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Infermiera

Fausta Bonino, le motivazioni della sua assoluzione

di Redazione Roma

Nessuna certezza sulla tipologia di farmaco usato né in merito alle modalità di somministrazione dell’eparina che avrebbe provocato le emorragie fatali. Dettagliando: Non vi sono indizi gravi, precisi e concordanti che possano ricondurre gli omicidi a Fausta Bonino. È il passaggio saliente delle motivazioni con cui la Corte di Appello di Firenze ha assolto a gennaio, per non aver commesso il fatto, l’infermiera accusata per i decessi anomali di dieci pazienti, tra il 2014 e il 2015, presso l’ospedale Villamarina di Piombino (Livorno).

Le motivazioni dell’assoluzione dell’infermiera di Piombino

Quattro pazienti morirono per una overdose di eparina, ma non vi sono indizi gravi, precisi e concordanti che possano ricondurre gli omicidi a Fausta Bonino. È un passaggio della motivazione con cui la Corte di Appello di Firenze ha assolto a fine gennaio, per non aver commesso il fatto, l’infermiera dell’ospedale di Piombino (Livorno) accusata per i decessi anomali di dieci pazienti tra il 2014 e il 2015. Morti avvenute per emorragie improvvise che, secondo le ipotesi degli inquirenti, sarebbero state da ricondurre alla somministrazione di massicce dosi di eparina, anticoagulante che non risultava prescritto dai medici ad alcuni dei degenti successivamente venuti a mancare.

In primo grado il gup del tribunale di Livorno – il 19 aprile 2019 – aveva condannato la donna (che si è sempre proclamata innocente) all’ergastolo per omicidio volontario plurimo aggravato, considerandola colpevole di quattro dei dieci casi. La Corte di Appello di Firenze, invece, l’ha assolta da qualsivoglia addebito relativo ai decessi dei pazienti ricoverati nel reparto di rianimazione dell’ospedale Villamarina, dove la 58enne lavorava.

Quel giorno, uscendo dal Palazzo di giustizia abbracciata al figlio, Bonino esclamava: Assolta, finalmente. Mi sembrava di aver frainteso le parole del giudice. Per poi affermare:

L’ho sempre detto: non ho ucciso nessun paziente e oggi i giudici mi hanno creduta. Non potevano accusarmi per delle menzogne dette da qualcuno, non c’era altro.

E oggi, si legge nella motivazione, restano incerti la tipologia di eparina, il quantitativo e il metodo di somministrazione tutte componenti che pongono in crisi la validità del principio per il quale incrociando le cartelle cliniche e i turni del personale si è pervenuti all’individuazione di Bonino come unica persona sempre presente e quindi responsabile.

E ancora, il reparto non era un luogo “blindato”, ma era accessibile e non controllato da telecamere. Il badge per accedervi era in possesso del personale dell’intero ospedale. C’erano altre due porte: una che si apriva dall’esterno con una semplice spinta e collegava con la sala operatoria e altri reparti e una terza di servizio spesso lasciata aperta. Quindi i giudici ammoniscono la direzione sanitaria del presidio nonché la stessa Azienda: Colpisce che nel periodo in cui si sono verificati le morti per motivi non spiegabili non sia stata assunta iniziativa per accertarne le cause.

Le motivazioni dell’assoluzione dell’infermiera di Piombino escono poche ore dopo quelle sul caso di Daniela Poggiali, la 49enne ex infermiera accusata di aver ucciso la paziente Rosa Calderoni, 78 anni, con iniezioni di potassio: Ora, dopo sette anni, si può dire con assoluta certezza che non esistono uccisioni avvenute in passato o morti causate dalla Poggiali, ha scritto la Corte di Assise di appello di Bologna.

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