua. I costi lievitano, ma per arginare il problema si fa l’impossibile.

Come spiega Antonio Buzzi, presidente di Confcooperative Federsolidarietà Emilia-Romagna, che è a capo del consorzio. Il problema del personale si è aggravato con la pandemia, quando il pubblico ha assunto numerosi infermieri attingendo da quelli delle realtà impegnate nei servizi per gli anziani. Ma noi non potevamo stare a guardare. Pertanto, mediante le agenzie e gli ordini professionali dei Paesi di provenienza, il consorzio ha individuato 35 professionisti sanitari in Albania, Tunisia e India.

Precisa ancora Buzzi: Va da sé che abbiamo cercato nelle zone che assicuravano una formazione analoga a quella di casa nostra. L’iter è stato pieno di impedimenti burocratici: occorre coinvolgere la questura, la prefettura, l’ispettorato del lavoro, c’è necessità dei permessi di soggiorno.

Un grande impegno, quello profuso, che ha condotto a un primo risultato: I primi 24 operatori sono già arrivati, ne mancano 11 dall’Albania, stiamo cercando di ultimare l’intera procedura. Oltre all’assunzione a tempo indeterminato, l’investimento è stato di circa diecimila euro a lavoratore. Spese che includono il biglietto aereo, la traduzione di ogni documento, l’alloggio messo a disposizione per i primi due anni, la necessità di seguirli se devono effettuare il ricongiungimento familiare.

Conti alla mano, su 100 professionisti sanitari in organico – ai quali vanno aggiunti 700 Oss – ben 35 giungeranno da fuori Italia per accudire gli anziani del territorio. È ovvio che sarebbe rilevante reperire tali professionisti già nel nostro Paese – conclude Buzzi – ma dal momento che qui non si trovano, dobbiamo trovarli dove sono disponibili. Capisco perché lo stesso ragionamento è stato fatto con i sanitari dal Sudamerica.

Ad ogni modo, se l’Italia piange, l’Austria – solo per citare un altro Paese Ue dove la carenza di infermieri è atavica – non ride. Per scongiurare il collasso del sistema sanitario nazionale, il governo ha infatti deciso di aprire le porte alla manodopera straniera in grado di lavorare nel comparto sanitario.

Ad ammetterlo è stato il ministro della Salute, Johannes Rauch, che ha aperto alla politica delle porte schiuse a migranti in possesso di titoli in materia di assistenza sanitaria. Abbiamo una carenza di manodopera in Austria e avremo bisogno di immigrazione nel settore sanitario e sociale. Non possiamo risolvere questo problema in nessun altro modo, il suo commento.

Sono sempre di più, infatti, gli infermieri che abbandonano la professione. E anche l’Austria – dove si mira ad attratte 75mila sanitari entro il 2030 – non fa difetto. Precisa ancora Rauch: Molti membri del personale hanno rinunciato alla professione sanitaria lamentandosi degli orari intensi, delle giornate di lavoro stressanti, degli stipendi. Ragioni per le quali ad inizio anno il governo ha presentato un pacchetto di riforme da un miliardo di euro per migliorare le condizioni lavorative (incluso l’aumento dei salari) per gli infermieri. Anche per attrarne di nuovi dall’estero.

Giornalista
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Commenti (1)

luigi.gradante

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2 commenti

pur di non darci dignità....

#1

siamo alle solite, non si trovano infermieri e quindi ne assumiamo all'estero! Il problema è che si trovano sempre meno persone disposte ad essere schiavizzate, stressate e maltrattate da coordinatori, RAA e RAS il cui unico scopo è quello di far risparmiare le aziende aggiungendo sempre maggiore peso sulle spalle degli infermieri che dalle 6 del mattino devono gestire da 40 a 70 pazienti (da soli) e i relativi clismi, medicazioni, terapie, richieste, emergenze, medici che vengono quando vogliono e oss che ti chiamano ogni 2 minuti anche solo per stupidaggini.
Dicono che la facoltà non attragga più i giovani ma...sul serio? spendere tempo, soldi e fatica per un percorso che ti vedrà lavorare peggio di uno schiavo rinunciando nel frattempo a fine settimana, festivi e notti in casa o con gli amici, stress da parte dei capi per cui non fai mai abbastanza e stipendi degni di un qualsiasi manovale diplomato? In tutto questo però devi pagare annualmente un ordine che non ti rappresenta e un'assicurazione per via delle responsabilità che aumentano al diminuire della tua vita privata.....la mia non è frustrazione, è rabbia per come siamo ridotti!