Dopo 10 anni di calvario giudiziario, la Procura ha chiesto l'archiviazione per Anna Rinelli, 52 anni, ex infermiera dell’ospedale di Piario, nella Val Seriana. Era la principale indagata per cinque morti sospette tra le corsie. Il caso esplose nel 2015: dallo stigma di ‘porta sfortuna’ affibbiatole dai colleghi, la donna finì accusata di essere un angelo della morte
. A denunciarla furono l’ex direttore sanitario dell’ospedale, l’ex primario e l’ex caposala: Agirono da talebani, non arginarono maldicenze e contribuirono a creare un mostro che non c’era
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La donna da anni non lavora e vive solo grazie al sostegno della madre

Dopo 10 anni di calvario giudiziario, la Procura ha chiesto l'archiviazione per Anna Rinelli, 52 anni, ex infermiera.
Ci ho pensato tanto e continuo a chiedermi perché. Ho capito che era una cosa che andava avanti da tempo. Un giorno portai in reparto le mele del mio giardino e quella collega disse: “Non mangiatele, le avrà avvelenate”. Oppure “al funerale di mio padre una persona si sedette vicino a mia sorella, senza sapere chi fosse, e disse: ‘Ha ucciso anche suo padre’”.
Il suo caso è stato archiviato dopo 10 anni di indagini e udienze in tribunale, la sua vita professionale, ma non solo, è stata ormai praticamente annientata. Anna Rinelli, 52 anni, era infermiera dell’ospedale di Piario, in provincia di Bergamo, e fu la principale indagata per alcune morti sospette per Valium.
Era accusata dell’omicidio di cinque pazienti
Il caso esplose a fine 2015. Il reato iniziale che le era stato imputato è quello di omicidio preterintenzionale su cinque pazienti, al 2021 restava in piedi solo quello di maltrattamenti ma solo pochi giorni fa l’incubo è finito con un’archiviazione a tutto tondo.
Oggi la donna parla alle pagine locali del Corriere della Sera, dalle sue parole traspare non rabbia, non voglia di vendetta ma tanta amarezza. Il mio lavoro, che ho scelto io e ho portato avanti con etica e sacrificio, è un lavoro duro - è l’unica cosa che le preme precisare - Non è giusto che questa vicenda abbia procurato tanto dolore a me, ai miei cari, ma soprattutto alle famiglie dei pazienti coinvolti
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L’impennata di dosi di Valium e i conti di fiale che non tornavano in reparto
Ai consulenti era stato chiesto di esaminare tracce di Valium, trovate in 4 pazienti su 5, e Midazolam, la cui presenza invece non fu riscontrata. Per il primo farmaco emerse che le dosi consumate nel reparto in un anno, dal 2014 al 2015, erano passate da 240 unità a 810, mentre del Midazolam era stato segnalato un ammanco di 79 fiale.
‘Stranezze’ non imputabili unicamente all’indagata, ma che hanno alimentato il quadro accusatorio, insieme alle testimonianze delle colleghe di Rinelli su pazienti ‘intorpiditi’ dopo i suoi turni e su frasi sibilline che avrebbe pronunciato la stessa infermiera, e pure le intercettazioni.
Da tutto ciò però per la pm sono emersi solo sospetti e non prove di colpevolezza, mentre le condotte negligenti avrebbero riguardato anche altri medici, infermieri e OSS.
L’infermiera si era sempre dichiarata innocente
Intervistata dal Corriere della Sera, la donna al centro di questo calvario giudiziario racconta com’è stata la sua vita in questi anni: All’inizio della vicenda non riuscivo ad uscire di casa poi, oltre al tempo, mi hanno aiutato la mia stabilità emotiva, una madre che mi vuole bene e le passeggiate con Peghy, la mia cagnolina
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Abita ancora in Bergamasca ma non lavora più in sanità, né ad altro. Sono andata avanti con la liquidazione e il sostegno di mia madre - ammette - l’unica persona che ha sempre creduto in me
. Ora studia, si dedica alla lettura, cerco una nuova strada e di scrollarmi via la negatività
, si confida. E se ha parlato con la stampa, lo ha fatto solo ora, perché sapevo che la verità sarebbe venuta fuori, perché sapevo - conclude - di non avere fatto del male a nessuno
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Lasciata sola e poi accusata dalla dirigenza
Assicura di non avercela con nessuno per quello che è successo, malgrado sia consapevole di essere stata una vittima di veleni e maldicenze nate tra i colleghi. Però indica chiaramente come responsabili i vertici della piramide organizzativa
. Sarebbe bastato chiamarmi, confrontarsi - è il suo rammarico - Se c’erano errori, mi sarei migliorata
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In definitiva, avrebbero dovuto arginare le maldicenze e le cattiverie che si erano diffuse attorno a me, invece di alimentarle e contribuire a creare un mostro che non c’era. Hanno agito con aggressività, come i talebani che tagliano la testa senza lasciarti spiegare
. E finendo così per tirarsi la zappa sui piedi, perché in questo modo è stato infangato anche l'ospedale
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