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Congresso Infermieri

Barcellona, cronache dal Congresso internazionale infermieri

di Giordano Cotichelli

Dopo la cerimonia d'apertura in stile Olimpiadi è entrato nel vivo il più grande evento internazionale per l’infermieristica. Ve lo raccontiamo dall’interno, con gli occhi di chi lo sta vivendo a pieno e ci accompagna tra simposi, tavole rotonde e sessioni plenarie.

Barcellona, domenica 28 maggio 2017: L’inizio dei lavori

L'ingresso di Palau San Jordi per l'International Council of Nurses

Andare ad un congresso di domenica, in una città di mare come Barcellona, ha un fascino unico. Ci si muove lungo le strade ampie, moderne, proprie di una metropoli europea, immersi però in un clima ovattato, in cui il tempo sembra essersi fermato e ti ritrovi a camminare col naso per aria con un certo senso di indolenza, tutta mediterranea.

I tempi congressuali purtroppo non lasciano spazio alle fantasie. Anzi il tema di inizio è fortemente realistico: gli infermieri e i sistemi sanitari.

Ad aprire le sessioni parallele della giornata è la plenaria moderata da Judith Shamian con l'intervento guida di Mary Wakefield.

Canadese la prima e presidente dell'ICN, statunitense l'altra e già segretaria del Dipartimento di Salute Pubblica. Due mondi a confronto. Il primo fondato su una concezione universalista della protezione della salute, l'altro legato all'idea liberale della libertà individuale e del mercato in cui si incontrano bisogni e risorse sotto l'egida della domanda e dell'offerta.

Facile prendere le parti per una scelta precisa. Più arduo capire il ruolo e le sfide del professionista infermiere e del cittadino infermiere per la tenuta dei sistemi, per l'equità della salute.

Una risposta cercheranno di darla i vari colleghi durante le sessioni parallele che si alterneranno fra mattina e pomeriggio. Argomenti che abbracciano la dimensione clinica (cure palliative, malattie cardiorespiratorie, gestione del dolore), l'organizzazione delle cure (nella comunità, nella multidisciplinarietà), fino alle pratiche avanzate, come, in particolare, la prescrizione terapeutica.

Un argomento interessante, un terreno di sviluppo professionale affascinante, utile per la tenuta del sistema, ma soprattutto irrinunciabile per garantire l'accesso alle cure da parte dei più deboli.

Per sostenere la continuità e la compliance terapeutica utile per un ottimale trattamento della malattia e della cronicità. Ne parlo con un collega spagnolo mentre mi mostra il loro manuale redatto ad uso dell'infermiere prescrittore.

Infermiere prescrittore? Sì, prescrittore, gli fa eco un collega dell'Università di Birmingham in cui è stato attivato da tempo un corso semestrale per una certificazione rivolta a infermieri, farmacisti, ostetriche, fisioterapisti e podologi

Un corso attivo in UK, come ce ne saranno anche in Canada (non in USA, mi sottolinea il collega di Birmingham), in Australia e in tutti i Paesi scandinavi.

In pratica, in un contesto di criticità generalizzata, di peggioramento delle condizioni di vita, solo una piccola minoranza di professionisti può concorrere ulteriormente ed attivamente a diminuire le disuguaglianze nella salute?

Lascio il congresso dopo una prima giornata ricca di spunti e di incontri. E soprattutto con un pensiero in testa: E pensare che in Italia la semplice autonomia del metodo see and treat, o della figura dell'infermiere di famiglia, crea enormi problemi, polemiche, ritardi e molto altro. Capirai se qualcuno si mettesse a parlare di infermiere prescrittore.

È ormai sera e torno verso l'albergo lasciandomi cullare dalla ritrovata indolenza domenicale in una voglia tutta unica di riempire con una crocetta una casella di una terapia eseguita. Eseguita, non prescritta.

Barcellona, lunedi 29 maggio: Molto lavoro da fare

I hate monday, sentenzia Garfield, il gatto arancione e nero dei fumetti. E la rivoluzionaria Mafalda dell'argentino Quino, contrattacca aggiungendo: Il lunedì non è un giorno della settimana, ma uno stato d'animo.

Niente di più vero fu mai scritto. Specie per un infermiere che non ha nessun lunedì e tutti i giorni di ritorno dai riposi sono dei maledetti lunedì. Specie se poi coincide con il secondo giorno di un congresso.

Solo gli infermieri possono incominciare un congresso di domenica. Bah! Pensieri che non dispongono per un buon inizio di giornata, con un programma di lavori abbastanza ricco e dal titolo: "Per una assistenza sanitaria sostenibile, catastrofi e conflitti".

La seconda parte del titolo sembra quasi un monito ad un fallimento della prima. Gli argomenti che si susseguono spaziano dalla salute materno-infantile alle malattie cronico-degenerative, dalla nutrizione alla promozione della salute, fino alle ulcere da pressione e all'infermieristica nelle grandi calamità.

A prima vista sembrerebbe un pout pourri di argomenti senza alcun legame, invece ognuno di questi rappresenta una criticità ed una sfida. Gli interventi in generale mostrano molti progetti di ricerca portati avanti dagli infermieri a livello mondiale.

In qualche caso in stretta continuità con le indicazioni date dall'ICN stessa con l'uso dello strumento dell'ICNP al fine di standardizzare interventi, valutazioni, pratiche infermieristiche.

Proprio di cronicità ha parlato un collega italiano, Davide Ausili, prendendo in esame il problema della riammissione ospedaliera a trenta giorni. Un lavoro interessante come molti altri presentati (o da presentare) nel corso delle giornate congressuali, valutabili attorno a poco più di una ventina fra poster e comunicazioni orali, quali prodotti finali di ricerche intraprese, o ancora in corso e lavori di tesi che hanno coinvolto direttamente o meno qualche decina ulteriore di infermieri del bel paese.

Florence Nightingale

Ovviamente non sono tutti presenti. E non ci si incontra tutti. Alcuni si ritrovano fra gli stand degli espositori, altri si sostengono reciprocamente nei vari interventi fatti. Tutti sciamano in maniera disordinata per le varie sale del congresso.

Insomma un'infermieristica tutta italiana che fa un po' da contraltare all'intruppamento con cui altre delegazioni si muovono. Alla fine mi ritrovo ad ascoltare la sessione parallela in lingua francese dove anche qui il tema della giornata viene declinato in varia maniera: dall'educazione terapeutica agli adolescenti con diabete, alla presa in carico da parte infermieristica della salute dei migranti o delle donne vittime di violenza in zona di guerra.

Quest'ultimo intervento è sostenuto dalla brava collega congolese M.me Koya, fino ad un intervento che parla di colonizzazione biomedica della professione infermieristica. Un lavoro di ricerca canadese (PhD Heidi Lapage) che parla di mimetismo professionale e mette in risalto tante fragilità proprie - o indotte - della professione.

Tema forte, tutto da sviluppare con attenzione e determinazione, per poter garantire un'assistenza sanitaria sostenibile e valida contro catastrofi e conflitti, in generale e anche, verrebbe voglia di azzardare, sul piano professionale.

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