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Regno Unito, sanitari chiedono aumenti di stipendio consoni

di Redazione Roma

Infermieri e medici del servizio sanitario nazionale hanno definito un calcio nei denti l’aumento dell’1% in busta paga offerto dal governo. E monta le protesta. Poche settimane fa si dimetteva dall’NHS Jenny McGee, l’infermiera coordinatrice del reparto di terapia intensiva nel quale era stato ricoverato Boris Johnson: Troppo stress e pochi soldi.

Uk, medici e infermieri del Nhs chiedono aumenti di stipendio dignitosi

In UK monta la protesta dei dipendenti NHS per ottenere aumenti di stipendio adeguati (Photo credit: Hasan Esen/Getty Images | The Times)

Tutto il mondo è paese, si potrebbe commentare laconicamente. E se in Italia l’urlo di protesta nel comparto sanitario per la carenza di fondi e di personale si sta alzando sempre di più, attraversando la Manica – per approdare a Londra – il contraltare non è poi troppo difforme.

Tutt’altro, considerando che la rabbia degli infermieri e dei medici del National Health Service – il sistema sanitario nazionale del Regno Unito – appare non placarsi, “neppure” dopo l’aumento dell’1% di stipendio offerto loro dal governo (e descritto dai sindacati come un vero e proprio calcio nei denti).

Anche a Londra, infatti – dove gli autobus erano stati riadattati in ambulanze per contribuire a fronteggiare l’emergenza pandemica – le istituzioni avevano battuto le mani per ringraziare il personale sanitario spesosi, in tutto e per tutto, per combattere l’emergenza Covid-19. Ma qualcosa è cambiato all’interno della busta paga e in termini di unità operative? Nel modo più assoluto, e nei giorni scorsi le proteste per la carenza di fondi e la mancanza di personale nel servizio sanitario nel Regno Unito hanno fatto tracimare di rabbia i sanitari. E proprio nel momento in cui si celebrava il 73° anniversario del servizio sanitario britannico (introdotto il 5 luglio 1948).

Se nella seconda metà di maggio si dimetteva dall’NHS Jenny McGee, l’infermiera coordinatrice del reparto di terapia intensiva nel quale era stato ricoverato Boris Johnson (non stiamo ricevendo il rispetto e la paga che ci meritiamo. Sono proprio stufa. Così ho dato le dimissioni, le sue parole) a distanza di poche settimane ad essere preso di mira è ancora il primo ministro. Boris Johnson ci senti urlare, pagaci adeguatamente o a casa devi tornare, lo slogan più volte rilanciato – fuori dall’University College Hospital della capitale inglese – dai sanitari e dagli attivisti del movimento che difende il NHS. In particolare è stato rimarcato che il servizio sanitario nazionale è mantenuto adeguatamente in vita solo poiché, le costanti riforme strutturali tentate fin qui, hanno visto di fatto privatizzare taluni servizi.

E la stessa McGee, prima di dimettersi per troppo stress e pochi soldi – sintetizzando il suo pensiero – aveva criticato la gestione dell’emergenza Covid del governo: Numerosi infermieri hanno percepito la scarsa efficacia e l’indecisione del governo, a causa dei tanti messaggi contrastanti. È stato sconvolgente. Un’infermiera di terapia intensiva è arrivata a dichiarare che il personale sanitario era talmente “malconcio” per via della pandemia che tanti di noi portano ancora addosso le cicatrici. Abbiamo assistito a cose che mai avremmo voluto vedere e molti dei nostri colleghi non ce l’hanno fatta.

C’è stata molta rabbia quando l’ex segretario alla salute, Matt Hancock – dimessosi dopo le immagini pubblicate dalla stampa inglese di un abbraccio con la presunta amante Gina Coladangelo – suggeriva al governo un aumento dell’1% per infermieri e medici in considerazione di quanto affrontato durante tutto il lockdown. Dave Carr, rappresentante sindacale di Unite for NHS, ha ammesso: Il Sistema sanitario nazionale è in una crisi esistenziale. I cittadini si affidano a noi per prenderci cura dei malati. Se non otteniamo un aumento di stipendio consono non saremo in grado di farlo. E solo venerdì scorso, la British Medical Association ha dichiarato di voler chiedere a ciascuno dei suoi iscritti di portare avanti un’azione sindacale – e di sospendere gli straordinari pagati e non pagati – qualora l’offerta salariale del governo non si avvicini al 4% oppure al 5%, dopo anni di tagli alle condizioni reali.

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