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Noi siamo pronti, vi spiego perché

di Daniela Berardinelli

Noi siamo pronti, ecco il nuovo urlo di battaglia degli infermieri. Siamo pronti per i nostri doveri, diritti e riconoscimenti. Pronti a dichiarare il nostro valore e a far emergere a pieno titolo la bellezza, la complessità e il peso delle responsabilità che ogni giorno ci impegniamo a portare avanti. Una rivoluzione che nel giro di pochi giorni ha raggiunto piena visibilità, non solo sui social network, e un’altissima partecipazione.

Noi siamo pronti, le motivazioni alla base del movimento

noi siamo pronti

Noi siamo pronti, il movimento si è allargato a macchia d'olio

Un’unione che nasce da una collettività, da un forte senso di appartenenza, che finalmente pare valicare le cosiddette differenze generazionali. Sembriamo davvero tutti uniti. Cosa dobbiamo dimostrare? Nulla di più di quello che già svolgiamo con orgoglio e passione quotidianamente negli ospedali e sul territorio. La nostra fortunatamente non è l’unica coscienza a muoversi, lo è anche quella dei cittadini, si sta risvegliando dal torpore medicalizzato, le persone iniziano a conoscere realmente chi sia l’infermiere e sono consapevoli che sarà lui la prima figura che incontreranno, con il quale si interfacceranno, che sarà presente ad assisterli quando ne avranno bisogno.

Il nostro è un lavoro ricco di sfaccettature diverse, ma le quali convergono unicamente verso il centro, ovvero il paziente. Tutto ciò che coltiviamo, a partire dalla formazione, per proseguire con la clinica, l’organizzazione e la ricerca deve tornare al paziente.

Ma è davvero solo il benessere del paziente che conta? Certo che no, siamo sinceri, lo è anche quello del professionista. E anche se vantiamo origini umili e antiche e sappiamo quanto valga la nostra professione, quest’ultima sta ancora lottando per conquistare, socialmente parlando, quel riconoscimento intellettuale che tanto le spetta e che spesso le viene privato anche a livello mediatico negli articoli di malasanità o nello sproloquio di qualche professionista medico insicuro che teme di veder lesa o scalfita dal podio di cura la sua figura dirigenziale.

Non è così, nessuno desidera rubare, ammesso che sia possibile, competenze a qualcun altro, nessuno ha bisogno di abusare della professione altrui. Abbiamo già tanto lavoro da svolgere quotidianamente, tanto su cui continuare a lavorare per poter crescere, le professionalità devono unirsi e non scontrarsi e devono ricordarsi sempre dove direzionarsi, cioè verso l’utente. Le competenze specialistiche, i percorsi di formazione post base mirano a questo. La nostra formazione specialistica non deve essere taciuta, ma portata avanti con orgoglio a tutela di una assistenza ancora più qualificata per il paziente. Siamo tanti, siamo i professionisti sanitari più numerosi, andiamo avanti, prendiamoci i nostri spazi e continuiamo a cercare l’unione professionale e la rappresentanza. Continuiamo a credere nel nostro impegno, sfatiamo il mito della vocazione, coinvolgiamo il collega più anziano, facciamo frutto della sua esperienza e offriamogli la forza di un braccio e una mente giovane pronti a portare migliorie all’interno del nostro splendido sistema sanitario nazionale, cercando di curare e sanare le falle al suo interno.

Vogliamo essere realmente presi sul serio? Allora dobbiamo veramente fare la differenza, la differenza dagli altri professionisti e operatori, la differenza con il passato, la differenza con l’autonomia professionale. La vera differenza è sempre, in primis per il paziente, un’assistenza competente e qualificata.

Crediamoci, crediamo nella nostra forza e nella nostra unicità; pensiamo a cosa accadrebbe senza di noi, avverrebbe una paralisi sanitaria senza precedenti se decidessimo di fermarci anche solo cinque minuti. Il nostro lavoro è indispensabile per il sistema sanitario, per il paziente ed è anche insostituibile, di questo dovremmo realmente prendere tutti coscienza, della forza intrinseca e dell’unicità che caratterizza la nostra professione. Ho conosciuto infermieri entusiasti della loro professione, alcuni rassegnati e schiacciati dalla routinarietà, altri incapaci di emergere o assuefatti dalla subordinazione. Un altro modo di pensare e agire è possibile e può favorire la crescita professionale e la nostra stima. Proviamoci.

Alle domande riguardo le pseudo motivazioni politiche celate dietro questo movimento e ai conflitti con le rappresentanze sindacali, rispondo auspicando il dialogo, il confronto e l’unione nel portare avanti un’azione di rappresentanza, finora unica nella sua forza motivazionale.

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Commenti (1)

Francescom

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45 commenti

Non capisco

#1

Davvero non comprendo cosa voglia dire l articolo e il relativo movimento #noisiamopronti in generale. Sono infermieri che un giorno si sono svegliati con la consapevolezza di poter acquisire nuove competenze, precedentemente di esclusiva pertinenza medica, senza peró “rubarla”. Della serie “lo faccio, ma ti rassicuro di no”. Questa magnifica retorica pare tuttavia risplendere di luce rivoluzionaria solo quando si tratta di appropriarsi di competenze mediche, perchè curiosamente quando sono gli oss ad avanzare richieste analoghe vengono prontamente messi a tacere. Perchè un infermiere puó sentire di esser pronto a sostituire parzialmente un medico con l ausilio di qualche foglio contenente 4-5 linee guida, ma un oss non deve neanche pensare di poter prendere una vena (manovra che si impara in una settimana scarsa di ps). C è una nuova legge in città: fa chi sa fare (e a decidere chi sa fare sono gli infermieri che si sentono pronti). E cosi diventa facile diagnosticare un pnx, somministrare oppiodi ev etc. Ed è anche più facile per alcuni riuscire ad accettare di non essere riusciti a diventare medici. Alla fine peró la domanda che pongo è sempre la stessa: perchè la Germania con il suo demansionamento infermieristico riesce a offrire i migliore benchmarch sanitari in Europa? Sarà mica che studiare 12 anni medicina serva davvero a qualcosa?