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Patologia

Pielonefrite

di Alessandro Valentino

Con il termine pielonefrite acuta si intende una infezione a carattere suppurativo a carico della pelvi e del parenchima renale. La pielonefrite cronica, invece, è un processo infiammatorio meglio definito come nefropatia tubulo-interstiziale cronica, ad etiologia varia, immunologica, iatrogena, da reflusso vescico-ureterale, da uropatia ostruttiva, che clinicamente si manifesta con insufficienza renale cronica.

Acuta o cronica: sintomi di pielonefrite

La sintomatologia della pielonefrite cronica è caratterizzata da vago dolore addominale o lombare, infezioni urinarie recidivanti e febbricola intermittente. Sono presenti atrofia parenchimale, deformità caliceali e cicatrici del parenchima renale.

La variante xantogranulomatosa è secondaria ad una anomala risposta flogistica ad un agente infettivo, più frequentemente E. coli o proteus mirabilis; il rene appare aumentato di dimensioni e sono spesso presenti fibrosi e aderenze retroperitoneali.

La pielonefrite acuta è molto frequente, soprattutto nel sesso femminile ed in giovane età, ad etiologia batterica, spesso E. coli (80% dei casi), enterococchi o proteus, sovente secondaria a cistite per risalita verso i reni di batteri dalla vescica e dall’uretra. Più rara la forma ematogena, presente nei pazienti affetti da malattie croniche o in terapia immunosoppressiva.

Clinicamente i segni e sintomi caratteristici della pielonefrite acuta sono dolore lombare, febbre e piuria/batteriuria, anche se un terzo dei pazienti manifesta unicamente i sintomi della cistite, accusando disuria e pollachiuria.

Dal punto di vista anatomopatologico è presente edema infiammatorio a livello parenchimale con conseguente aumento di volume del rene affetto. L’infezione appare focale, a chiazze, a partenza dalla pelvi e con successiva estensione alla midollare ed alla corticale renale, con progressivo aumento di dimensioni a forma di cuneo.

Possono esistere microascessi corticali e midollari e tra le zone di infezione il parenchima renale appare normale.

Diagnosi di pielonefrite

La diagnosi strumentale di pielonefrite si avvale di ecografia - fondamentale come primo approccio, ma raramente diagnostica - e TC.

L’ecografia, infatti, non presenta una elevata sensibilità per le lesioni flogistiche renali e può rilevare lieve ectasia calico-pielica, atrofia parenchimale nei casi più severi, mentre, in assenza di complicazioni, i reni appariranno normali per dimensioni ed ecogenicità.

La sensibilità dell’ecografia verso la pielonefrite acuta è aumentata dall’uso del doppler che riscontra una marcata riduzione del flusso parenchimale nei distretti colpiti da infezione.

La TC con mezzo di contrasto è altamente sensibile verso i focolai infettivi parenchimali, evidenziando, talora solo in fase tardiva, aree di ipocaptazione, anche multiple e bilaterali, a triangolo con base verso la corticale ed apice rivolto verso una papilla.

L’ecografia invece risulta particolarmente utile nella diagnosi di pielonefrite cronica, evidenziando scarsa differenziazione cortico-midollare e riduzione dello spessore del parenchima renale.

Trattamento della pielonefrite

Il ricovero appare necessario nei pazienti settici ed in quelli nei quali la pielonefrite appaia complicata, cioè in quelle forme nelle quali è elevato il rischio di severe complicanze, come nei pazienti anziani e nei bambini, in pazienti con anomalie anatomiche delle vie urinarie, nella uropatia ostruttiva e nei pazienti immunocompromessi, diabetici o nelle gravide.

La terapia della pielonefrite acuta è medica, basata sulla somministrazione di antibiotici.

Nelle forme non complicate - nelle quali i patogeni più comuni sono rappresentati da Escherichia coli, staphylococcus aureus, Proteus mirabilis e Klebsiella pneumoniae - gli antbiotici di scelta appaiono i fluorchinolonici per via orale o il cotrimoxazolo; in alternativa cefalosporine di II o III generazione, amoxicillina ed aminoglicosidi.

In particolare:

  • I casi non gravi possono essere trattati a domicilio per via orale con chinolonici per 7-10 giorni (ciprofloxacina 1 grammo/die in due somministrazioni o Levofloxacin a750 mg/die in monosomministrazione) o con trimethoprim/sulfametossazolo per 14 giorni. In caso di gram+ amoxicillina/acido clavulanico 1 grammo ogni 8 ore per 10 giorni
  • I pazienti che richiedano ricovero ospedaliero, con fluorchinolonico o aminoglicoside ev +/- ampicillina o cefalosporina ad ampio spettro d’azione

Frequente l’associazione tra Ceftriaxone 1-2 grami/die e gentamicina 5-7mg/die in monosomminstrazione per 14 giorni. I fluorchinoloni non trovano indicazione nelle donne in gravidanza.

Come in tute le infezioni gravi la terapia antibiotica andrebbe mirata sugli esami colturali. Da sottolineare come un trattamento antibiotico di soli tre giorni determini recidiva nel 50% dei pazienti.

  • Articolo redatto con la collaborazione di Sara De Stefani, UO Anestesia e Rianimazione Rimini/Riccione/Cattolica, AUSL della Romagna
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