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Fuga da Bologna: il 50% degli infermieri rinuncia al posto

di Redazione

Insoddisfatti, poco coinvolti nell'organizzazione del lavoro e oppressi da carichi di lavoro crescenti. E tanti, tantissimi, rinunciano all'assunzione. A fotografare il (migliorabile, a giudicare dall'esito) benessere lavorativo percepito nella sanità bolognese è una indagine condotta dalla Cisl Fp area metropolitana sulla base di 2.072 questionari somministrati ai lavoratori di Ausl Bologna, Sant'Orsola, Rizzoli e privato, per un totale di 1.837 risposte ottenute.

Report Cisl: solo 26% addetti è soddisfatto, altri trattati da numeri

Bologna: all'indagine condotta dalla Cisl Fp area metropolitana sul benessere lavorativo hanno risposto 1.837 professionisti.

Ebbene, il 44% degli addetti si è dichiarato insoddisfatto o molto insoddisfatto e solo il 26% è soddisfatto in varia misura (il 30% si dichiara "neutro").

Oltre ai carichi di lavoro a determinare questa situazione è lo scarso coinvolgimento lamentato da chi lavora in sanità, che spesso si sente trattato come un numero.

Ormai doppi turni e salti di riposo sono l'ordinario e questo incide in maniera molto negativa sul benessere lavorativo, spiega il segretario Cisl Fp Stefano Franceschelli illustrando l'indagine alla stampa.

La prima risposta a questa situazione sarebbero le assunzioni, che però restano spesso al palo. Per quanto riguarda gli infermieri (ma un discorso del tutto simile può essere fatto per gli Oss) le graduatorie fatte a luglio sono già esaurite e novembre, perché ormai una media del 50% rifiuta le chiamate. E questo è perché costruirsi un futuro di vita a Bologna ormai è impossibile, afferma Franceschelli.

In particolare, in Ausl con la graduatoria di luglio sono stati assunti appena 112 infermieri su 300 a fronte di 200 cessazioni progammate nel 2024. E già a inizio anno c'era un gap di 98 infermieri rispetto ad un anno prima. Non va molto meglio al Sant'Orsola e allo Ior, dove i reclutati si aggirano sempre attorno alla metà dei posti.

Secondo la Cisl, allora, è tempo che le aziende sanitarie smettano di ragionare ognuna per sé e si mettano insieme alle istituzioni e all'Università per costruire un grande patto per dare una risposta al tema della casa. Altrimenti questa sarà una strada senza ritorno, perché con la riapertura dei concorsi al sud e in regioni vicine come la Toscana il rischio è che si svuotino le nostre aziende sanitarie.

Il sindacato sollecita ad esempio la creazione di foresterie per dare un primo alloggio ai lavoratori del comparto, ma anche un'accelerazione sul Welfare aziendale, con buoni pasto, smart working per gli amministrativi, convenzioni e contributi per i nidi, agevolazioni per l'accesso ai percorsi di prevenzione. Sul fronte dei contratti invece, tema nazionale, abbiamo la possibilità di portare a compimento i rinnovi di due contratti, quello 2022-2024 anche il rinnovo 2025-2027, un'occasione storica, la definisce Franceschelli.

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