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Emergenza-Urgenza

Violenza contro i sanitari. Palermo, allarmi portatili e spycam

di Paola Botte

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Arginare gli atti di violenza subiti dai medici e da tutti i professionisti della sanità, soprattutto nelle aree di emergenza, di continuità assistenziale e di prima accoglienza. È questo l'obiettivo che ci si è posti a Palermo con la presentazione del protocollo di rilevazione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari e sindrome da burnout correlata.

Palermo dice no alla violenza contro gli operatori sanitari

spycam

Previste anche delle spycam in ospedale

A realizzare il progetto, che ha avuto il via libera da parte del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, l'associazione scientifica Hospital & Clinical Risk Managers, l'ordine dei medici e l’azienda ospedaliera universitaria Paolo Giaccone, con la collaborazione di diverse aziende sanitarie regionali.

Nella pratica il protocollo mira a riorganizzare le strutture ad esempio installando impianti di allarme o altri dispositivi di sicurezza come pulsanti antipanico, allarmi portatili; impianti video a circuito chiuso nei luoghi più a rischio; eventuali metal-detector per rilevare la presenza di armi metalliche e puntare sulla presenza continua di un funzionario di pubblica sicurezza. 

Ma la riorganizzazione riguarda anche il lavoro a domicilio, attivando procedure che rendano più sicuro l'intero ciclo assistenziale. Ad esempio inviando a domicilio insieme al professionista un accompagnatore oppure comunicando ad un secondo operatore gli spostamenti del primo. La sicurezza però parte anche dalla formazione di tutti coloro che sono coinvolti nell'assistenza, a partire dal management per finire con il personale di sicurezza delle strutture sanitarie.

L'idea di dedicarsi a un progetto tanto impegnativo nasce da una preoccupazione oggettiva che fa riferimento a dati allarmanti, i quali purtroppo non sono neanche tutti. Infatti - dice Fabrizio De Nicola, commissario del Policlinico Giaccone, capofila del progetto - alcuni episodi non vengono neanche denunciati e questo è un errore.

Secondo la Joint Commission, - si legge nel comunicato stampa Hcrm - dal gennaio 1995 al dicembre 2016, ci sono stati 141 eventi sentinella legati ad aggressione, violenza e omicidio. Solo gli infortuni accaduti nelle strutture ospedaliere e denunciati all’Inail, per qualifica professionale e modalità di accadimento, nell’anno 2015, ammontano a 429, di cui 234 su infermieri e 7 su medici.

I più martoriati - continua la nota - sono gli operatori dei servizi di emergenza-urgenza e di geriatria; quelli delle strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali, le aree di attesa e i servizi di continuità assistenziale. Una stima del Bureau of Labor Statistics statunitense (agenzia statistica governativa che raccoglie, elabora, analizza e diffonde i dati statistici essenziali al pubblico americano) registra un tasso di incidenza di aggressione non mortale pari a 9,3 per 10 mila, contro un valore di 2 per 10mila nei lavoratori delle industrie del settore privato.

Il protocollo terrà conto dei fattori di rischio che mutano da struttura a struttura e dipendono da: tipologia di utenza, servizi erogati, ubicazione e dimensione.

Il ridotto numero di personale sanitario e le lunghe attese nelle zone di emergenza e nelle aree cliniche non favoriscono di certo il contenimento del fenomeno.

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, in collegamento telefonico durante la presentazione ha affermato: Occorre far comprendere alla cittadinanza che i medici, gli infermieri e i sanitari lavorano per i cittadini e spiegare le difficoltà di questo lavoro, in cui si fanno grandi sacrifici personali. In tal senso è importante anche il ruolo degli ordini professionali e delle associazioni. È questa una battaglia che dobbiamo fare tutti insieme. La violenza contro il medico entra in una visione negativa e involuta della nostra società, che non sa più comprendere questa attività.

Questo protocollo - evidenzia il presidente dell’Associazione Scientifica Hospital & Clinical Risk Managers, Alberto Firenze - nasce da un percorso condiviso con l’Università La Sapienza che pone l’attenzione sui rapporti e la comunicazione medico-paziente. La violenza è un segnale di disaffezione verso il ruolo del medico.

Occorre - aggiunge - un impegno culturale di sensibilizzazione sulla cittadinanza, ma per prevenire gli eventi bisogna anche operare un censimento, cioè raccogliere il livello di qualità percepita dall’utente.

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